Rubando il passato

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    Il Buoi oltre la Siepe

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    Alle parole di Akari Noctis spalancò gli occhi, assumendo un'espressione di puro shock. Non si era di certo aspettato quella risposta, sembrava essersi già rassegnato al suo destino - un fato decisamente più gentile rispetto a ciò che aveva provato in quei millenni lì bloccato. In quel piccolo pezzo d'oscurità, Akari avrebbe potuto sentire le sue emozioni: sollievo, ma anche terrore per il futuro che la ragazza gli stava donando, un futuro inaspettato a cui aveva smesso di pensare. Una vita a cui aveva ormai rinunciato, a cui aveva smesso di pensare.
    Il Noctis posseduto da Pitioss, invece, scoppiò a ridere. Una risata sempre distorta, acuta, come se avesse appena sentito la cosa più divertente al mondo, come se non ridesse da quattromila anni.
    "Intrappolati?" Chiese, fra una risata e l'altra. "Noi SIAMO oscurità. Noi SIAMO Pitioss. Eravamo bloccati in questo umano, non nelle Rovine. Noi siamo le Rovine e le Rovine sono noi. Viviamo, dormiamo, respiriamo qui. Ci assopiremo fino alla prossima occasione... fino a quando non troveremo un modo di venirti a cercare, Eileen Walker. Oh, sì, questa è stata sicuramente un'ottima scelta... abbiamo perso, ma in realtà abbiamo vinto! Liberati dal contenitore e in attesa di una via di fuga... non potevamo chiedere niente di meglio se non il tuo corpo ma per quello... oh... per quello..."
    Sorrise, sbiecamente, mentre piegava la testa di lato in maniera così innaturale che per un attimo, sembrò che il collo di Noctis stesse per rompersi.
    "Per quello, ci basterà aspettare. Ti avremo, prima o poi." Annunciò Pitioss. "E chi ha detto che tu riesca comunque a salvare il ragazzo? Ci abbiamo giocato così tanto, in questi anni..."

    Il Keyblade di Akari si illuminò di luce, un misto dell'aiuto che aveva ricevuto dai suoi legami, dalla lanterna, e quella che possedeva lei stessa, dentro il suo cuore. Avrebbe saputo esattamente cosa fare, quale la mossa da svolgere: le sarebbe venuto automatico, come se lo avesse sempre saputo. Il Noctis alle sue spalle era sparito, rimaneva solo il corpo di fronte a Pitioss.
    Akari avrebbe alzato il Keyblade davanti a sé, e lo avrebbe piantato nel petto di Noctis.
    Ma non sarebbe stata un'esecuzione, no. Akari aveva già deciso che non era quella la strada che aveva deciso di intraprendere. Nonostante l'atto fisico potesse sembrare esattamente quello, un omicidio in tutto e per tutto, quello era un luogo in cui più e più volte erano morti ed erano tornati in vita. Quello era un luogo al confine fra il sogno e la morte.
    L'oscurità cominciò a fluire intorno alla punta della Bacchetta Radiosa, ritraendosi dal corpo del ragazzo per andare a confluire nell'arma - e più essa continuava a concentrarsi, più il Keyblade diventava caldo, un calore quasi insopportabile. Ma Akari avrebbe continuato a sostenerla, a concentrarsi, nonostante il dolore, nonostante l'oscurità diventasse più insostenibile. E poi, con delicatezza, avrebbe sfilato via l'arma dal giovane. Piano, lentamente, metodica come un'operazione chirurgica, e non era forse qualcosa di simile? L'oscurità si ritrasse dal corpo insieme all'arma, seguendo i movimenti del Keyblade, e nel momento esatto in cui la punta della lama abbandonò il corpo di Noctis, una luce potente e abbagliante li avvolse del tutto.


    E nella luce, la voce di Carbuncle risuonò chiara e forte.



    Grazie, Akari.

    Per favore... occupati di lui, di loro, d'ora in poi.

    Addio.





    Avrebbero tutti riaperto gli occhi sotto il cielo luminoso del Keyblade Graveyard.
    Intorno a loro vento arido e sabbioso, sotto di loro la roccia del cimitero così come se la ricordavano. Akari, Evan, Ged e Fate non erano più a Pitioss, non erano più in quell'incubo oscuro: si sarebbero risvegliati lì fuori, tanto che era ben visibile l'entrata del tempio, chiusa, come se fossero stati cacciati da esso.
    Ma non erano soli.
    Sdraiati a terra esattamente come loro, intenti ad aprire gli occhi e a guardarsi confusi, c'erano una dozzina di ragazzi - conosciuti e sconosciuti. I giovani che avevano visto nei ricordi ma anche altri che forse nel loro viaggio nel sogno non avevano fatto in tempo a ritrovare. Se li avessero contati, si sarebbero resi conto che in tutto erano sedici.
    "S...Siamo... siamo vivi!" Esclamò Fate, guardandosi le mani come se non credesse di essere corporeo, di essere libero. Si guardò intorno, vide il resto del gruppo - e si sarebbe gettato con le braccia al collo al più vicino, Ged, abbracciandolo felice. "Siamo vivi!"
    "Cosa...?" Intorno a loro, i sopravvissuti dei Dandelion si guardavano confusi, completamente perplessi da ciò che vedevano intorno a loro. Alcuni di loro si stavano ancora riprendendo, altri non sembravano star capendo dove fossero. Uno di loro, un ragazzino dai capelli bianchi, alzò lo sguardo confuso verso Akari e gli altri. "Voi chi siete...!?" Alle sue spalle, Marche cercò di mettersi in piedi ma barcollò, cadendo in ginocchio.
    Il Keyblade di Akari le sparì dalle mani - portando con sé una strana sensazione, come se si fosse appena lavata le mani sporche di melassa appiccicosa. Accanto a lui, Noctis guardava il cielo con un'espressione sconvolta.
    "Siamo... fuori..." Mormorò, prima di cadere di lato, il corpo pieno di lividi e graffi vecchi e nuovi, e una ferita al petto che sanguinava copiosamente.


    Scadenza per tutti il 18 Settembre.


    Edited by _Yele_ - 13/9/2020, 01:57
     
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    Il Guardiano della Luce.


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    "Quello che desidero...

    Un mondo... un universo... senza Heartless. Senza Nessuno.

    Senza l'Oscurità che tenti di divorarci tutti. Non solo le persone a me care."


    Quando riaprì gli occhi, il terrificante buio di Pitioss sembrava solo il brivido freddo e angoscioso rimasuglio di un incubo troppo lungo. Mugolò leggermente, aprendo e chiudendo lentamente le palpebre per abituarsi alla luce del sole e ambientarsi nel proprio risveglio. Avrebbe creduto che fosse solo un'altra visione, ma sembrava fin troppo reale - e priva di quel senso di tensione e minaccia tipiche delle illusioni di quel posto maledetto. Erano davvero riusciti ad uscirne vivi, quindi?
    I suoi ricordi al riguardo erano confusi. Rammentava più o meno lo scontro con Pitioss, che aveva preso il controllo del corpo di Noctis e lo stava usando per combatterli; continuava a chiamare Akari con un altro nome, qualcosa a cui Evan non intendeva pensare finché non fossero stati tutti di nuovo sulla nave e con un bel po' di chilometri a separarli da quelle rovine, e ad un certo punto quell'entità lo aveva considerato un fastidio e l'aveva attaccato. Era caduto in tenebre profonde e sconosciute, e da lì in poi era tutto ancora più vago. Solo una vaga idea di Chirity che spiegava loro la situazione, le visioni, i Dandelion...
    Fate e Ged.
    Scattò a sedere con un sussulto e si guardò intorno, allarmato, cercando i due. Non li vedeva da quando erano caduti nelle trappole di Pitioss; e ora giacevano a terra accanto a lui e sembravano starsi risvegliando a loro volta. Si concesse un sorriso sollevato, e non tardò a cercare anche Akari con lo sguardo, trovandola non troppo lontana da sé, anch'ella sul punto di alzarsi. Dunque, tutto ciò che Chirity aveva fatto vedere loro in quella sorta di dimensione alternativa corrispondeva alla verità: erano caduti in un sonno profondo nel momento esatto in cui erano entrati nelle rovine, ma solo Akari, grazie alla lanterna, era stata protetta.
    E adesso erano tutti fuori, l'ingresso delle rovine incombeva ancora su di loro poco lontano, ma erano comunque fuori. Qualsiasi cosa fosse accaduta in quei momenti, qualsiasi cosa Akari avesse fatto, era riuscita non solo a sconfiggere il loro nemico, ma anche a portare tutti quanti lontano da esso.
    Il suo sguardo fu attirato da un gran numero di persone sdraiate in terra, che come loro era state trascinate fuori da Pitioss e si stavano risvegliando pian piano. Ad un conto veloce, risultavano essere sedici... dovevano essere i Dandelion.

    Akari li aveva salvati tutti.

    La guardò, ma per un attimo si sentì inspiegabilmente paralizzato. Aveva avuto paura, lì sotto - paura di perdere tutto. Non solo Akari, Fate e Ged, ma anche tutto il resto. Di rimanere a vagare in quell'oscurità per sempre, perseguitato dai suoi ricordi peggiori e dai fallimenti, l'eterno giocattolo di un'entità oscura, antica e crudele che anelava alla libertà solo per arrecare ulteriore danno a qualsiasi essere vivente di quel Sistema. Un'entità forse persino più potente di Fastus... e che erano stati incapaci di combattere, all'infuori di Akari. Erano rimasti in disparte e l'avevano lasciata a combattere da sola.
    Le erano stati almeno d'aiuto, anche solo una volta, oppure erano stati nient'altro che fardelli e preoccupazioni per lei? Alla fine, per quanto lui avesse resistito più a lungo alle trappole che Pitioss tendeva loro, era comunque rimasto a girovagare per le rovine da solo, obbligando la luce della lanterna a seguirlo. Fate era scomparso... e Ged subito dopo. Akari era stata da solo contro una simile marea, aveva resistito, aveva vinto - e non poteva essere più fiero di lei. Qualche mese prima era fuggita dalla battaglia con il terrore nella voce, e adesso aveva salvato delle persone da una malvagia entità millenaria.
    Tese una mano verso di lei, per aiutarla a rialzarsi. L'avrebbe stretta saldamente, e una volta tirata in piedi, ancor prima che potesse ribilanciarsi l'avrebbe stretta in un forte e sollevato abbraccio. Un istante, non troppo, perché c'era ancora così tanto da fare - ma poteva prendersi un momento, giusto? Poteva concedersi una manciata di secondi con lei, potendosi anche beare della sensazione di essere sfuggiti da un terrore primordiale, senza sentirsi in colpa verso l'intero Sistema?
    "Te l'avevo detto..." mormorò. "Ho completa fiducia in te. Sapevo che ce l'avresti fatta." e detto questo, le avrebbe dato un leggero bacio sulle labbra, più un gesto sollevato che romantico, e che fu anche estremamente breve - non era quello il momento di lasciarsi andare a moine e gesti affettuosi, per quanto non gli dispiacessero. Dovevano occuparsi dei Dandelion, assicurarsi quantomeno che stessero tutti bene, e cercare di capirci di più. Dopo quattromilacinquecento anni, era anche comprensibile che fossero ben più che spaesati. C'era molto da sistemare.
    E dovevano anche andarsene dal Keyblade Graveyard, il prima possibile.

    "Non dovremmo stare qui, gli Heart-" si bloccò quando sentì la voce di Fate. Era saltato ad abbracciare Ged, chiaramente felice di essere fuori da quell'incubo. Di nuovo si sentì paralizzato, e la visione dei due gli causò una dolorosa morsa al petto. Non conosceva abbastanza Ged da avere un'idea di come stesse reagendo a tutto questo, ma Fate... Fate era tutta un'altra storia.
    Quanto tempo era passato dallo Struggle?
    Sembrava completamente un'altra vita, una più semplice. Erano gli altri a prendere le decisioni per lui, altri a dirgli dove andare, quando fermarsi. Aveva solcato lo spazio alla ricerca di tutti coloro che un tempo abitavano a Radiant Garden, perché aiutassero nella ricostruzione; e aveva partecipato allo Struggle su ordine di Cid, per "vedere com'era fatto l'universo" e roba del genere. Gli era sembrato così inutile, ma ci aveva partecipato mettendoci tutto se stesso, quasi travolgendo Fate coi propri attacchi.
    A volte si chiedeva se non fosse stato proprio l'averlo conosciuto a scatenare in Fate la voglia di combattere - e in tal caso, il loro incontro non sarebbe stato altro che uno dei suoi errori peggiori.
    Se non l'avesse mai incontrato, forse Fate non sarebbe mai andato a Midgar, non avrebbe mai affrontato Sephiroth rischiando anche di venirne ucciso in quell'attacco che rischiava di bruciare tutti loro. Forse non sarebbe mai diventato un Keyblader, risparmiandosi tutto il dolore di una vita del genere. Forse sarebbe semplicemente rimasto a Twilight Town, senza nessun'altra preoccupazione a parte la scuola e non deludere i suoi genitori.
    Invece era successo tutto questo. Fate era venuto con loro a Pitioss, venendo travolto da forze troppo grandi, potenti e spietate per lui. Se non fosse stato per Akari sarebbero ancora rimasti lì dentro a vagare, persi nel gioco di quella creatura, forse senza poterne mai più uscire. Proprio Evan, ore prima, aveva detto che forse dimenticavano chi avessero intorno, permettendo anche a persone non qualificate o troppo giovani di unirsi a missioni tanto rischiose; eppure Fate era venuto lo stesso. In fondo, anche se lui si fosse opposto era pur sempre un Keyblader. E prima o poi quel ruolo si sarebbe abbattuto anche sulle sue spalle.

