La Notte dei Desideri

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    Come detto, l'apprezzamento per le reali forme della partner è reciproco e quasi tangibili, nel suo fare regale e da perfetto cavaliere. Una galanteria che potrebbe quasi stonare invero, per chi lo conosce bene... ma tipica di un Dragoon servile per le cariche più alte e magistrali della sua patria. Contro Grimm... ha mostrato il lato più selvaggio e guerriero di sé, cosa che oggi potrà mettere da parte in favore del Burmesiano più “sdolcinato”, per così dire, che spesso e volentieri gli piace essere e rappresentare. Qualcosa che comunque non avrà vita eccessivamente lunga, ben comprendendo l'indole altrui più leggera e meno pomposa rispetto ai veri e propri nobili dei vari mondi, ad iniziar da quello strano rimarcar del minimo ritardo commesso dal Rainfell.

    - Uuuh... - Ok, per un momento si sta realmente preoccupando, è così dannatamente seria! Ma non durerà troppo la cosa fortunatamente, facendo tirar al giovane un leggero sospiro di sollievo. Troppa tensione rischia di arruffargli il pelo dopotutto! - Phew... Non hai mai partecipato ad un evento del genere? - La curiosità diverrà immediatamente genuina e spiccata nei suoi confronti, a differenza del solito “parlare per far dialogo”, la volpe si dimostra realmente interessata alla sua storia e a ciò che ha passato finora, ammorbidendo di pari passo il registro per farla sentir maggiormente a suo agio. - Sono piacevoli... se hai una buona compagnia, almeno. E poi è un evento allargato a più mondi... potremmo incontrare qualcuno di interessante! -- Insomma, vede i pro ed i contro dell'intera situazione... e solo dopo qualche secondo si rende conto di aver sentito qualcosa di strano da parte sua, aggrottando vistosamente le sopracciglia verso la donna. - Wait. Net-what? - E dire che si stava impegnando per non farsi sfuggire nuovamente la lingua straniera, colto completamente alla sprovvista da quel nome!

    Finiti i convenevoli, l'approccio alla vera e propria Sala da ballo... lo lascerà particolarmente di stucco, avendo assistito di rado a tanta sfarzosità in vita sua. Persino lui sembra apparire piuttosto fuori posto e non abituato a tale lusso in fin dei conti, una sensazione che in parte condivide con lei. Ma a differenza dell'umana, le cerulee iridi si soffermano in primis sui vari invitati presenti, appartenenti davvero ad ogni categoria e registro proveniente da ogni mondo possibile e a lui del tutto sconosciuto. Alieni di ogni tipo, persone native di chissà quale angolo d'universo... e persino degli strano esseri meccanici e senza odore, che quasi non recepisce come viventi a primissimo impatto. Chi diamine ha tutti questi Munny per un qualcosa di così massiccio ed influente? Non ne ha idea... ma dai vari invitati, gli occhi volpini torneranno presto su quelli dell'Ackerman, notando piuttosto facilmente il turbinio di emozioni che si insinuarono in lei. Non tanto l'imbarazzo del ballo eh, da quello OVVIAMENTE non si sarebbe salvata! Ma più per il resto... e difatti strinse un poco poco di più la presa reciproca del duo, con il solo scopo di farla sentire maggiormente protetta e compresa. - È un bel posto. Ma come ti senti? You're not... overwhelmed, are you? - Da feroce demone bianco di Hallowee Town, a premurosa palla di pelo esclusivamente tutta per lei, ignorando vistosamente come lei possa essere una guerriera a sua volta, o un'assassina, o qualunque tipo di esperta di tattica possibile. No: quest'oggi, è semplicemente Risa, con Kurama che le farà da cavaliere, con tutto ciò che questo comporta.

    - A Burmesia... forse solo il castello del Re era paragonabile a tutto questo, sai? - Uno scorcio del proprio passato che condivide senza indugio, rivolgendo adesso un'occhiata più tentata verso la tavola imbastita, qualcosa che effettivamente attrae anche lui... almeno, per i sicuri stuzzichini di carne che potrà trovarci. Dolci vari li lascia senza indugio a chi vuole, non sono il suo forte! -But I like this as well. Conosci qualcuno per caso?- Una genuina curiosità per farla sciogliere ed ambientare, il primo passo per convincerla, pian piano, a spingerla ad essere sempre più aperta e libera. Specialmente quando con il capo punterà proprio il banchetto, con uno smagliante sorriso sul muso. - Forse... dopo la invito a ballare, Signora Ackerman. Ma vuole mangiare qualcosina prima? - Solo l'ultima battuta del momento tornerà educata e cortese, un innocente gioco per strapparle, spera, un ghigno più marcato.
     
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    Quella serata le stava risultando molto più stressante di quanto potesse immaginare, sentendosi terribilmente tesa per qualsiasi facesse o dicesse, con il terrore di finire in gaffe come quella del ritardo, come se quei due minuti fossero così essenziali per lei. Sicuramente, si fosse trattata di una missione, la situazione sarebbe stata completamente diversa, e lì sì che un leggero ritardo avrebbe potuto cambiare le carte in tavola. Ma quella non era una missione, e ancora faticava a credere che tutta la sua vita non si basava più su missioni per il suo Maestro, o per Doofenschmirtz. Poteva vivere la vita che più preferiva…
    E la cosa le metteva una tale ansia che faticava a respirare.
    - Oh no no, ci ho partecipato più volte… Ma mai come una normale… Uhm… Cittadina? Era sempre per una missione di spionaggio… oppure- ma comunque, entriamo su - interruppe bruscamente il discorso, non volendone chiaramente parlare, non così dinnanzi a un’entrata almeno. Le era ancora difficile parlare liberamente del suo passato, a stento riusciva a spiccicare parola con Mikasa, sua sorella, figuriamoci con uno ancora a lei sconosciuto. Non che non si fidasse della volpe lì presente, semplicemente non riusciva ancora ad aprirsi con tutti.
    - Netflix - ripeté, dando per scontato che chiunque viaggiasse fosse a conoscenza di quella piattaforma. Però ora che ci pensava, non tutti venivano sempre da un mondo all’avanguardia - Oh giusto… Non vieni da un mondo moderno vero? - chiese poco prima di iniziare a salire le scale, voltandosi sinceramente incuriosita da Kurama.