    In quell'universo così crudele e ingiusto, sapeva di non poter fare la differenza in alcun modo.

    Non era stato in grado di proteggerli. Era il Keyblader e il combattente più esperto, era il dannato Comandante di Radiant Garden, e non era capace di tenere al sicuro nemmeno due persone.
    Fu distratto da una voce sconosciuta - i Dandelion si erano svegliati, e un ragazzo dai capelli bianchi chiese loro chi fossero. Anche lui, troppo giovane... troppi di loro erano troppo giovani. In quattromilacinquecento anni non era cambiato assolutamente niente.
    "Va' a parlare con loro..." mormorò ad Akari, dandole una pacca d'incoraggiamento sul braccio. "Io chiamo la nave. Anche se staremo un po' stretti in venti..." sbuffò un sorriso, ma fu il turno di un'altra voce - ma quella l'avevano sentita, diverse volte, nelle visioni. Si voltò di scatto, vedendo avvicinarsi a loro la figura di Noctis; per un breve momento ebbe addirittura l'istinto di richiamare il Keyblade, temendo un altro agguato di Pitioss... ma stavolta sembrava quello vero, in possesso di tutte le proprie facoltà. E anche ferito gravemente, Akari doveva essere stata costretta a non trattenersi nello scontro.
    "Merda." si lasciò sfuggire un'imprecazione, correndo verso Noctis e tastandogli la giugulare; c'era battito, ma era ferito e perdeva molto sangue. Aveva qualcosa sulla nave, ma gli occorrevano cure specializzate - dovevano portarlo a Radiant Garden, come minimo. Premette un tasto sulla cintura, richiamando la nave, per poi voltarsi verso il gruppo. "Qualcuno di voi è un Guaritore? Non ho i mezzi per curarlo, e la mia Gummiship è ancora lontana." disse, guardando Noctis. Lo girò supino, controllando in che condizioni fosse la ferita, ed era parecchio profonda. Un semplice Energia non sarebbe bastato.
    Proprio ora che erano usciti da quell'inferno, dopo tutta la fatica fatta per salvarlo... non poteva finire così.
     
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    Il cavaliere della luce

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    Akari sospiro tra lo scocciato e il dispiaciuta per la risposta di Pitioss. Dopo l'iniziale sorpresa di Pitioss e soprattutto di Noctis, di cui aveva sentito le emozioni per breve tempo, la ragazza si alzo tranquillamente con il Keyblade ben saldo nella sua mano. Doveva immaginare che Pitioss non avrebbe accettato, ma doveva comunque tentare. Come umana per lei, l'idea di rimanere li tutto quel tempo era terribile. Una prigione eterna e solitaria, che avrebbe sicuramente spezzato il suo spirito e la sua mente in poco tempo. Forse, stupidamente, pensava che Pitioss potesse avere uno spirito umano in qualche modo. Era un mostro crudele e perverso, ma c'erano tipi del genere anche nella realtà. Gli bastava pensare solo a quel tizio, Creed di cui suo fratello gli aveva parlato...messi al confronto non sapeva chi fosse peggio. Forse avrebbe vito Pitioss, ma solo per via delle sue capacità sovrannaturali e le illusioni che riusciva a creare. Comunque non era davvero interessata a saperlo, anzi era stanca e desiderosa di finire quella storia il prima possibile.
    Prima però si volto verso Noctis con un sorriso dolce sul volto, per poterlo rassicurare un poco quanto meno. Aveva sentito le sue emozioni, la il suo senso di sollievo al idea di poter finalmente uscire dopo tutti quei secoli, ma anche la paura del futuro che lo attendeva. Era naturale che provasse simili emozioni. Aveva passato un esistenza indicibile da quando era entrato in quel luogo, si era sacrificato per proteggere i pochi compagni che gli erano rimasti e per fermare Pitioss. Era stato un vero eroe e forse anche per lui la morte sarebbe stata una benedizione, ma Akari non voleva dargliela. Voleva che continuasse a vivere, al di fuori di questo posto, felice insieme a Prompto. Non accettava l'idea di lasciare quel ragazzo senza il suo migliore amico e soprattutto non voleva sporcarsi le mani con il sangue di un innocente. Era egoistico da parte sua e sapeva di star rischiando un sacco, ma non gli importava. Non voleva accettare il male minore, come avrebbe fatto il fratello. Però si sarebbe dovuta impegnare e dedicarsi davvero a bloccare li Pitioss per sempre, finché anche la magia non sarebbe sparita.
    - Andrà tutto bene Noctis. Usciti di qui andra tutto bene, anche Prompto sarà con noi...- Aveva detto Akari senza smettere di sorridere al ragazzo, parlandogli con una voce dolce e sincera. Non poteva sapere come sarebbe andata d'ora in po davvero, ma voleva che quei ragazzi, quei superstiti che avevano aspettato la salvezza per cosi tanto tempo potessero essere felici.
    Akari infine si volto verso Pitioss con uno sguardo stanco e poco interessato alla sua ennesima minaccia, che si ripeteva ormai come un disco rotto per la ragazza. Certo, temeva l'idea che quelle minacce si sarebbero realizzate, ma aveva promesso che avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenerlo bloccato li e anche se fosse non poteva permettersi ripensamenti. Il resto fu facile...era come se conoscesse alla perfezione quel gesto, come se lo avesse già fatto. Non era cosi però. Era la luce che la guidava, che l'accompagnava in quei gesti. La sua luce, quella della lanterna e quella di tutti coloro che l'avevano aiutata nel momento più buio. Il Keyblade si punto al petto di Pitioss, l'oscurità inizio a fluire nell'arma come se il Keyblade la stesse assorbendo, diventando sempre più calda nel processo. Era doloroso, ma riusciva a resistere...non era un problema, anche se un po la cosa la preoccupava. Quello era un luogo ai confini della morte e del sogno, ma quel evento era...innaturale, ma sapeva che non ci fosse nulla di sbagliato in quello che stava facendo. Quando l'oscurità fu totalmente estratta fu la luce.

    Addio Carbuncle

    Aveva pensato quasi in risposta alle parole della creaturina per poi riaprire gli occhi. Sentiva il pavimento roccioso torturarle la schiena, come quel vento sabbioso accarezzarla. Odiava quel posto orribile, segno di un evento senza precedenti che aveva fatto perdere la vita ad un sacco di poveri ragazzini, eppure era felice di stare li. Prese un profondo sospiro di sollievo, per poi mettersi l'avambraccio davanti gli occhi, da cui nel mentre fuoriuscivano calde lacrime.
    C'è abbiamo fatta...- Aveva detto sotto voce con le lacrime che gli solcavano il viso per la commozione e per l'estrema tensione che aveva provato fino a quel momento cosi agognato. Quell'incubo era durato troppo tempo ed era felice di esserne finalmente uscita. Non credeva avrebbe sopportato tutto quello ancora per molto, se non fosse stato per Evan e gli altri non sarebbe qui o forse si, ma non come se stesse. Comunque nona aveva più importanza. Soprattutto dopo aver sentito la voce di Fate.
    - St-state tutti bene?! - Aveva detto asciugandosi le lacrime e tirando su con il naso, per poi alzarsi da terra e guardare Evan che le si avvicinava e che guardava con un sorriso, in lontananza vedeva Fate abbracciare Ged per la felicità e infine i rimanenti Dandelion.
    - Non senza di voi. - avrebbe detto ricambiando il bacio con dolcezza di Evan, abbracciandolo in cerca di tutto il calore e l'amore che poteva dargli. Nonostante fosse diventata luce dentro Pitioss e non negava che quella sensazione di potere l'amasse, amava molto di più l'abbraccio di Evan che la stringeva. Proprio prima di abbracciarla il suo Keyblade era sparito lasciandogli una strana sensazione...come se si fosse appena pulita le mani sporche e non ne capiva il motivo. Era perché il suo Keyblad aveva davvero assorbito l'oscurità di Pitioss, prima di eliminarla...oppure era qualcos'altro. Gli veniva da pensare ad una connessione con la voce, che aveva udito prima di ricevere il Keyblade. La ragazza con la maschera di volpe, Ava, colei che aveva creato i Dandelion e che li aveva condannati a tutto questo. Non lo sapeva e in quel momento non gli importava, voleva solamente godersi un po l'abbraccio di Evan e non poteva goderselo a lungo.
    I Dandelion erano spaesati e lo capiva perfettamente dopo tutto quello che gli era successo, ma proprio quando uno dei ragazzini parlo vide Noctis cadere per colpa di una profonda ferita. Senza aspettare un secondo Akari si sarebbe lanciata verso Noctis, per prenderlo tra le sue braccia.
    - Va tutto bene! Ci penso io! - Aveva detto lanciando un Energira sul ragazzo usando tutta la magia che gli fosse possibile usare, per massimizzare le sue cure.
    - Evan! Chiama subito la nave! Se ce qualcun'altro di voi che può aiutarmi si sbrighi! E' gravemente ferito! - Aveva detto rivolto a tutti anche i Dandelion, per quanto dubitava sul loro aiuto, visto che erano troppo stravolti e non ne faceva una colpa a nessuno di loro. Comunque, avrebbe usato tutte le volte che poteva la magia di cura per poterlo salvare. Aveva rischiato la qualsiasi per portarlo fuori e non sacrificarlo, non avrebbe permesso che morisse cosi facilmente.
     
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    La luce del sole accolse il risveglio di Ged. Non era più abituato a quel dolce tepore, così gentile sulla sua pelle. Sembrava essere passata una vita intera dall'ultima volta che si era abbandonato ad una simile sensazione… Prima, Oscurità e gelo profondo dentro di sé sembravano le uniche cose al mondo che lui conoscesse, le uniche cose che potesse conoscere, da lì in avanti. I ricordi erano vaghi, nebulosi, e lui al momento non aveva la forza di sbrogliare quella contorta matassa. Solo vaghe emozioni aleggiavano ancora nel suo cuore, sintomi di una malattia più grande, profonda…
    Sentiva di essersi abbandonato, arreso. Segregato nell'Oscurità, nelle profondità dell'incubo… sarebbe stato al sicuro lì, lontano dal Regno della Luce. Non ne capiva il motivo, sapeva solo che era così. Lontano da tutto ciò che avrebbe potuto distruggere, ferire… ancora una volta. Quell'incubo gli si addiceva dopotutto, era il luogo più adatto per una creatura come lui. Eppure ora non si trovava più lì. Perché? No, ora era ben lontano da una simile realtà: sotto la luce del sole, che regnava nel segno della verità. Essa scioglieva con spietata crudeltà le proprie maschere, metteva a nudo le proprie colpe, la propria fragilità. Forse…

    … Forse avevano lasciato imprigionato il mostro sbagliato.