    L’entrata in quell’enorme sala fu una cosa del tutto nuova per lei. Certo, non era la prima volta che aveva a che fare con la dimora di un nobile, ma di certo nessuno raggiungeva un simile sfarzo. Era veramente enorme, e lei così piccina lì in mezzo. Forse non faceva proprio al caso suo stare in un posto del genere, non aveva il benché minimo controllo su quello che stava accadendo attorno a lei, come avrebbe potuto tenere la situazione sotto con-
    Si punse il palmo della mano con le sue stesse unghie, cercando di darsi una svegliata. Non era più a 2D Tri-State Area, doveva davvero smetterla!
    Kurama la colse alla sprovvista, voltandosi verso di lui visibilmente confusa e non capendo inizialmente di cosa stesse parlando, per poi collegare e scuotere la testa, facendo un flebile sorriso.
    - Oh, no no, tranquillo - ingoiò a vuoto, staccandosi un attimo da lui e guardandosi attorno, con fare assente. Non sembrava minimamente interessata a vedere chi effettivamente c’era nelle vicinanze, sembrava più una tattica per distrarsi da chissà cosa - Anzi. In realtà… Un po’ sì - ammise, scrollandosi subito le spalle - Non è la prima volta che visito un posto del genere, ma diciamo che i “nobili” del mio mondo non raggiungono simili livelli. Mi sento un po’… Un pesce fuor d’acqua, capisci che intendo? - confessò, rivolgendo il suo sguardo prima verso Kurama, spostandosi subito dopo a osservare il buffet. Al momento era l’unico posto che le risultava abbastanza ”safe” per i suoi standard.
    - Uhm, no non mi pare di vedere qualcuno di cono- come non detto - destino volle che in quel preciso istante la sua vista si era fatta più attenta, scovando in mezzo a tutta quella gente due volti ben conosciuti: Eren e Jean. Corrucciò la fronte; strano che non fossero lì con anche Mikasa, li vedeva spesso e volentieri assieme, soprattutto col primo. Ora che ci pensava però, forse non era quel tipo di ragazza interessata a cose simili, un po’ come lei - Sì, giusto un paio laggiù, ma li reputo più dei conoscenti, credo - non sapeva nemmeno se avrebbe fatto a loro piacere di vederla lì. Ok, Eren le aveva comunque dato una mano a scegliere un vestito per quella sera, ma ancora non sapeva bene come comportarsi con loro. Se mai avrebbero ricambiato il suo sguardo, probabilmente si sarebbe limitata a fargli un fugace cenno con la mano, per poi dargli nuovamente le spalle. Sicuramente, il disagio che lei provava in loro compagnia doveva essere ricambiato.
    - Co-Cosa?? Ballare? Scordatelo - divenne improvvisamente rossa in volto, il suo sguardo che andava prima dal cibo e poi su di lui, per poi sospirare - Niente ballo, piuttosto ti aspetto fuori - aggiunse, per poi dirigersi verso il buffet. Il primo piatto che le capitò a tiro se lo prese, riempiendolo di roba fino a creare una cupola, stranamente ignorando gli sguardi indiscreti soprattutto delle signore lì presenti. Si mise poi da una parte e, in un sol boccone, strafogandosi di involtini di non aveva idea di cosa, ma se non altro squisiti. Cavoli, veramente buoni! Senza nemmeno accorgersene li aveva già finiti.
     
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    Lei, un pesce fuor d'acqua. Lui... pur in un mondo sconosciuto e nuovo come quello attuale, sembra ritrovarsi effettivamente e finalmente... a casa. In una zona a lui familiare e congeniale, come se stesse solcando nuovamente il manto perennemente bagnato di Burmesia, con al passo una damigella d'onore della sua stirpe per uno dei classici balli della sua gente. Forse è per questo che, agli occhi di Risa, la volpe potrebbe apparire estremamente... a suo agio, rilassata e tranquilla pur in un evento così peculiare e altolocato come quello. E deve ammettere che c'erano davvero tutti i tipi di persone, là dentro! Dai regali ai comuni viaggiatori, dalle creature uniche come lui a... a delle vere e proprie macchine artificiali? Solo verso di loro sembra soffermarsi per più di qualche attimo, aggrottando la fronte come se nemmeno li comprendesse. Non sono vivi, non hanno odore alcuno, ma allora perché... danno l'idea di essere vere e proprie persone?

    Un dubbio naturale e istintivo che lo rapisce solo per pochi secondi, prima che l'umana lo riporti con le zampe per terra, volendo soddisfare alcune sue curiosità e quesiti. - Ah... yes. The realm of the Eternal Rain, Burmecia. - Solenne nella voce, estremamente orgoglioso e fiero della sua patria, ogni volta che ha modo di accennarla o parlarne. Al punto da aver un muso quasi nostalgico a ripensare alle proprie origini, dando uno sguardo vago e curioso alla struttura della sala stessa. - Questo posto, questo evento... mi sembra di essere tornato a casa, almeno per una notte. - Una risposta implicita allo stato del suo piccolo pianeta, a sua volta regale e dai grandi sfarzi antichi e ben mantenuti nella tradizione. Non troppo moderno, seppur sulla via del miglioramento grazie alla MagiTek, ma Kurama è un limpido esempio vivente di cosa ci si possa aspettare dai Burmesiani del giorno d'oggi.

    Le memorie di casa non dureranno comunque a lungo, non a fronte della piacevole serata che intende passare in compagnia della giovane, vedendo in lui una qualcuno che intende supportare e forse anche un po' sbloccare, a giudicare da come si rifugia verso il cibo del buffet, piuttosto che accettare la richiesta del Dragoon. Ci dovrà arrivare per gradi, sicuramente, ma noni vuole lasciar “correre via la sua preda”. O per meglio dire, desidera farle compiere un passo in più alla sua apertura ad una vita più comune, libera... normale; da quel poco che per ora ha chiesto su di lei, dopotutto... sa solo che è una sorta di ex-spia, nulla di più. Non proprio un lavoro che ti rende estroverso o amichevole sulla carta, insomma. - Risa... - Un sussurro quasi inudibile, premuroso per lei, lo porterebbe ad affiancarla poco dopo la “razzia” di cibarie, vedendola riempire un piatto senza battere ciglio. Qualcosa che presto emulerebbe parzialmente, raccattando un piattino per prendere dei bocconcini rustici di carne e pane fritto, qualcosa che di norma divorerebbe senza ritegno ne grazia alcuna. Per oggi si limita a mangiarne di gusto due alla volta, ma il focus rimane la donna, volendo raggiungerla in quel posto un poco poco più appartato.