    Ancora confuso e spaesato, Ged cercò di far ricorso a tutte le proprie energie residue per mettersi quanto meno a sedere. Il proprio corpo stava bene, nonostante si sentisse a tratti indolenzito, ma la testa gli appariva pesante, gli doleva, come se avesse avuto un sonno tormentato. Se aveva dormito, in effetti, si sentiva tutt'altro che riposato. Era esausto, nella mente e nelle ossa…
    Di fronte a sé non vi era Camelot o Radiant Garden, come inizialmente si sarebbe aspettato, ma una sconfinata distesa seminata da Keyblade, conficcati nel terreno come lapidi silenziose. Solo in quel momento, il giovane comincio a collegare i fatti, a comprendere cosa in realtà fosse accaduto… Pitioss. Erano usciti da Pitioss, l'incubo profondo. Un grande sogno condiviso, proprio come lui aveva sospettato. I loro corpi non erano mai entrati davvero nel tempio, solo i propri Cuori e le proprie coscienze erano proseguite.
    Intorno a loro… Dodici, tredici… Sedici giovani. I Dandelions, i Keyblader che erano venuti a salvare… Si aspettava fossero molti di più, erano questi gli unici sopravvissuti…? Il proprio sguardo si posò inavvertitamente sul Moguri, l'unico lì in mezzo che riusciva a donargli una sensazione di familiarità, quasi fosse stato un amico di lunga data di cui però non conservava alcun ricordo. Non riusciva a spiegarsene il motivo, non c'era nessuna apparente logica dietro. E dopo tutto ciò a cui aveva assistito quel giorno, ormai si era arreso al fatto che talvolta i Cuori operavano in maniere misteriose, al di là della propria comprensione. Per quanto si potesse ingegnare, probabilmente non gli sarebbe bastata un'intera vita per riuscire davvero a capirne anche solo uno di essi…
    Le sue labbra accarezzarono quel nome con la nostalgia di una vita passata… - Montb… ugh!- … prima di venir placcato dall'abbraccio di qualcuno e disorientato dalla sua voce squillante. Fate. Di primo istinto fece quasi per ritrarsi, come scottato dal tocco di un simile gesto. Eppure non riuscì a svicolarsi, non ne aveva le forze, e in quel momento era ancora troppo disorientato e confuso per prestarci la dovuta attenzione.
    - Siamo… vivi…- ripeté, la voce rauca e graffiante, il tono a tratti incerto, come se lui stesso stesse vagliando la credibilità di una simile affermazione. Eppure era la verità, erano vivi. Vivi. Non c'era felicità nella sua voce, solo vacuità, rassegnazione, il peso di un fardello che era stato costretto a trascinarsi dietro ancora una volta. Qualcuno gli aveva dato una seconda possibilità, di nuovo. E lui non era sicuro di meritarsela, né di volerla.
    Sospirò, seccato. Non ricambiò l'abbraccio, tuttavia posò una mano tra i capelli color carota del ragazzo, così vividi e caotici, proprio come il Fuoco. Li scompigliò ulteriormente, senza dire una parola di troppo. Un gesto che gli ricordava il bambino che avevano preso con loro, che ancora faticava a chiamare figlio. Ed in quel momento, per lui era come mettere la mano nelle fiamme. Il calore di quel contatto gli causava dolore, sofferenza, vergogna, un senso di profonda nausea verso sé stesso. Sospirò ancora, con più lentezza, cercando di ricacciare quei pensieri nell'incubo dal quale erano usciti, almeno per qualche ora.
    Voltò lo sguardo verso Akari. Se erano vivi, se ancora potevano vedere la luce del sole, era merito di quella ragazza. Lei aveva chiesto loro aiuto, ma che contributo aveva dato lui in quella missione? La sua intelligenza, le sue abilità strategiche, il suo incredibile potere magico… a cosa erano serviti? A nulla. Contro quell'incubo, tutto il proprio Potere era stato vano. Non aveva fatto altro che dimostrarsi inutile, debole. Non c'era forza nel proprio cuore.

    A cosa serviva tutto quel Potere, se la propria mente era così fragile…?

    Pitioss l'aveva sconfitto. L'incubo si era richiuso su di lui con il fragore di onde alte come montagne, lasciandolo nelle profondità dell'Oscurità ad annegare nella propria pazzia, nella desolazione da lui stesso creata. Solo cenere intorno a sé.
    Il ricordo dell'incubo lo attraversò per un'istante, prima di venir ricacciato indietro. Una fitta alla testa costrinse il mago a portarsi una mano alla tempia. Gli ci volle un po' per accorgersi del trambusto che stava avvenendo accanto a loro. Il ragazzo conosciuto come Noctis era steso al suolo, incosciente, con una profonda ferita al petto. Evan stava chiamando la nave, mentre Akari tentava un primo soccorso. Entrambi chiedevano disperatamente aiuto. Gli venne istintivo alzarsi ed avvicinarsi di qualche passo alla scena. Tuttavia una voce lo costrinse ad arrestare la propria avanzata.
    Cosa credi di poter fare? Nella propria mente, quel pensiero risuonò in maniera spietata, gelida. Sei frutto del demonio. Tutto ciò che tocchi, muore. Sei una creatura destinata unicamente alla distruzione. La propria voce non sembrava più propria, era come se tante persone stessero parlando attraverso lui, allo stesso tempo. Suo padre, sua madre, il Piromante… Un tripudio di voci sovrapposte, infide, orribili. Come veleno già in circolazione infettava tutto, poco alla volta.
    No, vi sbagliate. Ma la propria voce appariva piccola, insignificante, come quella di un bambino. Non riusciva ad opporsi, non poteva sbarazzarsi di loro, di quel veleno misto a sangue che ormai muoveva ogni proprio passo. Dentro di sé sapeva che avevano ragione sul proprio conto, fin dall'inizio.
    Serrò le mani a pugno, in un moto di insofferenza, frustrazione. Dopo qualche istante tentò di riprendere a camminare. Provò ad avvicinarsi, un passo dopo l'altro, con incertezza e molta fatica.
    Tu sei come me. Le parole dette dal Piromante quella notte ancora echeggiavano nella propria mente. No. Negò ancora, la voce ridotta ad un crepitio. Poteva sentire le sue risate, rivedeva quel sorrisetto beffardo. Lo stesso che aveva avuto lui, nell'incubo. Tutto intorno a lui era cenere. E lui si ergeva da solo, come un Dio tra gli uomini. Folle, decaduto.
    Non poteva finire così, non l'avrebbe permesso. Ripensò a Jodey, al discorso avuto con lui a Camelot. Ripensò al tepore del focolare domestico, ripensò a Félix. I loro volti, il ricordo di cosa aveva fatto loro in quell'incubo innescavano in lui un senso di nausea… ma cercò di affrontarla, di trarre forza dalla loro memoria. Il mio Fuoco brucia, a prescindere da ciò a cui è destinato. Tentò di opporsi, dentro di sé sentiva la propria voce acquistare nuovo vigore. Avvertiva il tono trionfante del Piromante, ma non gli diede retta. Non si fermò. L'hai detto tu stesso. Il Fuoco non ha morale. Il proprio tono era sicuro ora, caldo e vibrante come le fiamme da lui controllate. Morte e Rinascita, Distruzione e Creazione. Due facce della stessa medaglia. Non puoi avere l'una senza l'altra… Sospirò.
    Le voci affievolirono, poco a poco. Almeno per un po', la propria mente gli avrebbe lasciato una tregua. Aveva un'idea, non l'aveva mai tentata prima… ma era meglio tentare, piuttosto che lasciare quel ragazzo morire. Erano passati pochi secondi, forse, nella realtà. Gli altri lo avrebbero visto avvicinarsi a loro in maniera incerta, confusa, e con molta fatica. D'un tratto rilassò le mani, fino a quel momento serrate a pugno, come se avesse superato un'estenuante battaglia.
    - N-Non sono un guaritore, ma…- iniziò a parlare con tono apatico, ma dal quale traspariva una certa stanchezza. Lo sguardo era puntato sulla ferita del giovane, la analizzava, come valutando l'effettiva possibilità di ciò che stava per dire. - Potrei… Potrei tentare di fermare l'emorragia. Con il Fuoco.- sollevò lo sguardo prima su Evan, poi su Akari. L'implicazione di ciò che stava dicendo era chiara: usare il fuoco a scopo medico, cauterizzare la ferita. Prima ancora di una loro possibile reazione, Ged si sarebbe affrettato ad aggiungere - Forse con la tua magia curativa al suo fianco, potresti riuscire ad affievolire il dolore dell'operazione, ed impedire una sua eventuale infezione. E chissà, forse potresti pure riuscire ad aiutare la ferita a cicatrizzarsi meglio… Sono tutte supposizioni, ovviamente. Non l'ho mai tentato prima d'ora, ma credo valga la pena provare… Se per te va bene.- Avrebbe scrutato con attenzione gli occhi della ragazza, alla ricerca di una sua eventuale reazione, qualcosa che gli facesse capire se fosse stata disposta a tentare un simile percorso. E abbassando con un gesto della mano il collo della maglietta quel tanto da far vedere la propria ustione sul petto, avrebbe aggiunto ancora - Meglio una cicatrice a vita, che la morte.-
    Se lei avesse acconsentito, lui avrebbe fatto un cenno di assenso con la testa, tornando poi a fissare la ferita con sguardo serio, risoluto. I palmi delle sue mani sarebbero diventati tutto d'un tratto incandescenti, come se fuoco puro le stesse attraversando. A quel punto le avrebbe quindi poste sul petto del ragazzo. Per tutta la breve durata, Akari avrebbe dovuto sovrapporre le mani sulle sue per fare in modo che la sua magia curativa agevolasse il tutto. Dopodiché, fermata l'emorragia, si sarebbe tolto di mezzo, lasciando il giovane ad ulteriori cure da parte della ragazza, in modo che potesse metterlo del tutto fuori pericolo.

    Come detto su discord, forse sto facendo una cazzata. Non so l'entità della ferita, e su internet sembra che nell'antichità usassero la cauterizzazione per tutto, quindi boh mi fido? Spero che la logica di avere una magia curativa a supporto per tutto il tempo possa in qualche modo aiutare ed evitare possibili ripercussioni... però appunto non ho studiato medicina né letto mai nulla di approfondito al riguardo. Così da ignorante sembrava una cosa possibilmente plausibile. Se ho fatto una cazzata, ignorate il fatto pls, o io lo taglio via. Non voglio rovinare il momento importante di Ged con qualcuno che giustamente lo interrompe a metà dicendo che è una cazzata, piuttosto faccio finta che non ci sia stato sto sviluppo rip
     