    - Devo ammettere che sono molto buoni comunque, hehe. Questi non ci sono nel mio mondo... non ho mai capito come si chiamano. - Un piccolo metodo per rompere il ghiaccio, mostrando per l'appunto ciò che ha recuperato dal tavolo. Ben presto, il sorriso cordiale scema a metà, lasciandosi andar ad un sospiro più profondo per lei. - I'm sorry. Non volevo... metterti a disagio. Non... riesco nemmeno a immaginare come fosse la tua vita, in passato. Tutto questo per me... è quasi normale, ma per te... era una favola, vero? - Sincero e diretto, anche nel quesito, ritrovandosi a conti fatti un po' insicuro sul come darle una mano, senza che scappi nuovamente. Sta seguendo unicamente il proprio istinto ed il proprio cuore, senza sapere dove esso lo porterà... o se sarà la scelta giusta per loro. - Una favola... di cui ora sei partecipe. Nessun obbiettivo da seguire, nessun ordine o scadenza da rispettare. You're free, you know? - Il tono è confidenziale, incoraggiante, riflettendo la propria vita militare, di stampo medievale, su quella altrui ben più moderna e differente, ma forse non eccessivamente differenti su questo aspetto. Tant'è che lentamente si appoggerebbe a muro, invtando la donna a fare lo stesso, a... prendere la cosa con molta più leggerezza e spensieratezza, senza essere troppo tesa. - But tell me. Ti va di... dirmi come ti senti, realmente? Cosa ti spaventa? Just... you and me, senza nessuno che conosci che lo verrà a sapere. Parola di Burmer! - Le note finali appariranno più giocose, più leggere, sperando di avvicinarsi un po' di più a far schiudere l'animo dell'altra. Con tanto di gesto di zip chiusa sul muso!
     
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    Dire di sentirsi un pesce fuor d’acqua era un eufemismo, rispetto a come si stava sentendo in realtà. Non le erano mai piaciuti posti con troppe persone, eventi del genere non le erano mai minimamente interessati, e nemmeno si era mai effettivamente ritrovata a poter scegliere di andarci di sua spontanea volontà. Per lei, una serata perfetta poteva tranquillamente essere una serata passata a leggere un libro, a guardare un film o a fare una passeggiata per i fatti suoi. Ora che ci pensava, i suoi momenti preferiti erano quelli passati principalmente in solitudine, o se proprio proprio, in compagnia di sua sorella. Entrambe persone di poche parole, non a caso tutto quello che stava dicendo a Kurama erano un eccezione, capace che in tutta la sua vita non si era mai ritrovata a parlare così tanto… Eppure quella volpe tirava fuori un lato di lei con addirittura la parlantina, sembrava spingerla a uscire dal suo castello e a parlare, molto di più del solito.
    Lo osservò descrivere con estremo orgoglio il suo mondo di origine, e Risa non poté fare a meno di osservarlo con un flebile sorriso, in silenzio. Anche lei voleva essere così orgogliosa come lui, ma purtroppo 2D Tri-State Area era diventato tutt’altro che un posto accogliente. E se prima pareva essere un posto tranquillo, ora non era nient’altro che un mondo da evitare come la peste, pericoloso per chiunque ci mettesse piede e con un grosso cartello rosso su tutte le mappe di tutte le gummiship sulle quali era salita finora.

    Il suo totale disagio la portò a sfrecciare verso il buffet, compiendo quella che agli occhi di tutti gli altri presenti poteva risultare una razzia di cibo, scorrendo con le dita senza ovviamente toccare tutti i piatti presenti e prendendo un po’ di cose a caso, tanto per riempire e abbuffarsi. Se c’era una cosa che non la differenziava dal resto degli esseri umani, era proprio quello: trovare assoluta tranquillità mentre era occupata a mangiare e a godersi il cibo. Finora non aveva mai avuto l’occasione di “godersi” del sano cibo, i pasti mentre era a 2D Tri-State Area erano ben studiati e perfettamente bilanciati in quanto bisogno di energie, ma spesso e volentieri mancavano di gusto, non c’era quel tocco che rendeva il piatto squisito o piacevole al palato. E ogni tanto quell’abitudine le tornava quando si faceva da mangiare, ma ora che aveva davanti un ben di Dio, non poteva non approfittarne.
    Sentì Kurama alle sue spalle leggermente preoccupato per quel suo repentino cambio di approccio alla festa, ma Risa finse di non sentirlo, ringraziandolo per non aver indagato oltre per il momento e averla semplicemente lasciata fare. Si era un attimo allontanata dal tavolo per iniziare a mangiare senza sé e senza ma, dando momentaneamente le spalle alla volpe. Non appena questi spiccicò parola però, Risa si girò di scatto, le guance piene e tondeggianti come quelle di un criceto, guardandolo per un attimo con gli occhi fuori dalle orbite.
    Oh mer-
    Si portò una mano davanti alla bocca, finendo di masticare in assoluto silenzio e buttando giù a gran fatica. Ne aveva preso talmente tanto in un’unica volta che il passaggio lungo l’esofago fu doloroso, talmente tanto doloroso che gli occhi si fecero leggermente lucidi, ma riuscì a sopportare giusto al pelo, prendendosi qualche attimo per riprendersi.
    - … Non saprei se definirla una favola - disse sincera, prendendo uno dei bicchieri che uno dei camerieri stava portando in giro e buttando giù il contenuto in un sol sorso. Era qualcosa di alcolico, anche se non aveva idea di cosa. Oh beh, poco importante ormai.
    Le parole di Kurama colpirono come un macigno, fermandola dal mangiare e guardando nel vuoto davanti a sé, assente. Svariati ricordi iniziarono a girare davanti ai suoi occhi, dalla nascita di Mikasa fino al primo incontro col Maestro, oppure della missione ad Halloween Town, o quella a Symphony of Sorcery.
    Sei libera.
    Il petto iniziò stranamente a farle male a quelle parole, portandosi inconsciamente una mano all’altezza del cuore e stringendo la camicia sottostante, ingoiando a vuoto. Le era stato ripetuto da Mikasa, un po’ di tempo dopo persino da Eren, e ora anche lui. Le faceva incredibilmente strano pensare che sì, ora era davvero libera, ora non aveva più nessuno sopra di lei, non vi erano più regole da seguire, missioni da compiere, ordini da portare a termine.

    Eppure non poteva far a meno di sentirsi incredibilmente vuota senza di essi.