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    Il Buoi oltre la Siepe

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    Aveva abbracciato Ged in una maniera quasi automatica, certamente senza rifletterci troppo... o si sarebbe sicuramente reso conto di chi stava toccando e di come avrebbe probabilmente reagito. Il mago non era di certo il tipo di persona da darsi in gesti di affetto, o quantomeno era l'impressione che dava, e se Fate fosse stato "lucido" probabilmente si sarebbe aspettato improvvisamente di trovarsi bruciato o senza qualche arto.
    Invece, per quanto l'altro ragazzo non ricambiò effettivamente, Fate si ritrovò con delle dita estranee fra i capelli, a scompigliarglieli in un gesto... beh, non affettuoso, certo, ma nemmeno antagonistico. E nonostante fosse un gesto così semplice, dopo quello che avevano passato... dopo essere rimasto solo nell'oscurità, bloccato dove non poteva nemmeno vedere intorno a sé, avere un contatto del genere, gentile... Si ritrovò a reprimere un singhiozzo e per un attimo il suo braccio si intensificò, dovette impedirsi di affondare il volto sulla spalla di Ged solo perché c'era un limite probabilmente a quello che poteva fare con lui.
    Si ritirò su cercando con lo sguardo gli altri: aveva abbracciato Ged perché era il più vicino, perché era felice che fosse vivo anche lui, e perché voleva lasciare che Evan e Akari si ritrovassero prima di "infilarsi a forza"... ma adesso non c'erano scuse, voleva, doveva, assicurarsi che anche loro fossero vivi, che stessero bene...
    Li individuò subito con lo sguardo e si tirò in piedi, sorridendo a trentadue denti e pronto a scattare da loro... da entrambi ma, lo doveva ammettere, prima da Evan che da Akari! Ma di poco.
    Prima che potesse festeggiare anche con loro, tuttavia, il ragazzo dai capelli neri barcollò in avanti - Fate non lo aveva mai incontrato di persona, persino quando Pitioss l'aveva preso, ma sapeva dai ricordi e da quella strana esperienza condivisa con Ged ed Evan che si trattava di Noctis. Il ragazzo sembrava essere perso, lo sguardo era appannato e immediatamente Fate si rese conto di quale fosse il problema - esattamente nel momento in cui il giovane collassò, sanguinando copiosamente dal petto.
    Si ritrovò a correre velocemente in avanti, ignorando le altre persone intorno a loro - i Dandelion che erano riusciti a salvare? Fino a trovarsi a poco meno di un metro da Noctis, ma lì si bloccò: lui non conosceva vere magie di cura. Sì, poteva lanciare un'Energia... ma era una magia debole, a cui per giunta non era abituato. E Serena gliel'aveva inculcato quelle poche volte che avevano parlato, non serviva praticamente a nulla per cose gravi (motivo per cui gli veniva detto di stare attento, perché la magia non poteva curare tutto, sopratutto a quei livelli).
    Intorno a lui, i ragazzi che si erano svegliati si stavano pian piano rendendo conto della situazione. Qualcuno lo superò spintonandolo per errore, urlando "NOCT!": in pochi secondi Prompto si era catapultato al fianco del ragazzo, in ginocchio, cercando in qualche modo di aiutare - e anche gli altri si stavano avvicinando, ma Fate fece poca attenzione a loro. Stava pensando a come poter aiutare ma... vuoto totale.
    Si rese conto di non poter fare nulla - o forse...
    Ma Evan aveva, appunto, una Gummiship. Ed era una Gummiship attrezzata, magari non per le emergenze ma sicuramente c'era almeno una cassetta del pronto soccorso. Era lontana, è vero, ma lui correva veloce, era letteralmente la sua caratteristica maggiore.
    "Vado io alla nave!" Esclamò, forte, per sovrastare tutti coloro che parlavano. "E' meno pericoloso che spostarlo e più veloce che aspettare che si stabilizzi!" La magia non fa tutto, gli rimbombava nella testa, e il grosso squarcio nel petto di Noctis non era l'unica ferita... se Pitioss aveva usato il suo corpo per tutti quei millenni forse le ferite non erano nemmeno solo quelle visibili. Cosa serviva? Disinfettante per le ferite che la magia non depurava, sicuramente bende... "Lo sai che sono veloce."
    Un uomo gli si avvicinò - Nyx, se i ricordi che avevano visualizzato non mentivano, ma aveva un'espressione seria sul volto molto diversa da quella a cui avevano assistito quando parlava con Montblanc. "Non ho idea di cosa sia una Gummiship, ma vengo anche io." Affermò. "Non posso proiettarmi per lunghe distanze ma sicuramente può aiutare."
    Fate annuì e senza aspettare una risposta di Evan o di Akari perché non c'era tanto tempo, scattò in direzione della Gummiship, non aspettando di vedere se Nyx lo stesse seguendo. Si ricordava dove fosse la Gummiship e per quanto distante di certo non erano ore, era certo di poterci arrivare in poco tempo e per quanto riguardava il ritorno, beh, sarebbe bastato semplicemente avvicinarla lì, ora che sapeva dove si trovava Pitioss l'avrebbe guidata (sperando di non schiantarla, altrimenti chi li sentiva Evan e Cid!) e fatta atterrare il più vicino possibile. Attivò un Haste, notando come Nyx lo fece subito dopo di lui, affiancandoglisi - poi, improvvisamente, sentì una mano afferrargli un braccio stretto e un altro braccio abbracciarlo al fianco, tenendolo. "Pronto a proiettarti?"
    Fate lo guardò confuso, per la parola che anche prima non aveva capito. "Che cosa inteEEEEEEEEEEEEEEEEEE-"
    In un attimo, Nyx aveva lanciato un'arma che aveva materializzato - probabilmente il suo Keyblade - in avanti e, esattamente come aveva fatto Noctis nel sogno/ricordo, i due scomparirono in avanti con uno strillo di Fate, riapparendo metri e metri di distanza in avanti, lontano dallo sguardo di tutti quanti.
    Nel frattempo i Dandelion si erano radunati intorno a Noctis, ma pochi di loro sembravano in grado di fare qualcosa, esattamente come Evan o Fate. Cor dovette afferrare per le spalle Prompto e staccarlo fermamente (ma non senza gentilezza) da Noctis, mentre una ragazzina dai capelli neri che non avevano visto nei ricordi si affiancò ad Akari, ponendo le mani a pochi centimetri dal petto del ragazzo.
    "Energiga!" Esclamò, ma la luce verdina che si espanse sul corpo di Noctis era decisamente più debole di un Energiga, molto simile alla magia lanciata da Akari. "Non... perché non funziona!?" Si chiese la ragazzina in panico, ritentando, ma anche questa volta non fu un Energiga ad essere castato.
    Prima che potesse provare di nuovo Ged parlò, e tutti si voltarono a guardarlo - due o tre persone lo guardarono come se fosse un pazzo, forse sperando che si potesse ancora usare la magia "normale", ma Montblanc annuì.
    "Potrebbe sicuramente funzionare, e con la magia dovremmo evitare i vari effetti collaterali della cauterizzazione. Iris, Terra, noi presteremo aiuto magico insieme a..." Guardò Akari. "Umh, la signorina, kupò!"
    Lasciarono che Ged si avvicinasse a Noctis e mentre Cor e una giovane donna di cui non conoscevano il nome allontanavano chiunque non fosse necessario dalla scena, in modo che non incombessero sul gruppo di maghi pronti ad aiutare, Montblanc direzionò Iris, la ragazzina con i capelli neri, a mettersi alla destra di Noctis e Terra, una giovane che avevano visto durante uno dei ricordi ma senza che interagisse direttamente nelle memorie, alla sua sinistra. Akari lo avrebbe continuato a sorreggere da dietro e avrebbe dovuto seguire le istruzioni di Ged sul porre le mani sulle sue, mentre Montblanc si sarebbe messo vicino al ragazzo.
    "Concentratevi con l'Energia." Avrebbe detto a Iris e Terra. "Tutti gli altri, se il giovane Noctis comincia a muoversi, ho bisogno che interveniate e lo teniate fermo il più possibile kupò. Movimenti troppo eccessivi potrebbero provocare danni peggiori."
    Ma non ce ne fu praticamente bisogno, perché quando Ged poggiò le mani sulla ferita e le fiamme fuoriuscirono Noctis si lamentò e sembrò quasi volersi allontanare, ma era evidente che il suo corpo fosse troppo debole - qualche movimento in automatico leggero, ma niente che impedisse loro di lavorare. Aveva gli occhi socchiusi - era sveglio, il che voleva dire che probabilmente doveva star sentendo tutto il dolore, ma era troppo debole per reagire.
    Ci sarebbe stato un silenzio tremendo, bloccato solo da qualche singhiozzo - Noctis stesso, Prompto, qualche altro dei Dandelions spaventati o rattristiti dalla vista, ma nessuno avrebbe parlato per evitare di impedire la corretta somministrazione delle cure: una piccola distrazione, in fondo, avrebbe potuto fare danni irreparabili.
    Ma dopo un po' di tempo, Ged avrebbe potuto alzare le mani, e lo stesso avrebbe potuto fare Akari - la ferita era stata cauterizzata, e a un cenno di Montblanc le altre due maghe continuarono a lanciare magie di cura, deboli ma efficaci in questo caso non solo ad aiutare la cicatrizzazione ed evitare infezioni, ma anche a ridare energia a Noctis.

    Nel frattempo, Fate e Nyx avevano continuato a correre e proiettarsi fino ad arrivare alla Gummiship. Per un attimo Nyx si era fermato ad osservare la nave, confuso, come se non avesse mai visto prima nulla del genere... e Fate si rese conto che in effetti doveva essere così. A cosa sarebbe servita una nave spaziale in un universo in cui il mondo era unito? Non avevano di certo bisogno di andare fra le stelle, loro. Non come Fate, che se non fosse diventato amico di Olette non avrebbe mai saputo da lei ed Evan dei mondi al di fuori, e non sarebbe mai diventato loro amico... né si sarebbe unito alla guerra, o a i Moschettieri, o tutto ciò che stava realizzando in bene o in male. Sarebbe rimasto alla sua vita normale, ignaro di qualcosa al di là di quelle barriere che separano i mondi... i Dandelion probabilmente non immaginavano nemmeno una cosa del genere.
    "E' un'aeronave particolare." Commentò Nyx, infatti, avvicinandosi, e Fate si rese conto effettivamente che avrebbero dovuto dare quella notizia a tutti loro... che avevano perso tutto. Dirgli che erano passati secoli, che tutti coloro che conoscevano erano morti.
    "Non è un'aeronave." Mormorò, prima di evocare il Keyblade e puntarlo contro il portellone - Nyx non reagì stranito alla vista dell'arma come molti a Radiant Garden, ma in fondo era normale. Veniva da un'epoca in cui la maggior parte degli abitanti della sua città erano Keyblader. "E'... E' una Gummiship."
    Si precipitò a controllare un attimo la cassetta medica mentre l'altro Keyblader osservava la Gummiship, controllando se ci fossero cose che potessero servire - bende, disinfettanti, medicine... antibiotici! Questi sarebbero sicuramente serviti. Esultò, per poi andare ai controlli di volo - se era come la sua vecchia Gummiship non avrebbe avuto problemi a guidarla. Nyx, silenzioso, gli si sedette vicino mentre lui la faceva decollare.
    "E a cosa serve?"
    "A viaggiare fra le ste..." Si bloccò, aveva risposto velocemente, di istinto, ma Nyx non diede di matto né lo guardò come pazzo. Invece sembrava essere quasi rassegnato.
    "Non ho mai visto una tecnologia del genere, e io venivo da Insomnia." Commentò, con un sorrisetto. "Dimmi un po', ragazzino... quanto tempo è passato da quando ci siamo rinchiusi a Pitioss?"
    Rimase in silenzio, stringendo i comandi della nave. Era giusto dirglielo così? Di botto, senza nemmeno prepararlo prima con cautela? Ma se aveva già capito, stava solo rimandando... certo, probabilmente si aspettava qualche anno. Forse persino qualche decennio. Non...
    "Quattromila... circa. Non sappiamo precisamente." Mormorò, senza guardarlo. Lo sentì imprecare e si concentrò meglio sul percorso davanti a sé, continuando a guidare.

    Avrebbero potuto vedere in lontananza la Gummiship arrivare, e parcheggiare il più vicino possibile. Fate si sarebbe catapultato fuori con Nyx, una cassetta del pronto soccorso fra le mani.
    "Siamo qui!" Avrebbe urlato, portando in avanti le mani e mostrando la cassetta.
    Nel frattempo, con Noctis fuori pericolo, gli altri Dandelions cominciarono a guardarsi intorno, prima che una ragazza dai capelli viola guardasse verso Evan.
    "Voi... non vi ho mai visto a Daybreak Town." Disse. "Chi siete? Cosa è successo? Saremmo dovuti rimanere dentro Pitioss fino alla fine dello scontro... che cosa è accaduto?"
     
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    Davanti a loro c'erano diciassette persone. Diciassette vite completamente distrutte, risparmiate da una guerra solo per venir catapultate in un'altra. Con spietata efficienza, un destino orribile si metteva in moto, conducendo i loro passi verso il medesimo cammino di distruzione che si erano prodigati tanto per evitare... e il tutto per un semplice, minuscolo errore commesso da chissà chi che aveva eliminato in un attimo qualsiasi buon proposito. Qualsiasi cosa avesse causato il fallimento di quel rituale avrebbe condannato tutte quelle persone ad un'eternità in una prigione invisibile, intrappolati nelle loro stesse menti forse senza neppure avere idea di cosa stesse accadendo e non poter quindi nemmeno cercare di liberarsi. Quel fardello, quell'immenso peso, Noctis aveva deciso di portarlo da solo affidandosi ai poteri che possedeva, aiutato dal fido Carbuncle, il Chirity che finalmente ritrovava la pace sapendo che il suo padrone era libero da quel tormento. Millenni passati in quello stato, a lottare contro quel mostro, ferito e livido, smagrito e stanco, solo in un tempo infinito, cosa doveva aver provato per tutto quel tempo? Quanti secondi, minuti e ore aveva contato nella speranza che qualcuno, da qualche parte in quel mondo distrutto e menefreghista, si rendesse conto dell'atrocità avvenuta?
    Ma forse nessuno se ne sarebbe mai potuto accorgere, non era così? Perché loro erano i Dandelion. Loro erano la speranza per il futuro, il piano B nel caso in cui la guerra si fosse conclusa nella carneficina che era stata, e forse sarebbe spettato loro il compito di ricostruire. Se, ma, forse. Troppe incognite, ancora. Erano arrivati fino alla fine di quell'incubo senza un modo per andare avanti, ancora una volta costretti ad arrancare a tentoni.
    E lui, ancora una volta, poteva solo osservare mentre l'ultimo scherzo di quel maledetto posto si consumava. Perché millenni di sofferenza in quel buio senza fondo, da solo contro un'entità sconosciuta che sembrava più potente dell'oscurità stessa, avevano lasciato su Noctis dei segni indelebili. E il ragazzo era caduto a terra sfinito e ferito, sanguinante e con la vita che lo abbandonava velocemente, dopo essere giusto riuscito a boccheggiare di essere liberi da tutto questo. Unico consapevole dell'orrore in cui erano stati imprigionati, unico testimone degli immani sacrifici a cui era stato costretto.

    E' il peso del comando?

    Il comando per richiamare la nave non funzionò. Fate si offrì di andare alla Gummiship di persona, una scelta adeguata data la sua evidente velocità, ma fu comunque rincuorato nel vedere uno dei Dandelion più adulti affiancarglisi immediatamente; il Cimitero dei Keyblade non era un posto da affrontare da soli nemmeno per brevi tratti. Non sapeva neppure quanto ci avrebbero messo gli Heartless a fiutare una simile concentrazione di Keyblader e l'idea di essere in mezzo a un buffet per quei mostri gli spediva brividi lungo la schiena.
    Le condizioni di Noctis peggioravano in fretta. Impotente, Evan poteva solo osservare mentre gli altri Dandelion cercavano disperatamente di salvarlo, usando magie tutt'altro che sufficienti; pronunciavano nomi ben più potenti e altisonanti di ciò che invece era il risultato. Forse tutti quei millenni di sonno li avevano indeboliti, per aggiungere beffa al danno. Strinse debolmente i pugni, un cocente senso di inutilità ad infiammargli il petto. Avessero avuto Aerith lì, avrebbero potuto risolvere la situazione in pochi secondi; ma quel che avevano erano solo poche scarse magie di guarigione e nient'altro che buone intenzioni, mentre davanti a loro la vita di un giovane che aveva dato tutto perché i suoi amici potessero rivedere la luce del sole si spegneva, veloce come la fioca fiamma di una candela. Li guardava uno ad uno, sentiva la loro frustrazione, la disperazione crescente per l'incapacità di salvare Noctis, di aiutarlo, e non c'era niente che lui potesse dire, nemmeno una frase, una singola parola, niente che riuscisse anche solo a pensare per poterli confortare. Niente per incoraggiarli. La sua bocca sembrava fissata col cemento, la mandibola irrigidita, il respiro ridotto. Come se non volesse nemmeno farsi sentire. Come se respirare la loro stessa aria fosse già un crimine.
    Fin dall'inizio non era servito a niente. Non aveva potuto proteggere Fate, né Akari, né Ged. Non era stato in grado di aiutarli nei momenti di difficoltà, aveva costretto qualsiasi luce vivesse nella lanterna a uscire per aiutarlo a trovare una strada che Akari era riuscita a raggiungere da sola, e così facendo poteva aver indebolito ulteriormente un cuore già a pezzi, che fosse quello di Sora o quello di Noctis; un peso, nient'altro. Un idiota in armatura.
    Da sempre.

    Fu Ged a trovare una soluzione. Le sue parole sembravano venire da oltre un vetro. I discorsi dei Dandelion erano un brusio ovattato, e dentro di sé si sentiva annegare, sempre di più. Il respiro cominciava a mancargli, ma si trattenne. Rimase in piedi, lo sguardo perso nel vuoto. Vide Ged chinarsi su Noctis intento a fare qualcosa con il fuoco, qualcosa che Evan aveva forse sentito, ma che non avrebbe saputo ricollegare. Come se la sua mente si fosse fermata del tutto e qualcuno lo avesse calato in una bolla, che lo rendeva inerte a tutto. Non capiva. Non capiva.
    Vide tutto, a occhi spalancati, come se non fosse lì. Come se qualcun altro stesse assistendo. Aveva già visto cauterizzazioni, ferite gravi, interventi da campo, senza mai spaventarsi troppo dopo le prime volte - era difficile spaventarsi o impressionarsi ancora, men che meno dopo le cure di quel capitano di cui aveva anche scordato il nome, ma di cui portava quelle maledette cicatrici.
    Lasciò che finissero. Lasciò che salvassero Noctis, rimanendo lì immobile, completamente inutile, mentre gente più competente di lui faceva il suo lavoro.
    Furono degli istanti lunghi, ma che ebbero successo. Dall'esterno della bolla sempre più spessa in cui si sentiva, venne la voce di Fate, che aveva portato anche il kit di pronto soccorso che aveva sulla Gummiship. C'era riuscito praticamente da solo, mettendoci anche poco tempo. Ged aveva contribuito al salvataggio di Noctis, tutti quanti i Dandelion capaci gli si erano riuniti intorno per aiutarlo in qualsiasi cosa avesse cercato di fare. Akari poteva tirare un sospiro di sollievo, godendosi l'essere un'eroina per quelle persone.
    Cosa ci faceva lì? Quale poteva mai essere il suo scopo, se fino a quel momento non era servito a niente? Aveva solo rallentato Akari, l'aveva solo fatta preoccupare inutilmente. Il suo "aiuto"... era solo una farsa. Non aveva avuto realmente bisogno di lui, era una cosa fin troppo evidente. Non gliene faceva una colpa, non la odiava né la invidiava. Gli dispiaceva solo di essere stato una zavorra per lei fin dal principio. E ora era lì, immobile e inutile, sempre più immerso in quella bolla di fallimenti.
    Finché una voce non la perforò, facendolo tornare brutalmente alla realtà.

    Vorrei che non mi avessi mai dato il Keyblade.

    "Day... break...?" gracchiò, percorso da un'ondata di gelo. Daybreak Town... era la loro città? C'era ancora qualche traccia, da qualche parte nell'universo? Forse c'erano proprio sopra. Magari un mucchio di rovine sepolte da sabbia e rocce.
    Era ovvio. Era giusto. Volevano sapere, ed erano prossimi alla realizzazione peggiore delle loro vite. Quella responsabilità, come troppe altre, spettava a lui. Quella ragazza si era rivolta a lui, e in quanto comandante di Radiant Garden, in quanto primo Keyblader scelto da Sora, avrebbe dovuto rispondere.
    Ma le parole gli morirono in gola. Guardare quegli occhi pieni di domande, immaginarli riempirsi di orrore nel momento in cui avessero scoperto che tutto ciò che avevano sperato era andato in fumo, che tutti i loro cari erano ormai spariti anche dalla memoria dell'universo dopo quattromila e più anni, bloccò qualsiasi risposta. Con le labbra dischiuse e gli occhi spalancati, Evan rimase incapace di parlare per un tempo che sembrava lunghissimo. Deglutì a vuoto, faticando per non abbassare lo sguardo. Non poteva farlo. Era il Comandante. Doveva affrontarli, doveva essere lui a portare loro quelle notizie. Doveva essere lui...
    E loro erano in attesa. La faccia del Dandelion che aveva accompagnato Fate gli dava l'impressione che lui sapesse già qualcosa, un pensiero che lo riempì di amarezza e, ancora di più, raggelò le sue viscere in quel senso graffiante di inutilità. Non importava quale reazione potessero avere, era ovvio che ci sarebbero rimasti male - era ovvio che piangessero, che si disperassero. Ma per qualche motivo non riusciva a dirglielo, non riusciva a comunicare quella notizia.
    Persone come lui, quattromilacinquecento anni prima, li aveva condannati a questo. Erano il prodotto dei loro fallimenti.

    Vorrei che non fossi mai venuto a parlarmi.

    Qualcuno che occupava una posizione come la sua aveva deciso per loro. Qualcun altro aveva scatenato quella guerra. Centinaia di migliaia di persone erano morte in essa, e a loro spettava la responsabilità di ricominciare, di ricostruire... ma non potevano più farlo. E non avevano la forza che avrebbero dovuto possedere per fronteggiare un'altra guerra.
    Sbagliato. Era tutto così sbagliato e crudele da dargli il voltastomaco, avrebbe voluto vomitare fino a farsi uscire le viscere dalla bocca. Lo disgustava il solo pensiero. Persone come lui, che avevano agito per puro egoismo.
    Guardò di nuovo la ragazza, cercando di normalizzare il respiro. Doveva dire qualcosa, se nessun altro lo aveva già interrotto. Spettava a lui... ma forse avrebbe fatto meglio a farlo dire a qualcun altro, e ritirarsi in silenzio dove nessuno potesse curarsi della sua presenza. Aveva già dimostrato di essere valido come codardo. Non c'erano discorsi altisonanti che potessero nascondere una verità così genuina e semplice.
    Cercò di assumere un'espressione tranquilla.
    "Io... mi chiamo Evan." disse. Non era necessario dire cognome, o gradi. Non meritava neppure di fregiarsene. "Lei è Akari Yuusha, la Keyblader che ci ha riportati tutti qua fuori." le sorrise, con una punta d'orgoglio. Era così bella. Così forte. "Il mago che vi ha aiutati è Ged Fawkes, mentre lui è Fate." indicò il ragazzo. Parlare era faticoso, al momento. "Fate Carlyle. Anche lui è un Keyblader." E fino adesso era la parte facile. "Ma..." deglutì. "Nessuno di noi viene da Daybreak Town. E'... un discorso molto lungo, e ci conviene farlo al sicuro sulla nave. Questo luogo brulica di Heartless, e voi vi siete appena ripresi..." stava guadagnando tempo, come il vigliacco che era. Avrebbe dovuto vuotare il sacco subito, ma cosa sarebbe successo se si fossero abbandonati alla disperazione proprio lì? Non si vedevano ancora Heartless, ma nessuno poteva dire per quanto tempo la situazione sarebbe rimasta in quel modo. Doveva quantomeno portarli in un posto più sicuro... almeno questo. "E' anche meglio far stare Noctis più comodo che in mezzo alla sabbia. Lasciamo questo posto per ora, se siete d'accordo."
     
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    Il cavaliere della luce

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    Akari stava facendo tutto il possibile per tenere in vita Noctis, lanciando la sua magia di cura tutte le volte che poteva. Anche i dandelion la aiutarono, ma la ferità non sembrava voler guarire. Era come se la ferita fosse stata infettata da qualcosa, che non permetteva che essa si rimarginasse oppure era la loro magia ad essere troppo debole. In effetti anche la ragazza che l'aveva affiancata per curare il ragazzo, aveva pronunciato il nome di una magia di cura più potente della sua, eppure non sembrava tanto forte. Probabilmente il periodo passato a Pitioss li doveva aver indeboliti molto, soprattutto Noctis che era diventato il fantoccio di Pitioss.
    Alle parole di Ged, Akari era già pronta a dire no. Una cosa del genere gli sembrava troppo rischiosa e pericolosa, visto le condizioni del ragazzo e la sua assoluta proiettività nei suoi confronti. Non che all'improvviso gli stesse facendo da "mammina protettiva", ma dopo quello che aveva fatto per salvarlo da Pitioss, in cui stava rischiando lei stessa per prima, non voleva che rischiasse la vita. Gli aveva detto che adesso sarebbe andato tutto bene, che sarebbe potuto essere felice fuori da quel inferno con i suoi amici. Si sarebbe sentita meschina a non mantenere quella "promessa" se cosi la si poteva chiamare.
    - Oh-ok, ma fai attenzione. - aveva detto ancora titubante, più che altro per via delle parole di Montblanc pronta ad aiutare con la magia di cura per evitare ogni possibile problema. Akari in quella particolare situazione era particolarmente tremante, non perché non avesse fiducia in Ged. Però anche con il loro supporto quella era un operazione rischiosa. Cerco quindi di fidarsi e di fare lei stessa la massima attenzione per evitare qualsiasi danno.
    - Resisti Noctis...finirà presto. - aveva detto con tono rassicurante e gentile al ragazzo, che vedeva stava soffrendo per il dolore vista l'operazione che stavano attuando in quel momento. La cosa faceva impressione un po a lei, soprattutto per via del lieve odore che ne fuoriuscì, ma trattene il fiato e si tenne pronta per lanciare la magia di cura.
    - Meno male...- aveva detto quando la ferita fu cauterizzata e potevano dire che Noctis fosse fuori pericolo in quel momento, ma aveva subito bisogno di altre cure come i suoi compagni. Alzo gli occhi alla domanda del Dandelion pronta a parlare, ma fu Evan a prendere la parole e presentare tutti i presente. Nel sentirsi chiamare Akari ebbe una strana sensazione. Quello era il suo nome di Shibuya, il nome che gli aveva dato i suoi genitori adottivi. Era abituata a farsi chiamare in quella maniera, persino il fratello aveva iniziato a chiamarla Akari, inizialmente non capiva il perché, ma poteva essere per via di quel mostro di Creed. Forse perché in quella maniera non avrebbe potuto collegarla diretta a lui. Ormai però era bello che inutile. Comunque sia si sentiva strana a venir chiamata in quella maniera, persino Pitioss la chiamava con il suo vero nome. Una cosa che da parte sua non sopportava per nulla, ma in qualche modo gli sembrava "meglio" come dire la verità per qualche ragiono. Aveva finto per anni di essere qualcun altro, per adattarsi per essere normale agli occhi dei altri e quando torno a Radiant Garden per non ricordare di essere la figlia di Walker. Forse era l'ora di smetterla?
    - Concordo. Noctis ha bisogno di cure urgenti e anche voi avete bisogno di rimettervi. Quello che vi è successo è stato orribile, ma vi prometto che tutto sarà chiaro appena saremmo tutti al sicuro. - Aveva detto con un tono calmo e gentile al gruppo in attesa di poter salire sulla gummiship e portare tutti al sicuro.
    - Non...sarà facile, ma starete bene...Ho intenzione di aiutarvi al massimo delle mie possibilità. Non penso che il mio compito fosse solo portavi fuori da Pitioss. - Disse nuovamente con un tono calmo e rassicurante, ma con un tono più triste al idea di cosa stavano ancora passando quei ragazzi. Perse un ultimo attimo a guardare il passaggio di Pitioss, che aveva chiuso non appena si era risvegliata fuori da esso. Stava pensando a tutto quello che aveva passato e rischiato li dentro. Era stato una delle cose più caotiche e orribili che avesse mai passato. Una cosa che di certo non volevo ripetere.
    - Evan? Tesoro? Non ci sarebbe un modo per bloccare le porte ulteriormente? Tipo una colata di cemento...o coprirlo con una montagna? - Aveva detto al ragazzo castano con un sorriso evidentemente stanco e come i suoi occhi d'orati, ma con un tono inquietantemente serio.
     