    Una vita passata a eseguire ordini e basta, senza farsi troppe domande. Cresciuta con quell’ideologia, senza possibilità di scelta, senza una vera e propria libertà di pensiero. Fino ad ora aveva sempre visto il suo team come un’unica famiglia, il suo Maestro come un nuovo padre… Ma erano davvero una famiglia? Nessuno ma proprio nessuno aveva più tentato di contattarla, nemmeno uno oltre a lei che si era più rifatto vivo, persino il suo Maestro era totalmente scomparso. Pensava fosse normale, che Doofenschmirtz stesso gli avesse ordinato di non entrarci in contatto per preservare la massima segretezza… Ma ora che ci pensava, era davvero quello il motivo? Forse era molto più plausibile il semplice fatto che quella fosse stata una scusa per far scappare tutti loro e dargli una possibilità di vivere la loro vita, con la stupida scusa che era per il bene della missione. Capace che fosse ormai stato giustiziato da tanto tempo, non avendo più portato risultati e non essendosi più fatta viva. O forse era ancora vivo, e anche lui era riuscito a scappare…?
    Sospirò, scrollando le spalle e posando il piatto ormai vuoto su di un tavolo, guardandosi attorno come a volersi assicurare che nessuno li stesse ascoltando, per poi fare cenno a Kurama di seguirla un attimo. Non le piaceva stare in mezzo a tutta quella gente, e parlare di cose così private non lo avrebbe sicuramente fatto in mezzo a un pubblico. Si sarebbe diretta verso l’enorme balcone del castello, facendo intendere alla volpe che aveva un forte bisogno di aria fresca e di quiete per potersi effettivamente aprire, per poter parlare di certe cose. Se l’avesse seguita, si sarebbe voltata verso di lui, evitando volutamente il suo sguardo, cercando un modo per iniziare un simile discorso, trovandolo estremamente difficile, ma forse questa era la volta buona che riuscisse a parlarne con qualcuno. Nemmeno Mikasa stessa finora aveva mai saputo di quello che aveva passato, quindi non era un argomento per niente facile da gestire… Ma forse Kurama avrebbe potuto darle effettivamente una mano?
    - … Da dove inizio… - per un attimo si strinse nelle sue esili spalle, grattandosi nervosamente la nuca - Vengo… Vengo da un mondo dove vi regna un dittatore. Ho vissuto in prima persona la sua conquista del governo e cosa effettivamente comportava essere sotto una dittatura, sia da un lato che dall’altro - un brivido percorse la sua schiena al ricordo dei suoi genitori giustiziati pubblicamente, e il ricordo dei loro colli rotti per poco non le fece tornare su tutto quello che aveva appena ingerito, ma riuscì a combattere la nausea.
    Quello era niente in confronto agli orrori che aveva visto per il “bene” delle sue missioni.
    - Per anni ho lavorato sotto questo dittatore, facevo parte di un ristrettissimo gruppo di spie… Degli assassini che lavoravano nell’ombra, per farla breve. Per quanto ci occupassimo di spionaggio, soprattutto negli ultimi tempi erano più richieste di ammazzare gente e fare interrogatori… Estremi, che altro - sentì gli occhi pizzicare e brucianti, ma riuscì a trattenere le lacrime che per poco non le solcarono le guance - Kurama… Tu non hai idea delle atrocità che ci sono state chieste di compiere, il tutto in assoluta segretezza, come se il popolo non fosse consapevole che fosse proprio quel…Bastardo, a dare simili ordini. Però vivevamo nel terrore, non potevamo ribellarci, anche perché se ci avessimo provato, essendo noi in primis a occuparci di simili “seccature”, non… Non oso immaginare che fine avremmo fatto - sentì incredibilmente quel peso alleggerirsi. Forse parlare di simili cose non sarebbe stato un problema ma anzi, la soluzione a tale problema.
    - Ma il problema non è stato tanto il farlo ai tempi… Ma il fatto che ne fossi convinta, che non me ne fregava niente delle persone a cui sgozzavo la gola senza ripensamenti, senza chiedermi chi fosse e se aveva una famiglia a cui tornare. Soltanto adesso sto capendo davvero le mie azioni, soltanto di recente ho compreso lo schifo che mi è stato detto di fare, e mi fa rabbrividire il pensiero che se mi fosse stato fatto notare già solo un anno fa… Avrei semplicemente ignorato tutto e avrei continuato - sospirò, sentendosi incredibilmente leggera dopo quello sfogo, ma anche vuota - E come è successo ad Halloween Town, ogni tanto quella Risa torna fuori, e ne ho il totale terrore, perché non ho il controllo delle mie azioni e non so cosa sarei capace di fare. Più volte mi è stato detto che oramai non devo seguire gli ordini di nessuno, e mi è chiarissimo il fatto che potrei anche mandare a fare in culo tutti quanti e semplicemente sparire… Ma in praticamente 12 anni della mia vita, non ho più sviluppato un carattere. Un manichino vuoto e pieno di stronzate che obbediva da bravo cagnolino, senza farsi troppe domande. Non ho uno scopo nella vita, non ho degli hobby né dei gusti: mi vesto perché devo vestirmi per non avere freddo, mangio perché devo nutrirmi, dormo perché devo recuperare le mie energie per il giorno dopo… E basta - attese una qualsiasi reazione da parte della volpe, come a volersi assicurare che fosse ancora lì e che la stesse ancora ascoltando.
    - Sto imparando soltanto adesso i piccoli piaceri della vita, e ringrazio il cielo di avere una sorella al mio fianco che non fa domande e non chiede troppe spiegazioni, perché sa, seppur vagamente, quello che sto passando, e quanto mi sia difficile parlarne. Solo che… Di questo dettaglio, di quel piccolo dettaglio che è successo durante la missione al villaggio… Non ne sa nessuno se non tu - cielo, non aveva mai parlato così tanto in vita sua, a momenti si sentiva la gola secca. Forse era anche stata colpa di tutto quel cibo.
     
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    Voleva solamente aiutarla. Farla parlare per sfogarsi in confidenza, priva della paura che qualcuno possa giudicarla o condannarla per quello che è accaduto in passato. Eppure, non aveva la minima idea che le cose potessero essere così... gravi, come ferite profonde che ancor non si sono rimarginate del tutto, ne è sicuro che possano farlo oramai. L'unica sicurezza di Kurama, in quel frangente... sarà la pura e cristallina volontà di supportarla e darle una mano, in qualunque modo possa farlo.

    Non la fermò in nessuna delle sue necessità, dandole tutto lo spazio di cui aveva bisogno: per mangiare, per isolarsi dalla folla, per avere un attimo di respiro senza pressioni o pesi per lei. Il Burmer rimaneva semplicemente li, accanto a lei, senza insistere ne spronarla più del necessario, mangiando a sua volta qualcosa di particolarmente buono dal Buffet del castello. Di norma avrebbe dato molte più attenzioni a vivande così squisitamente deliziose, ma anche quelle passano in totale secondo piano se paragonate alla giovane in crisi ed in difficoltà. L'unico momento di debolezza del lanciere è nel vederla stringersi il petto in quel modo, compiendo un singolo passo verso di lei, sollevando a metà altezza la mancina... e senza proseguire, volendo solo accertarsi che stia bene. Forse l'aver buttato giù dell'alcool in quel modo potrebbe averle fatto male, pensò in un primo momento... ma la verità non tardò ad arrivare, tetra e dura in tutta la sua crudele essenza.
    Con un semplice cenno del capo, accettò l'invito della ragazza a raggiungerla direttamente sul balcone del castello, un posto molto più isolato e tranquillo rispetto all'interno, come se fossero entrati in una bolla estranea a tutto ciò che li circondava. E qui... non interruppe il suo aprirsi in nessun frangente, rigorosamente silente ed attento a ciò che voleva condividere.