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    Il Buoi oltre la Siepe

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    Nonostante le domande ben precise non arrivò nessuna risposta, ne da Akari o Evan, che sviarono dall'argomento e provarono prima a tranquillizzarli,ne da Ged, che probabilmente si stava ancora riprendendo dall'operazione appena svolta e forse non voleva nemmeno infilarsi in un affare che lo riguardava poco, non essendo un Keyblader.
    Fate riusciva a comprendere il punto di vista dei suoi compagni, e lo condivideva anche in parte. Come si poteva dare una notizia del genere a delle persone che erano appena uscite dall'inferno? Sopratutto dopo quello che avevano passato - era evidente che non se lo ricordassero, quindi forse si sarebbero risparmiati almeno quel trauma, ma dalla reazione di Noctis almeno lui sicuramente sapeva tutto e non era detto che non potessero ricordare anche loro... oppure no? Fate non era esperto di magici luoghi oscuri che rinchiudevano le persone per secoli. Sapeva solo che non voleva mai più rimetterci piede, in alcun modo,e che probabilmente non avrebbe dormito quella notte.
    O quelle successive.
    Tornando ai Dandelions... nonostante quelle premesse,era però giusto farli aspettare ancora? Rimandare soltanto, con la possibilità che esattamente come Nyx scoprissero da soli, magari in maniera molto più traumatica, quanti anni fossero passati? Forse la cosa migliore era davvero dirlo in quel momento,non aspettare oltre. Ma Fate,esattamente come i suoi amici, non riusciva a farlo. Nonostante tutto, non ne aveva il coraggio.
    "Non sappiamo nemmeno cosa ci sia successo!" Protestò Ritz, per nulla contenta infatti per le risposte alla domanda dell'altra Keyblader, Maria, e anche gli altri non sembravano felici per quanto la questione di Noctis fece annuire alcuni di loro.
    "La marmocchia-" "Hey!!" "-ha ragione, che cazzo vuol dire aiutarci? Il tuo compito?" Si intromise Kaine'. "Se ti ha mandato la Maestra Ava per portarci via dalla Guerra..."
    "Non è così." Tutti si voltarono verso Nyx Ulric, e Fate spalancò gli occhi, rendendosi conto di cosa stesse per dire. Nyx, infatti, lanciò un'occhiata proprio a lui e poi ad Akari ed Evan. "Scusate, ragazzi, è giusto che lo sappiano subito." Disse, con un sorriso malinconico, evidentemente non dando loro la colpa di non aver rivelato subito il segreto ma non volendo fare lo stesso. Guardò invece i suoi compagni Dandelions,mentre il sorriso spariva dal volto. "Non c'è più la Guerra del Keyblade." Disse. "Ne la Maestra Ava. Sono passati circa quattromila anni."
    Fate si aspettava qualsiasi reazione. Le urla. L'incredulita'. Le domande. Persino aggressività. Dopo una scoperta del genere era solo giusto.
    Non si aspettava il silenzio tombale.
    Sembravano tutti bloccati sul posto, a fissarli. La maggior parte di loro Nyx, alcuni spostarono lo sguardo su di lui, altri fissarono Fate o gli altri Keyblader presenti. "Cosa...?" Mormorò una ragazza, Terra, mentre altri intorno a lei erano sbiancati.
    "Ma non... È uno scherzo...?"
    "È... la verità..." Mormorò una voce,altissima nel silenzio del cimitero, e Akari si sarebbe resa conto che Noctis stava cercando di alzarsi a sedere con un po' di fatica. "Il Rituale-"
    "Noct! Noct stai giù!" Esclamò Prompto, sporgendosi in avanti per fermarlo. "Sei ferito, non puoi-"
    "Sono...passati quattromila e cinquecento anni." Biascico' lui, senza però ascoltarlo. Debolmente si sarebbe però appoggiato ancora a chi lo sorreggeva, Akari o Evan o anche Prompto se gli altri due si fossero scostati. "Daybreak Town... Non c'è più. Il mondo si è spezzato in più mondi... È cambiato tutto."
    Fate chiuse gli occhi,quasi a non voler vedere le reazioni di chi aveva davanti - quelle che aveva previsto, infatti, arrivarono tutte insieme dopo qualche attimo di silenzio ancora incredulo.
    Domande, imprecazioni. Kainé tirò un calcio ad un masso, Marche si portò una mano davanti alla bocca come se stesse per vomitare, altri apparirono scioccati, imprecarono, si portarono le mani al volto. Un ragazzo dai capelli castani e il mantello rimase a guardare fisso Nyx,come se ancora non avesse assimilato la notizia, mentre un altro dai capelli biondi si lasciò cadere a sedere su un masso, con il volto fra le mani. "Mio fratello...?" Mormorò Iris, le lacrime agli occhi mentre anche il ragazzino dai capelli bianchi si portava in avanti,scioccato e incredulo. "Ma non può essere!" Urlò, e Maria con anche lei le lacrime agli occhi dovette fermarlo da andare ad afferrare Noctis per scuoterlo in cerca di risposte. "Mi stai dicendo che sono tutti morti?! I miei amici,MIA MADRE?!"
    Noctis rimase in silenzio, e Fate si chiese se non stesse piangendo solo perché non aveva più lacrime dopo quattromila anni.
    "Cosa è successo?" Chiese Cor, rigido, guardando prima verso Akari, ma fu sempre Noctis a rispondere prima che lei potesse.
    "Il Rituale è stato... d-disturbato." Spiegò. "Qualcuno ha fatto qualcosa... o forse n-non doveva esserci."
    Prompto sbianco' completamente. Fate si rese conto che gli tremavano le mani. "È... È stata colpa m...?"
    "Non è stata c-colpa di nessuno di noi." Lo interruppe immediatamente Noctis. "Gli unici che sono usciti da... da Pitioss prima sono stati Ephemer, Lauriam e Ventus. Noi non abbiamo fatto nulla e... Tutti gli altri... Siamo sopravvissuti solo noi."
    Il silenzio ricalo' sul gruppo. Fate lanciò un'occhiata ad Evan, a Ged e ad Akari,sentendosi in colpa per aver rivelato a Nyx quell'informazione nonostante l'uomo avesse capito la maggior parte delle cose da solo.
    "Cosa facciamo ora?" Chiese un ragazzo con la coda. Cor si impetti'.
    "Andiamo avanti." Disse, grave. Il ragazzino dai capelli bianchi aprì la bocca,arrabbiato, ma Cor continuò subito impedendogli di parlare. "Perché è l'unica cosa che possiamo fare. Andiamo avanti, per noi e per quelli che non ce l'hanno fatta."
    "Signorina Yuusha,vero?" Montblanc guardò la ragazza. "Dal poco che sappiamo, è stata lei a salvarci da... qualsiasi cosa sia successo,vero kupo'? Temo che al momento voi quattro siate quindi il nostro unico punto di riferimento. Dovremo affidarci a voi per sapere come continuare,temo, almeno per un po' kupo'."

    Fate si sarebbe allontanato di qualche passo, lasciando che Akari e gli altri nel caso rispondessero alle domande,o ne facessero di loro, insomma meglio lasciare un po' di spazio. Lui era un Keyblader, sì, ma era stato il primo ad essere catturato. Era il compito di Akari, Evan aveva trovato la lanterna e aveva aiutato la ragazza fino alla stanza finale, e Ged era decisamente più esperto di lui su affari di magia e oscurità. E non poteva neanche curare Noctis,quindi al momento la sua unica utilità era... fare da guardia e controllare che gli Heartless non arrivassero. Erano anche in ritardo,così tanti Keyblader e nemmeno uno in quel mondo? C'era anche da dire che anche al loro arrivo,nei dintorni di Pitioss non c'era nulla... forse quel luogo spaventava persino loro?
    Sospirando, tirò fuori distrattamente il cellulare, trovandolo stranamente spento. Stranamente perché, come qualsiasi altro ragazzo della sua età, Fate non spegneva mai il cellulare, anche perché Cid ci aveva installato tutta la roba dell'Esercito e quindi era ancora più importante. O si era scaricato, o si era spento in qualche modo durante quell'evento. In effetti, quanto tempo avevano passato dentro Pitioss? Per un attimo ebbe il terrore di altri quattromila anni ma... no. La Gummiship era al posto in cui l'avevano lasciata,non c'erano segni di interperie o altro. Probabilmente solo qualche ora per davvero. Distrattamente riaccese il cellulare,aspettandosi un bel numero di messaggi magari dai suoi genitori o dai suoi compagni apprendisti moschettieri.
    Non aveva la benché minima idea di cosa stesse per trovare.
    "EVAN!" Urlò, in panico, facendo girare tutti verso di lui. "A-AKARI, GED! IL TRASMETTITORE... SHIBUYA...!"

    Shibuya, attaccata direttamente da Fastus.
    Atlantis, invasa dagli Heartless.



    Titoli di notizie pubbliche, giornali, live stream di mondi moderni, misti alle notifiche dirette di Radiant Garden più private, mandate per canali non pubblici. Report di Shibuya, video di due Keyblader che duellavano contro il maledettissimo Fastus in persona, foto sfocate di quello che doveva essere il Composto, e un video direttamente da Atlantis. Non in diretta, vecchio di ore, ma Fate premette comunque.

    -Salve, amici di Shibuya... -

    Gli si gelo' il sangue nelle vene. Per poco, non gli scivolò il cellulare via dalle dita. Mentre il video continuava ad andare avanti, riusciva solo a pensare che non era possibile. Non poteva essere possibile. Che senso aveva? Nessuno. Nessuno in alcun modo.
    Qualcuno dei Dandelions, non sapeva bene chi, stava chiedendo cosa stesse accadendo, se andasse tutto bene. Fate degluti', rimise velocemente in tasca il cellulare prima di voltarsi verso Evan e gli altri, sopratutto Evan. "Siamo anche noi in Guerra." Si affrettò a dire, non aveva sentito in fondo se Akari o gli altri avessero già spiegato la situazione attuale. "Evan, io vado ad Atlantis ad aiutare ad evacuare, hanno bisogno di un Keyblader! Ci sono troppi Heartless in giro!"
    "Heartless?" Chiese Nyx. "E vuoi andare da solo?"
    Fate annuì. "Non ho certamente intenzione di attaccare A... Ai-Ailani." Sperò che il suo balbettio fosse scambiato per paura, e non per altro. Non per esitazione. Non per...
    Ma comunque, era verità. La pura verità, facilmente leggibile sul suo volto. Non voleva attaccarlo. Non poteva. "C'è anche Shibuya... lì c'era direttamente Fastus, sembra la questione più urgente-"
    "Non ho idea di cosa tu stia parlando, ma qui ci sono diciassette..."
    "Sedici." Mormorò Prompto, ma per quanto alcuni sembrarono sorpresi, nessuno commentò al momento.
    "...Keyblader, se togli il principino che ha bisogno delle cure e chiunque lo aiuti, credo che possiamo comunque aiutarvi in qualche modo."
    "Ma voi siete appena usciti da Pitioss-"
    "Stiamo bene e... non abbiamo altro da fare, al momento." Si intromise Maria, la ragazza dai capelli scuri, asciugandosi le lacrime. "Siamo Keyblader, è comunque il nostro compito combattere gli Heartless." Si voltò verso Kaine'. "Puoi aprirci un varco oscuro? Mi sembra ci sia una sola astronave."
    "Ti sembra che io sappia dove cazzo dobbiamo andare?!" Esclamò, affiancando a loro. Al ché effettivamente Fate si voltò verso Ged.
    "Puoi aprirci un varco oscuro verso Atlantis?" A quel punto, se nessuno lo avesse fermato, Fate si sarebbe infilato nel varco oscuro insieme a Nyx, Maria e Kaine', mentre gli altri Dandelions aspettavano istruzioni su come dividersi e su chi sarebbe rimasto invece con Noctis.


    La Quest è ufficialmente finita! Siete liberi ma, tuttavia, dovete OBBLIGATORIAMENTE fare il post finale. Se no vi vengo a cercare.
    Ecco a voi le ricompense.

    Fate Carlyle: 3750 MD, Evoluzione in Stopra, +1 Slot Tecnica Personalizzata (se non sono stati tutti già sbloccati), + 5 a Statistica personalizzata.
    Ged Fawkes: 5200 MD, Evoluzione in Energira, +1 Slot Tecnica Personalizzata (se non sono stati tutti già sbloccati), + 5 a Statistica personalizzata.
    Evan Gallaway: 6200 MD, Evoluzione in Luxga, +1 Slot Tecnica Personalizzata (se non sono stati tutti già sbloccati), + 5 a Statistica personalizzata.
    Akari Yuusha: 7250 MD, Ottenimento di Lux e Luxra, Evoluzione in Thundaga, +1 Slot Tecnica Personalizzata (se non sono stati tutti già sbloccati), + 5 a Statistica personalizzata, ottenimento di Sonic Impaler e Quick Blitz.


    Avete tutti e tre ricevuto sulla trasmittente, se la accendete, informazioni su Shibuya e Atlantis.

    Grazie per aver partecipato a questo abominio evento!


    Edited by _Yele_ - 28/11/2020, 03:17
     
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    Se avesse detto agli altri di sapere cosa stesse facendo, be' avrebbe mentito. Non ne aveva assolutamente idea. Aveva assistito forse una volta ad una cauterizzazione, non ne era nemmeno sicuro. Aveva conoscenze teoriche al riguardo, certo, sapeva quali potessero essere gli effetti, le controindicazioni, le conseguenze… ma non era qualcosa che avesse mai provato prima d'ora. Non ne aveva mai avuto occasione, né si era mai interessato davvero al riguardo: sapeva che il Fuoco potesse essere usato a scopo medico, ma non era qualcosa di adatto a lui, orgogliosamente aveva sempre pensato che usare tutto quel suo Potere al di fuori della battaglia sarebbe stato… uno spreco. Con superbia aveva continuato a ripetersi di essere destinato a cose ben più grandi, e più il suo Potere cresceva, più se ne convinceva. La devastazione che il proprio Fuoco portava era per lui motivo di soddisfazione, di orgoglio.

    E dove lo aveva portato tutto questo…?

    Su una strada disseminata di cadaveri carbonizzati, ecco dove. Una strada fatta di cenere, pazzia e desolazione…
    Trattenne a stento la nausea ed il disgusto che provava per sé stesso, per le proprie azioni. Il suo corpo si era mosso da solo, le parole gli erano uscite dalla bocca senza davvero ragionarci. Per quanto fosse egoista da parte sua, voleva aiutare quel ragazzo. Salvare lui, per salvare sé stesso. In quel momento aveva un bisogno disperato di una prova, di qualcosa che potesse dimostrare a sé stesso di potercela fare, di essere diverso. Dopo tutto ciò che aveva passato, aveva bisogno di provare a sé stesso che le proprie fiamme non erano capaci solo di portare morte e distruzione, che c'era molto di più in lui… Aveva bisogno di sapere di essere ancora salvabile.
    Un'occasione, era tutto ciò che chiedeva. Nascosta sotto strati di apatia e stanchezza, c'era una disperata richiesta d'aiuto. Non gli importava se alcuni di loro lo stessero prendendo per pazzo, del resto tutt'ora il suo animo era continuamente divorato da ansie, dubbi e paure, dal disgusto, dal terrore, dal rimorso… Scorgeva gli occhi titubanti di Akari, il suo rifiuto nascosto fra le righe. Ed allora le voci si levarono ancora una volta nella propria mente, facendolo sentire fragile, stupido, patetico, ridicolo, anche solo per averci provato.
    Fu in quel momento che proprio Montblanc prese la parola: fu l'unico a credere in lui, a dargli una possibilità quando più ne aveva bisogno. Forse il Moguri non l'avrebbe nemmeno realizzato, ma ciò che stava facendo per lui era significativo oltre ogni sua immaginazione. Forse non era solo una coincidenza che proprio lui
    Il Keyblader dell'Era delle Favole posizionò quindi le altre compagne accanto a Noctis in modo che potessero aiutare Akari nelle cure e facilitare la cauterizzazione, sotto le direttive di Ged. Anche se sommesse e con meno vigore di prima, le voci nella propria testa non ne volevano sapere di stare zitte. Aveva paura. Aveva paura di perdere il controllo, di ucciderlo, di lasciare che le proprie fiamme divorassero il corpo del ragazzo… proprio come avevano divorato i propri familiari all'interno dell'illusione…
    Montblanc si era posizionato accanto a lui. La sua presenza, per qualche strana ragione, sembrava avere il potere di calmarlo. Cercò di non deludere la fiducia che il Moguri gli stava dando, perché era l'ultima cosa che voleva fare. Aveva gestito situazioni ben più difficili in fondo, la pressione schiacciante del momento non erano un grosso ostacolo per lui, anzi, cercava di sfruttare proprio quel peso per spronarsi e dimostrare di esserne all'altezza. Orgoglio e superbia, c'erano certe cose che erano dure da cambiare. Ripensò inavvertitamente alle parole di Jodey, quel giorno a Camelot. "Non ci occorrono draghi giganti e tempeste di fuoco. Tutta quella potenza, dovrai concentrarla in nient'altro che le tue mani. Se lo sai fare." Niente di più facile per lui.
    Le voci si affievolirono, le paure ed i dubbi lasciarono posto ad una ritrovata sicurezza. Era tutto sotto controllo. Ce l'avrebbe fatta. Lo aveva già fatto in passato, lo avrebbe fatto ancora. Dopotutto, non aveva forse fatto nascere una Fenice con il proprio Fuoco…?
    Prese un profondo respiro, e poi sospirò. Ora più concentrato che mai.
    I palmi delle sue mani divennero incandescenti come fuoco vivo.

    L'operazione poteva avere inizio.



    Evan, Akari e Fate stavano discutendo con gli altri Keyblader. Eppure in quel momento, Ged era come estraniato dalle loro conversazioni… L'Era delle Favole, la Guerra dei Keyblade, quattromila anni passati, la morte ed il cambiamento di tutto ciò che i Dandelions conoscevano… C'era così tanto da dire, ed ancora di più da metabolizzare. Il destino era stato davvero crudele per loro…
    Una parte di sé continuava ad ascoltare le loro conversazioni ed osservare le loro reazioni, continuava ad elaborare e registrare informazioni… ma per tutto il tempo, il mago non proferì parola. Lui non era uno di loro, non c'entrava nulla, non aveva un Keyblade, non poteva capire cosa stessero provando, né il peso che quell'arma potesse comportare sulle loro vite. In tal senso, lui era come un completo estraneo.
    Il suo pensiero continuava ad andare all'operazione appena svolta. Durante il processo, la propria mente aveva raggiunto livelli di concentrazione di cui non credeva di essere capace. Il proprio tempo soggettivo si era dilatato a dismisura, eppure allo stesso modo gli sembrava che il tutto si fosse svolto più velocemente di quanto avesse creduto inizialmente. Non riusciva davvero capire quanto fosse passato, aveva perso la cognizione del tempo. Solo quando era riuscito a staccare le mani dalla ferita, era stato come riprendere tutto ad un tratto a respirare. Aveva lasciato il ragazzo alle cure degli altri Keyblader, ma una cosa era certa: Noctis era stato messo fuori pericolo. E questo anche grazie a lui.
    Una strana sensazione, diversa da tutto ciò che aveva mai provato fino a quel momento, si fece largo pian piano attraverso il suo corpo.
    Aveva… A-Aveva salvato direttamente una vita.

    Il suo Fuoco aveva salvato una vita.

    Si guardava le mani tremanti, i palmi rivolti verso di sé. Ancora stentava a crederci.
    Era stato come scorgere per un momento un'altra parte di sé fino ad allora sconosciuta, una parte di sé vasta ed inesplorata, dalle potenzialità infinite. Era tutto così strano. Non riusciva davvero a capacitarsene. Era come scoprire in un bosco un nuovo sentiero che prima non si era mai notato perché magari nascosto dalla vegetazione… eppure era sempre stato lì. Le parole stesse del Piromante ne erano la conferma!
    Pitioss lo aveva segnato nel profondo, e questa non era una cosa che poteva cambiare. Non poteva dimenticare le proprie folli azioni, né il terrore di perdere ancora una volta il controllo e rendere quell'incubo realtà… Sentiva di essere sprofondato ancora più nell'Oscurità, in un abisso da cui forse non avrebbe mai fatto ritorno… Se osservava attentamente le proprie mani, avrebbe potuto giurare di scorgere per brevi istanti un quieto fumo nero intorno ad esse, un alone di tenebra dormiente che aspettava solo un altro segnale di debolezza, il suo ennesimo crollo.
    Era a pezzi. La propria mente, dopo Pitioss, non poteva essere più fragile di quel momento. Eppure non lasciava quell'incubo con disperazione ed angoscia, ma comunque con un minimo di speranza. Non poteva più prendersi in giro, purtroppo. Aveva bisogno di un aiuto, ne era consapevole. Qualcuno che gli desse una mano a risalire l'abisso profondo nel quale era sempre più sprofondato nel corso degli anni. Ed era difficile per uno come lui, ammettere di avere problemi, di avere fragilità, di aver bisogno di aiuto… Era stato forte per troppo tempo. Ed ora continuava a crollare, un pezzo dopo l'altro. Lui non aveva la forza di rimetterli a posto da solo, la propria mente non ce la faceva… ma lo doveva, a Jodey e Félix. E pure a sé stesso.
    Forse Jodey pensava la stessa cosa, ed era dura per Ged crederci fino in fondo… ma era la verità. Anche lui meritava di stare meglio, di stare bene.
    E se davvero aveva toccato il fondo, be'…
    Sul suo volto si accennò appena un sorriso, un ricordo della propria infanzia.
    Un vecchio mago che aveva detto quelle esatte parole…

    "Oh no, sei in una magnifica posizione! Non puoi scendere più in basso di così, puoi solo salire!"

    C'era una persona che doveva assolutamente incontrare a Radiant Garden, un incontro che aveva rimandato già da troppo tempo. Una sua vecchia conoscenza, dubitava si ricordasse ancora di lui.
    Il treno dei suoi ricordi, tuttavia, fu interrotto da Fate. Era allarmato, come se fosse successo qualcosa di terribile. Tirò fuori anche lui il trasmettitore, quell'affare tecnologico di cui faticava a capirne l'utilizzo nonostante le dritte di Evan. Shibuya attaccata direttamente da Fastus, Atlantis invasa dagli Heartless. Proprio ora? Poteva davvero essere una coincidenza…? Che avessero aspettato che il Comandante fosse fuori in missione? Forse c'erano infiltrati tra le schiere del loro esercito…
    Avrebbe incrociato lo sguardo di Evan con il proprio, altrettanto carico di stanchezza ma anche con un mucchio di interrogativi. Avrebbe studiato una sua eventuale reazione, incapace però dargli davvero supporto in quel momento. Si sentiva letteralmente morto dentro, ed anche se ora sapeva più o meno cosa fare, questo non voleva dire che ne avesse davvero le forze e soprattutto la volontà. Ged rimaneva comunque un uomo spezzato, nell'animo e nella mente. Ed Evan in quel momento doveva essere nelle sue stesse condizioni, se non peggio, visto l'enorme peso della sua carica. Non era in grado di risollevarlo, se pure lui fosse crollato.
    Per qualche motivo Fate desiderava andare a tutti i costi ad Atlantis, ed alcuni dei Dandelions volevano seguirlo per dare supporto.
    - C-Certo.- annuì, ancora un po' incerto e destabilizzato da tutta quella situazione. Era già stato ad Atlantis in passato, durante uno dei suoi vagabondaggi in cerca di nuove conoscenze e potere. Poteva aprire un varco oscuro, e così fece. Sollevò un braccio ed il portale comparve: Fate e gli altri vi si gettarono dentro senza nemmeno aspettare. - Fa' attenzione.- gli disse sovrappensiero, mentre il varco si richiudeva. L'Oscurità persistette qualche secondo intorno alla propria mano, la scacciò via come si scacciava una mosca, ed essa svanì.
    La situazione era davvero incerta. Ged sospettava che tutti i presenti avrebbero dovuto tornare a Radiant Garden, anche solo per riorganizzarsi e capire il da farsi. Erano successe così tante cose tutte insieme, come se Pitioss da sola non bastasse… Il giovane aveva un gran mal di testa, ed una brutta sensazione che non riusciva a togliersi di dosso. Si massaggiò le tempie, esausto.
    Sospirò, seccato.
    Akari ed Evan sarebbero saliti sulla Gummiship, insieme a Noctis e gli altri Dandelions. Ged poteva aprire un varco oscuro per tutti, ma non era il caso. Non avevano modo di trasportare il ferito, oltretutto non aveva idea di come il suo corpo avrebbe reagito all'Oscurità, dopo essere stato ridotto così da quella di Pitioss. E poi sulla Gummiship c'era sicuramente una cassetta del pronto soccorso, quindi non ci sarebbero dovuti essere problemi nel caso Noctis avesse avuto una ricaduta. Ragionava, cercava di tenersi impegnato in problemi logistici, era l'unico modo per distrarsi e non affrontare così ciò che invece più temeva… La situazione era già abbastanza tesa e complicata anche senza di lui, un completo estraneo nelle faccende che riguardavano quelle fastidiose chiavi. Ed Evan era il Comandante, quindi avrebbe potuto rispondere alle loro numerose domande più facilmente di quanto avrebbe potuto fare lui. Non avevano bisogno di lui.
    Alzò un braccio ed aprì un altro varco oscuro.
    - Vi precedo a Radiant Garden. Devo… Devo sbrigare alcune faccende prima.- esitò. Osservò velocemente i presenti, prima di abbassare lo sguardo. Sospirò, esausto. - Non credo di esservi d'ulteriore aiuto in ogni caso.- avrebbe aggiunto, atono, stanco.
    Il suo sguardo si posò sul Moguri, soffermandosi per qualche secondo. Non riusciva proprio a spiegarsi quella strana sensazione, sicuramente avrebbe cercato di contattarlo nel corso dei prossimi giorni.
    - Grazie per prima, Montblanc.- avrebbe detto, ringraziandolo con un cenno. Forse nemmeno avrebbe capito a cosa si riferiva, non gli importava. Allo stesso modo avrebbe salutato i presenti, anche lì soffermandosi qualche secondo su Akari ed Evan con lo sguardo. Si sarebbero rivisti a Radiant Garden, per forza di cose. La guerra purtroppo non era finita, e c'era ancora troppo da fare…
    Sospirò, ancora una volta.
    Perché non poteva uscire dalle scene, proprio come voleva fare tempo prima…?
    Non che credesse davvero di avere scelta, alla fin fine.
    - Allora vado.- li salutò un'ultima volta, dopodiché entrò nell'Oscurità e scomparve.
     