    Aveva intuito che avesse subito un passato non facile, ma ciò che scoprì da lei era ben diverso da qualunque cosa potesse immaginare. E tutto d'un tratto si stava fortemente pentendo di aver esibito con così tanto orgoglio i fasti della propria patria, finendo per stringere con particolar foga la prima mancina, più nascosta rispetto alla destra, quasi a farsi male con i piccoli artigli ferini presenti. Ne riusciva a trattenersi bene nel comprendere come rischi di rimanere una creatura del tutto vuota, rispondendo con un implicito sospiro dispiaciuto e coinvolto da tutto quel racconto.
    Che cosa poteva mai far lui, un viaggiatore che si era lasciato alle spalle la propria casa per vagabondare e vivere libero, inseguendo i propri sogni ed ambizioni? Non aveva vissuto un'esperienza come la sua, non riusciva nemmeno a comprenderla, perché lui stesso probabilmente sarebbe impazzito o avrebbe compiuto qualche follia sicuramente suicida pur di non sottostare a quel regime. Ma anche solo questa idea era con tutta probabilità sbagliata, nata da una mente gioviale e cresciuta in un mondo quasi utopico per molte popolazioni, a differenza di una che non aveva conosciuto altro che quella realtà.
    Voleva solamente... abbracciarla. Farla stare al sicuro. Farle comprendere che tutto quell'orrore oramai era passato e doveva essere dimenticato... ma non era facile farlo. Non era mai facile, farlo. - Io... - Un nuovo momento di silenzio, era palese come volesse dir qualcosa, qualunque cosa per aiutarla, ma non era affatto facile farlo, ne sapeva da dove iniziare. Secondi infiniti nella loro semplicità, avendo persino il timore che potesse fuggire da un momento all'altro, se non avesse posto le dovute attenzioni alle parole. Ma d'altro canto... rimuginarci troppo era più un danno che altro, e solo una cosa gli riusciva realmente bene: parlar senza riflettere, con il cuore mano.

    - Io... non posso dire di... capire, o anche solo imagine... cosa tu abbia passato, hai ragione. - Con un lungo sospiro sciolse finalmente quel piccolo fascio di nervi, lasciando che i propri sentimenti uscissero liberi ed inalterati. - Ciò che hai subito, ciò che hai... fatto, è stato... terribile. It's true. - Non può negare che una piccola parte di sé sia... se non intimorita, decisamente rattristata dalle vite che l'altra ha spezzato nel corso degli anni. Se c'è una cosa che Risa può già ben dire di Kurama, è come tenga a risparmiare il più possibile anche i suoi avversari, fintanto che non siano del tutto irrecuperabili e corrotti fino alla fine. Ma tali parole non suonano come un giudizio verso di lei... tutt'altro. - Quel che so e che posso dire, però... - E qui, lentamente, terrebbe lo sguardo ceruleo ed intenso su quello altrui, senza inflessioni od incertezze. Come se rappresentassero le emozioni e la volontà stessa del Dragoon. - È che tu, oggi... you're not “that Risa” of the past anymore. Non sei più un'assassina, ne un mostro, ne altro di negativo. Tu, oggi... non sei solo libera, sei... la persona che realmente vuoi e desideri essere. Gioviale, allegra... mangiona, forse un po' imbranata... curious for the worlds ed in prima linea per proteggerli, come hai fatto ad Halloween Town. - Pian piano che parla, il suo tono si faceva più morbido e tenero. In quel flusso di pensieri liberato come una diga in piena, non cela nemmeno dei piccoli momenti più leggeri ed allegri per strapparle un sorriso, ripensando a come si sia quasi strozzata al banchetto precedente, o come sia adorabilmente rossa alla proposta del ballo. Ma ha dato peso ed enfasi agli ultimi meriti, ben importanti e prova fondamentale di come il Burmer creda in lei. Anche se si conosco da relativamente poco, o hanno fatto “solo” una missione insieme... sono cose istintive che può dire con certezza. - Non ho forse ragione? Ricordo bene come eri in pensiero per Shinichi e Yonah, or how mad you were with Kesmit. Non hai voluto nemmeno mentire sul Carro che ho, uh... s-su quel carretto, ecco. - Già, QUEL famoso carretto che non doveva decisamente abbattere. Ma era una situazione d'emergenza e glisserà rapidamente sul discorso, avendo ben altro di importante a cui pensare. - So... -

    E qui... si fermerebbe nuovamente per una manciata di attimi, lasciandosi sfuggire un leggerissimo ghigno ed un nuovo sospiro... mentre compirebbe un passo in più in sua direzione, lentamente. - Non è vero che sei una persona vuota. Sei molto, molto più di buon cuore di quanto tu non creda. E non esiterei a fidarmi di te, o nel mettere la mia vita nelle tue mani, if we will come to that. - Forse incautamente, forse inaspettatamente... sarà qui che il Rainfell vorrà compiere un vero e proprio gesto d'apertura in più verso di lei, volendo abbracciarla delicatamente e per intero, offrendole un angolo sicuro dove potrà anche sfogarsi, urlare o anche piangere, se accettasse questo segno da parte sua. Il suo modo personale per poter esprimere al meglio i sentimento è questo, sperando che comprenda definitivamente che non la veda affatto come un mostro e basta. - What happened in the past... rimane al passato. Sei tu... e soltanto tu a decidere per il tuo futuro adesso, non permettere agli spettri di rovinartelo. - Un mormorio appena accennato per lei, continuando a parlar sia che abbia accettato la vicinanza che non, non volendo imporsi se avesse chiesto alla volpe di trattenersi. - E anzi, se vorrai... rimediare a ciò che è successo, sappi che non sarai da sola. Ti basta una singola richiesta e verrò ad aiutarti, to fight this evil lord together. -

    Non era la miglior persona alla quale riferirsi per questi momenti difficili, ma non voleva tirarsi indietro in nessun caso. E per aiutare qualcuno come Risa, avrebbe davvero posto la Lancia al suo fianco per rovesciare un'intera dittatura, incurante di quanto questo potesse essere difficile o apparentemente impossibile. In tutto il discorso, sperava che risultasse chiara e limpida la sua totale onestà verso di lei, non nascondendo nulla ne esagerando o limitandosi nelle parole. Tant'è che, in battuta finale, distaccò un minimo il muso da lei, volendole rivolgere un sorriso più sereno e gioviale a sua volta. - As I already said... non dirò a nessuno cosa è successo al villaggio. Be yourself and be free with me, my dear... friend. -

    Un'amica, così la considerava, senza incertezze o dubbio alcuno.
     
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    Apprezzò tantissimo che Kurama non fece troppe domande sulle sue condizioni, accettando il suo semplice e banale disagio nello stare in mezzo a così tante persone vestite così elegantemente e lasciandola che si sfogasse sul cibo, in silenzio. Si accorse del suo attimo di preoccupazione quando fece incredibilmente fatica a mandare giù il boccone, ma riuscendo a salvarsi da una scena talmente tanto imbarazzante che probabilmente non si sarebbe più presentata in vita sua a quella festa.
    Apprezzò anche come, sempre senza proferire parola, la seguì sul balcone, mentre Risa si preparò mentalmente al discorso che di lì a breve avrebbe intrapreso. E così, come un fiume in piena, iniziò a sfogarsi. Le sembrò incredibilmente strano come con Kurama riuscì a entrare velocemente nel dettaglio, dettagli che nemmeno Mikasa era mai venuta a sapere. Forse per proteggerla o forse per semplice vergogna, fatto sta che finora mai con nessuno ne aveva parlato. Man mano che procedeva con la storia, le parole ormai le uscivano dalla bocca con una tale naturalezza che per un attimo diede la colpa all’alcol. E in tutto questo il Burmesiano attese in silenzio, ascoltandola e mantenendo uno sguardo incredibilmente serio. Già dai suoi occhi poteva comprendere che cose del genere non erano la norma dal mondo in cui veniva, e che per ovvie ragioni faticava a comprendere. Ma poco le importava, ormai aveva iniziato e non riusciva più a frenare la propria lingua, quindi semplicemente finì tutto il suo racconto. Sospirò una volta finito di parlare, le gambe le tremavano come delle foglie, trovando ben presto una panchina sulla quale sedersi e concedersi un momento di totale fragilità di fronte a una persona diversa dalla propria immagine riflessa allo specchio.
    Sentirsi dire in faccia che quello che aveva fatto in passato era stato effettivamente una cosa orribile, per un attimo la fece sentire un completo fallimento. Sgranò gli occhi, il macigno che sentiva sul suo cuore si fece più pesante che mai, eppure per un attimo aveva giurato di aver sentito una piccola crepa formarsi. Non riuscì ancora a reggere quel suo sguardo sincero rivolto direttamente verso la sua anima, limitandosi a stringersi le mani e mordendosi insistentemente l’interno guancia, chiudendo pian piano gli occhi.
    Era pronta a sentirsi giudicata per quello che aveva fatto, pronta a sorbirsi una qualche sorta di cazziatone da parte sua e riprenderla per non aver nemmeno cercato di combattere contro quel sistema così ingiusto… E invece, dalle sue labbra non uscirono che parole gentili. Talmente tanto gentili che quasi non ci era abituata, non vivendo di certo assieme a delle persone estremamente empatiche nei suoi confronti. Circondata da gente che aveva tentato di fare fuori, la cosa veniva ricambiata e ne sentiva tantissimo il peso, talmente tanto che alle volte le risultava difficile camminare per quei corridoi. Aveva avuto modo di dimostrare la sua fedeltà e il totale disinteresse nel tradirli, eppure quel velo di diffidenza nei suoi confronti probabilmente non sarebbe mai calato. Sapeva benissimo contro cosa sarebbe andata incontro alleandosi con loro, ma subirlo sulla propria pelle fu completamente diverso.
    Alzò per la prima volta lo sguardo, guardandolo negli occhi e guardandolo con sincera curiosità, trovandosi colta di contropiede da quelle parole, non aspettandosele di certo. Quelle parole la fecero quindi pensare, rimanendo a bocca semi aperta mentre il volto di Kurama si fece sfocato, la mente da tutt’altra parte. Lo stava guardando negli occhi, sì, ma non era veramente lì con la testa, motivo per cui non diede subito una risposta.
    Forse… Forse non aveva tutti i torti. Si era presa cura di Yonah e Shinichi perché inconsciamente li aveva collegati a sua sorella, a cosa avrebbe fatto se fosse rimasta al suo fianco, e non poteva fare a meno di proteggerli, per quanto già di loro fossero in grado di badare a sé stessi… Più o meno. Per Kesmit invece, per un attimo rivide quello che aveva fatto in passato, e di quanto questa cosa ora la facesse sentire in colpa con sé stessa. Non voleva di certo accadesse lo stesso con Kesmit, il quale inconsciamente aveva quasi fatto fuori delle persone innocenti con la sola colpa di essere controllati da un’entità superiore. Per un attimo le scappò una risata al ricordo della sua palese menzogna sul carro, scuotendo il capo al sol ricordo e chiudendo momentaneamente gli occhi.
    - Mai mentire su queste cose, piccolo Kurama. A volte la sincerità fa molto meno male di una stupida bugia - disse, sospirando subito dopo e appoggiando di malagrazia la schiena contro lo schienale della panchina, lasciando che la testa cadesse all’indietro. Si fece ancora cullare per un po’ da quelle bellissime parole, lasciando che la leggera brezza le smuovesse i capelli, mentre i rumori provenienti dalla sala da ballo erano lontani, ovattati.
    - … Grazie - disse d’un tratto, aspettando che si asciugassero gli occhi che si erano fatti per un attimo lucidi prima di ritirare su la testa, squadrando per un attimo Kurama. Così sincero e diretto, forse a volte un po’ ingenuo, ma di buon cuore. Il suo mondo era ormai troppo marcio per trovare questo genere di persone, difatti era una prima esperienza per lei averci a che fare. Un’opinione talmente tanto ottimista della vita che per un attimo poteva brillare di luce propria, alle volte accecare quelli attorno a lui.
    Quanto sarebbe voluta nascere nel suo stesso mondo.
    - Allora quando andrò a tirargli qualche calcio in… Nel fondoschiena, ti farò uno squillo, amico - un sincero sorriso increspò le sue labbra, un sorriso talmente genuino che forse mai era riuscita a tirare fuori prima d’ora.
    La musica proveniente dalla sala improvvisamente si fece più rumorosa del solito, attirando la sua attenzione. E per un attimo, un’idea folle che probabilmente la vecchia Risa nemmeno le sarebbe passata per l’anticamera del cervello prese il sopralluogo.
    - Che ne dici di insegnarmi qualche passo? Sono stufa di… Apprezzare solo una cosa nella vita, ovvero i film - improvvisamente parlare con Kurama col cuore in mano le risultò estremamente semplice - E nel frattempo… Perché non mi parli un po’ di più del tuo di mondo? Ogni singolo dettaglio - si alzò nuovamente in piedi, sistemandosi un attimo i vestiti e, come lui fece in precedenza, fece un leggero inchino e allungò la mano, invitandolo verso la sala.
    Libera… Sì, era veramente libera. Libera di pensare, libera di fare e agire come meglio credeva. Sicuramente col passare del tempo avrebbe tratto enormi vantaggi dalle sue esperienze passate, e soprattutto ora che sapeva cosa voleva dire compiere le azioni sbagliate… Forse riusciva ad avere maggiore giudizio su ciò che era giusto fare. Errare era umano, di certo non pretendeva che d’ora in poi sarebbe sempre riuscita a fare la cosa giusta, ma forse le sarebbe risultato più facile prendere una decisione.
    E di una cosa era piuttosto certa… Senz’ombra di dubbio non avrebbe più tolto la vita a un qualsiasi essere vivente.
     