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    Aveva cercato di ritardare quel momento di sofferenza il più possibile. Conosceva le persone, perlomeno - sapeva quanto fosse facile per alcuni raggiungere un punto di rottura. Aveva visto bravi guerrieri ridursi a fantocci inermi quando le loro certezze crollavano, divenendo preda facile per gli Heartless. Non era quello il momento di fare una simile rivelazione, non quando qualche mostro avesse deciso che era l'ora dello spuntino, e diciannove Keyblader e due combattenti sfiniti erano un buffet appetitoso e facile da raggiungere; nonostante quello che avevano vissuto fosse solo un sogno, Evan si sentiva stanco come se quei combattimenti li avesse fatti davvero, gli facevano pure male le braccia nei punti in cui Pitioss lo aveva trattenuto. La magia, i sogni, tutto funzionava in modo così peculiare nel loro Sistema che non si sarebbe meravigliato più di tanto, qualora si fosse accorto che sulle braccia, laddove era stato trattenuto da quei potenti tentacoli oscuri, ci fossero delle cicatrici.
    Per via della generale stanchezza e delle condizioni di Noctis, non potevano stare lì, ma l'uomo che era tornato con Fate era di tutt'altro avviso e aveva deciso di rivelare tutto subito.
    Le prevedibili reazioni lo spinsero a guardarlo con disappunto per un secondo. Era proprio questo che voleva evitare: gente disperata, col volto tra le mani o che si infuriava chiedendo spiegazioni, nel bel mezzo di un luogo infestato da Heartless in frenesia famelica. La presenza di così tanti Keyblader non poteva non incuriosirli, e non aveva idea di quanto tempo ci avrebbero messo a smettere di considerarli con preoccupazione ed iniziare qualche timido attacco per stancarli ulteriormente - qualche minuto, al massimo mezz'ora. Erano mostri imprevedibili.
    Le sue orecchie sembrarono incapaci di sentire tutti quei suoni. Arrivavano ovattati, attutiti, come se stesse ascoltando il tutto con le mani a coppa su di esse - ma in realtà, le mani erano lasciate a penzolare accanto alle cosce, inerti come tutto il resto di lui, che fissava ciò che accadeva di fronte ai suoi occhi come se stesse succedendo da tutt'altra parte. Non poteva fare niente per placare il loro dolore? Possibile che non avesse parole rassicuranti, lui che era sempre stato indicato proprio per la sua capacità di parlare? Cosa c'era, nei suoi pensieri, che stava bloccando tutto?

    Si voltò verso Akari, che fece una domanda forse ironica. Era stanca quanto lui, visibilmente stressata da quella situazione, e anche lei palesemente ansiosa di levarsi di torno. Dubitava che chiunque volesse rimanere lì ormai, dopo tutto il casino che era successo; quanto ai Dandelion, era più probabile che non avrebbero mai più voluto rimettere piede nel Cimitero dei Keyblade. Spuntavano altri nomi, intanto. Nomi che però non arrivavano alle sue orecchie, si fermavano prima. Si sentiva saturo. Esausto. Voleva solo sprofondare da qualche parte e dimenticarsi del mondo per qualche ora.
    Ma poi arrivò Fate, con la trasmittente. Erano stati tagliati fuori tutto il tempo, e anche il comunicatore al polso di Evan si era spento mentre erano a Pitioss. Non si era potuto aggiornare riguardo a tutto ciò che stava accadendo alla Cittadella, anche se avevano già anticipato che molto probabilmente le comunicazioni così lontano non sarebbero arrivate con facilità. Ma Fate non stava parlando della Cittadella. Stava gridando spaventato i loro nomi... e quello di Shibuya.
    Fastus aveva attaccato, di persona.
    Le informazioni erano troppe. Non poteva esaminarle ora. Doveva accontentarsi dei pochi messaggi mandati al suo comunicatore, la maggior parte di Aerith che spiegava di starsi dirigendo a Shibuya con Kairi e un plotone di soldati, oltre che a diversi Guaritori. Avevano allestito un campo a Miyashita Park, all'ingresso del quartiere, e Serena era andata in prima linea; ma poi i rapporti che riceveva diventavano troppi. Quel che sapeva era che Shibuya era stata salvata con enormi difficoltà da Basil e Kouichi, che avevano duellato con Fastus, mentre Nekibi e un Keyblader dalle sembianze di un gatto se l'erano vista con un mostro gigantesco che aveva devastato il distretto con una facilità spaventosa. Evan scorreva rapido tutte le immagini, cercando di carpire quante più informazioni possibili in quei pochissimi secondi di tempo. Nel tono di Fate c'era una determinazione che non gli piaceva, e lo sguardo che aveva era fin troppo simile a quello che aveva sfoggiato l'istante prima di lanciarsi in una carica suicida contro Sephiroth in persona. Il respiro di Evan accelerò, quando si rese conto che Ailani era arrivato ad Atlantis e stava facendo il mondo a pezzi senza troppa fatica.

    Si bloccò, ad occhi spalancati, fissando il vuoto sullo schermo. Le parole di Fate, piene di stupida avventatezza, lo raggiunsero forte e chiaro in mezzo alla bruma dei suoi pensieri. Stava già organizzando un gruppo di difesa con Keyblader stremati, deciso ad andare ad Atlantis seguendo le indicazioni di un video vecchio di ore. A giudicare dal numero di Heartless presenti anche solo da quel piccolo filmato, la città era già andata. Shibuya era salva per miracolo ed era sceso in campo Joshua in persona. Con il respiro sempre più accelerato, Evan si portò una mano tremante alla tempia. La testa gli pulsava.
    Quante ore erano mancati? Per quanto tempo erano rimasti chiusi lì dentro? La data diceva non troppo. Qualche ora, non di più, nient'altro che il tempo di una dormita. E in quel lasso di tempo, Atlantis era stata attaccata e probabilmente distrutta, l'attacco di Fastus aveva raso al suolo buona parte di Shibuya prima che riuscissero a fermarlo, non sapeva dove fossero Basil e Kouichi al momento e aveva perso ogni comunicazione con Antonio e il gruppo della Cittadella. In poche ore di assenza il Sistema stava bruciando.

    E lui?

    Ancora una volta era dove non doveva stare. La sua presenza lì non era servita a nulla, Akari era stata abbastanza forte e capace da salvare tutti da sola. Era arrivata anche a sigillare quel posto, prendeva iniziative, mostrava di avere una spiccata capacità per guidare e prendersi cura di quelle persone. Un idiota in armatura, ecco cos'era stato in quella missione. Un peso morto che per poco non condannava tutto. Aveva messo a rischio tutto il lavoro di Akari senza trarre nulla di utile per aiutarla, e all'uscita riceveva anche la dimostrazione di quanto avesse sbagliato.
    Perché Fastus era a Shibuya. Fastus. Il loro nemico, l'Unversed di Sora. Forse, se fosse stato lì, avrebbe potuto aiutare Basil e Kouichi ad affrontarlo, anche se non sapeva ancora come fosse andato lo scontro; e poi, cosa non meno importante in tutto quel caos, Fastus era il suo compito. Forse essere lì avrebbe contribuito a svolgerlo. Forse avrebbe trovato il modo di ridare a Sora un minimo di energie, o di togliere qualche altro legame a quel maledetto mostro che andava in giro con la faccia di una persona troppo buona per rendersi conto di quale cosa orrenda si nascondesse nel suo cuore.
    Invece era andato lì. Era stato inutile fino alla fine, e l'unica cosa che era stato in grado di proporre era una pericolosa scommessa sulle vite di Ged e Fate - qualcosa che forse non gli avrebbero nemmeno mai perdonato. E tutto questo, mentre Akari arrancava nelle tenebre di Pitioss, cercando di afferrare il senso egli enigmi che venivano posti e superando tutte le difficoltà che le si paravano dinanzi con determinazione e serietà. Era nel suo posto, in quel momento. Molto più di lui.
    Perduto in quelle tenebre, non aveva fatto altro che far crollare il Sistema...
    "No, Fate..." cercò di dire, ma già alcuni Dandelion avevano deciso di unirsi a lui. "Non..." cosa? Cosa non avrebbe dovuto fare Fate, in quel momento? Non aveva fatto altro che mettersi in pericolo, ed Evan ne ricordava anche la ragione, sebbene ricordasse anche come Fate avesse promesso, più o meno, di fare più attenzione, di non essere più così avventato. Voleva fermarlo, ma riuscì solo a rimanere con una mano tesa verso quel varco oscuro, nessuna parola gli usciva dalla bocca.
    Fate era... lontano. Come tutto e tutti.

    "Ged, aspetta, portati qualcu-" stavolta strinse il pugno mentre parlava, con rabbia frustrata e trattenuta a malapena. Non era tipo da sfoggiare autorità, odiava farlo. Eppure nell'arco di un paio di minuti era stato ignorato praticamente da tutti quanti e ognuno aveva fatto quel che gli pareva, una separazione caotica e pericolosa. Fate poteva star andando dritto verso una trappola; il messaggio di Ailani poteva essere un'aperta provocazione, e in quel momento poteva star consegnando se stesso, tre Dandelion e il successo del suo Compito a Fastus.
    Doveva riprendere in mano la situazione, anche solo in parte. Si voltò verso gli altri, indicando la nave.
    "Staremo un po' stretti, ma sarà un viaggio breve almeno." disse rivolto ai Dandelion rimasti. "Portiamo Noctis a bordo, partiremo subito. Chiederò a Merlino se c'è un modo per sigillare questo posto." aggiunse verso Akari. Ma non le sorrideva di rimando, non sembrava neppure che la stesse guardando davvero. Si vergognava, della sua inutilità e della sua incapacità. Aveva sbagliato tutto. E altra gente era morta per le sue decisioni sbagliate.

    Avrebbe avviato la nave una volta che fossero saliti tutti quanti, impostando la rotta per Shibuya. Noctis sarebbe stato fatto mettere sul letto, il più comodamente possibile, tenuto sott'occhio da chiunque volesse; mise a disposizione la dispensa per chiunque volesse mangiare qualcosa, e lui si mise al posto di guida, continuando a pensare... elaborare. C'era tanto da esaminare in quel lasso di tempo, e continuò a rivedere filmati dell'accaduto, seguire le repliche dei notiziari, leggere i rapporti dei soldati... non chiuse occhio, avrebbe giusto lasciato che Akari si mettesse accanto a lui se voleva, ma senza spiccicare una parola.
    Doveva capire. Doveva sapere cosa stava succedendo nei Mondi in sua assenza. Non c'era niente su Atlantis, era un mondo antico, isolato, che accoglieva pochissimi stranieri; e non c'era ricezione nemmeno dalla Cittadella, una calma piatta e totale. Non si sapeva niente di nulla, ed Evan poteva solo continuare a riesaminare quello che sapeva di Shibuya. Basil e Kouichi che combattevano Fastus, Nekibi e il gatto Keyblader contro quel mostro, un uomo fin troppo simile a Gillian che urlava incitamenti a Shibuya su un palazzo, draghi che volavano nel cielo, strani figuri in armatura...
    Tutto quel caos, e lui non c'era stato. Nel momento in cui l'Esercito di Sora avrebbe avuto più bisogno di lui in quanto Comandante, si era rintanato in una grotta dimenticata nei secoli fingendo di essere d'aiuto a qualcuno che non aveva per niente bisogno della sua presenza. Il suo compito in quella faccenda si era esaurito nel momento in cui aveva preso la lanterna, avrebbe solo dovuto portare le informazioni, non proporsi per accompagnare Akari. Era stato un impeto romantico? Protettivo? Akari era forte e capace da sola. Non aveva bisogno di lui.

    Nessuno, in effetti, aveva davvero bisogno di lui. Nemmeno Sora.

    La vita infelice da cui dicevi di avermi sottratto...

    Trattenne le lacrime. Trattenne il livore. Trattenne il senso di odio e rabbia verso se stesso per essere stato sconfitto da Pitioss, per tutte le certezze che erano crollate dentro di lui. Per la realizzazione di non essere stato mai così solo, così lontano da tutti coloro a cui teneva. Il Comandante di Radiant Garden... e che Comandante che era.
    I mondi meritavano di meglio. Akari meritava di meglio. Nate meritava un padre migliore.

    Avrei voluto vederla.


    Forse...


    Forse non era poi tanto male...
     
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