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    La differenza fra i loro mondi non poteva essere più netta e marcata di così, tanto nel corpo quanto nei loro animi. Storie diverse, origini uniche e passati discordanti, al punto da far pensare che due creature così non avrebbero mai potuto incontrarsi l'un l'altra. Ma sono proprio queste realtà a crear legami e ad unire le persone, aiutandosi e sostenendosi a vicenda contro ogni genere di tristezza, difficoltà ed ingiustizia che la vita riserva per ognuno di loro.

    Kurama lo sa bene... fin troppo bene. Non è un santo nemmeno lui, ne può dire che non abbia mai spezzato la vita di qualcuno... o che non possa rifarlo in futuro. Si, sono state tutte necessità estreme ed assolute per evitare un male peggiore, ma riesce comunque a comprendere perfettamente i sentimenti di Risa, a differenza del suo mondo o della dittatura che l'ha oppressa così duramente. Forse il suo spirito era persino diventato “oscuro” e macchiato dalle tenebre... come tanto andava di moda dire di questi tempi, tuttavia questo non cambiava realmente nulla, fra loro: una persona oscura poteva essere di buon cuore ed altruistica cento volte più di una di luce, cosa che ha visto spesso e volentieri nei suoi viaggi... e la donna non faceva eccezione, apprezzando infinitamente il suo rinnovato ricercar di valori e libertà. Dopotutto... il suo compagno di vita stesso ha parzialmente ceduto al buio, ma lo difenderebbe comunque anche sacrificandosi se necessario.

    Dicotomia fra luci e ombre a parte, il Burmesiano ci teneva davvero ad essere un sostegno per tutti coloro che conosceva e incontrava. Probabilmente è per questo che si rivede come una sorta di Cavaliere fiabesco ed errante a cui manca solamente la lucente armatura, con tanto di posa regale e quasi marziale nel veder la donna finalmente aprirsi ed approcciarsi tanto a lui, quanto alla spensieratezza del ballo e della festa notturna. Ma pur in quell'immagine che gli piace ostentare di sé... al suo pizzicar sul carro, abbassò per un momento l'orecchio con muso colpevole, seppur comunque un pizzico allegro; al suo ringraziamento e definitivo legame con lui, sorrise a sua volta ed annuì con rinnovata contentezza, felice che le sue parole abbiano fatto breccia in lei; ed al suo invito... riuscì a ridacchiar spensierato anche lui ancor una volta, dando una lenta e pensierosa occhiata verso l'interno del castello, come se stesse... progettando qualcosa.

    - To truly appreciates the nice little things of life... ricorda: non negarti nulla, ma non ignorare il tuo cuore e ciò che desidera. - Un po' criptico forse, ma nell'accettar con galanteria la mano di lei... fece un piccolo passo in avanti ad intercettar il suo, stringendo delicatamente le sue dita ora quasi vicine al petto del ragazzo, sia per poterla aver vicina a sé sia per non farla andar via da li, possibilmente. - Sarò più che contento di guidarti, mia Signora. Ma... che ne dice di rimaner qui, under this wonderful starry sky? Solo noi due, senza sguardi indiscreti... dove potrai fare tutti gli errori che vuoi senza alcuna paura di essere giudicata. -
    Ecco spiegato il suo desiderio. Se lei desidera tranquillità e riservatezza, pur volendo iniziar a comprendere le gioie della vita... lui offrirà esattamente questo alla donna, regalandole al tempo stesso un piccolo e delicatissimo gesto verso di lei: uno sfiorar dell'indice flesso sulla sua guancia, ad asciugarle la singola lacrima residua dal suo lieve inumidir degli occhi.

    Se avesse accettato tale proposta... compirebbe dunque mezzo passo all'indietro, portando ora le mani a metà strada fra di loro, altezza petto, lasciando la gemella direttamente alle proprie spalle, sopra la coda. La schiena si fa ritta e dritta per un momento, avvicina fra loro le zampe e tien lo sguardo ceruleo rigorosamente su quello altrui, contornato da un ghigno più vispo ed acceso, realmente allegro di poter condividere questo con lei. - Follow my lead. Un passo, due passi... e ferma. Un passo, due passi... - Con galanteria e delicatezza, Kurama infine partirebbe con quella danza, a tempo con la musica scelta dall'orchestra ma completamente diversa da qualunque altra praticata dai vari astanti, probabilmente. È composta da passi leggeri, delicati, lunghi e ritmati, particolarmente flessibili ed eleganti a vedersi, che li vedrebbe spostarsi inizialmente ai lati di sinistra e poi di destra, per poi ruotar entrambi d'un quarto di giro e proseguire da li, similarmente a prima. Non troppo complesso, anche per i neofiti come Risa, che può sfruttar il robusto arto del Dragoon come poggio, guida e sostegno all'unisono, potendo in un certo sentirsi come una damigella protetta dal suo guardiano.

    - Questa è una danza dei nostri antenati di Cleyra. Un ballo di buon auspicio per la nuova stagione e per ringraziare la terra stessa dei suoi frutti. - Nel mentre... vorrà come richiesto parlar di più del suo mondo, improntandolo subito su un'identità classica, quasi medievale secondo la natura di altri pianeti, con suoi usi, costumi e tradizioni popolari. - Di loro... sono rimaste storie e tradizioni, ma non la loro splendida città sull'albero della Vita, Iifa. Il mio mondo... ha subito un cataclisma nel passato, che ne distrusse metà e avvolse l'altra in una pioggia perenne e senza fine. - Lungi da qualunque radice tecnologica o eccessivamente moderna, sembra che stia parlando di un vero mondo da fiaba, eppure reale e tangibile proprio come il Castle of Drems o il Regno Disney. Non è difficile immaginare come la sua terra sia esotica e ben diversa dalla maggior parte delle realtà del Sistema, insomma. -The realm of the Eternal Rain, Burmecia. Un regno che prospera nel cuore della tempesta, abitato da Draghi, guerrieri Leggendari, Dragoon e... Burmesiani. Non posso dire di essere leggendario - per ora - ma le ultime due cose si! Hehe! - Ovviamente non poteva mancare un po' di sano pizzicar nelle sue parole, eternamente gioviali e piene di vita a prescindere da ciò che possa accadere. Non è solo una Creatura di luce, il Rainfell... ma una a cui piace diffonderla, ad oggi. - ...Non saremo... particolarmente tecnologici o avanzati, è vero... anche se abbiamo dei manicaretti davvero deliziosi. Il nostro regno è una Monarchia, che... da quel che mi è sembrato di capire, è un governo sempre meno presente nei vari mondi. Ma siamo... beh... -

    E qui, per un momento, alla terza ripresa complessiva... si fermerebbe, con un'espressione fortemente nostalgica sul proprio muso, distogliendo brevemente lo sguardo da lei. - Io forse sarò un po' più... esuberante degli altri, che tendono ad essere nobili e rigorosi, ma tutti noi Burmesiani siamo così. Da noi... troverai sempre un tetto. Un riparo. Un rifugio dalla pioggia and from your difficulties. Anche un posto che puoi... chiamare casa, volendo. Ti accoglieremo sempre. And to me... - L'essere ingenui, forse, è qualcosa insita nella loro specie, considerato tutto. Ma anche dannatemene teneroni ed altruisti, alla faccia di chi li chiama topi o ratti giganti! Per quel momento, rimase brevemente in silenzio... modificando un poco l'andamento dei passi e del ballo: la presa verrà meno per far scorrere la mano sul braccio di lei, andando a cambiarla in quello che apparirebbe come un classico Valzer comune in tantissime località, ben più affine al tema della serata. Un mezzo abbraccio dunque, dedicando la gemella a cercar il palmo opposto di lei, il tutto con estrema grazia e delicatezza. Pur in quella rinnovata vicinanza, se concessa ovviamente... tornerà su di lei con una rinnovata espressione solare e nulla più, invitandola ad un ritmo più dolce... ed incurante di possibili acciacchi delle proprie zampe, tenendolo già in preventivo ovviamente!

    - Mi piacerebbe viaggiare con te, Risa, non lo nego. And... would you like to, as well? Visitare i mondi insieme... e la mia patria stessa anche, volendo.> - Non sa ancora come, o in che maniera... ma la richiesta è sincera e diretta, estremamente entusiasta, sperando in cuor suo in una risposta positiva. L'accoglienza della sua gente lo ha portato a far quella proposta, ricordandosi sol ora di un vecchissimo sogno che aveva da piccolo... ma che vorrebbe davvero realizzare, ora.

    Edited by Shyron - 30/4/2021, 23:07
     
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    Finalmente quell’enorme peso che si sentiva sul petto sembrò alleggerirsi lievemente. Non che fosse del tutto sparito, infondo era veramente fuori dal normale pretendere che una cosa del genere potesse passare così, grazie a delle parole di una singola persona. Ci avrebbe messo un po’ prima di digerire la cosa, ma era certa che col tempo questo dialogo avuto con Kurama l’avrebbe sicuramente aiutata nei momenti peggiori. Era più che giusto dire che ognuno aveva il proprio diritto di vivere un po’ come si preferiva, ognuno aveva il diritto di sentirsi liberi… Ma qualcosa in lei la bloccava completamente dal farlo. Per quanto sua sorella stesse cercando di aiutarla da quel punto di vista, forse quello di cui aveva veramente bisogno era di sentirselo dire da qualcuno di completamente esterno, per nulla coinvolto nella sua vita. Infondo era facile per la sorella più piccola dirle in tutte le lingue che meritava di vivere la propria vita, ma era veramente quello che si meritava? Poteva effettivamente considerarsi una persona libera e di buon cuore?
    Sbuffò alle parole di Kurama, voltandosi verso la sala da ballo. Effettivamente pretendere di essere già pronti a un simile pubblico era un po’ troppo, forse era effettivamente il caso di limitarsi per il momento a una sessione privata, a qualcosa di intimo tra due amici dopo aver passato un momento di vulnerabilità. Non a caso ringraziò il Burmesiano internamente, alzando lo sguardo verso di lui e accettando di buon grado il suo invito, prendendogli la mano.
    - Forse hai ragione. Forse chiedere già di stare in mezzo a così tanta gente è un po’ troppo per me. Ho voluto fare il passo più lungo della gamba, lo ammetto - fece un leggero inchino col capo, chiudendo per una frazione di secondo gli occhi. Risa così lo seguì con lo sguardo, inarcando un sopracciglio non appena Kurama si fece più ritto e deciso, ricordandosi solo adesso per l’ennesima volta la loro effettiva differenza di altezza. E ora che si teneva bello retto senza chinarsi o ingobbirsi, la sua effettiva stazza per un attimo la mise a disagio. Non che avesse problemi a stare con persone più alte di lei anzi, era abbastanza facile superarla in altezza, ma forse quel suo aspetto fuori dal comune e quel muso volpino e quindi animalesco… Gli dava un’aria per lei particolare.
    Risa seguì quindi i passi di Kurama, fissando costantemente a terra in modo tale da imparare quanto più possibile i movimenti. Inizialmente sarebbe risultata estremamente rigida e goffa, ma dopo un po’ iniziò a capire il ritmo che vi era dietro, studiando i passi manco facessero parte di un dettaglio essenziale per l’esito della missione, iniziando quindi a imitarli il più fedelmente possibile. Forse agli occhi di Kurama sarebbero risultati passi compiuti manco dal militare più severo di tutto l’universo, ma poteva chiaramente notare l’assoluto impegno che gli occhi della ragazza esprimeva mentre studiava i passi del Burmesiano e subito dopo i propri. Sarebbe stato abbastanza difficile capire se si stava effettivamente divertendo, infondo quel suo sguardo esprimeva una tale serietà e intensità da far quasi paura… Ma in realtà sotto sotto, Risa si stava divertendo. D’un tratto avrebbe persino alzato lo sguardo, un barlume di felicità a illuminarle le pupille, manco fosse una bambina alle prese col gelato offerto dal genitore, cercando una conferma da parte di Kurama come a dire “guarda quanto sto imitando bene la tua danza!”.
    Non passò molto tempo prima che Kurama iniziasse a raccontare qualcosa del suo mondo, e Risa ascoltò con totale interesse. Non osò intromettersi mentre l’amico spiegava qualcosa del suo mondo natio, e poté notare come la luce nei suoi occhi cambiò, mostrando estremo orgoglio nel parlare delle proprie usanze. Una cosa che non poteva notare era come il suo mondo ricordasse quasi quello delle fiabe raccontate ai bambini prima di andare a dormire, e già dalla sua voce poteva percepire l’aria pacifica ed eterea che la sua città respirava.
    - In realtà da quello che mi è sembrato di vedere, dipende da quanto tale mondo si sia evoluto - disse fra sé e sé, guardandolo poi negli occhi - Ho visitato mondi anche molto più arretrati da quello che mi stai raccontando, alcuni addirittura primitivi. E non che sia un male anzi, ogni mondo sembra avere le proprie peculiarità, davvero curiose da studiare a parer mio - disse, per poi concedersi una piccola risata al suo seguito. Era bello sentirsi dire che nel proprio mondo lei – una completa sconosciuta – era la benvenuta, quasi le risultava strano da dire. Non avrebbe potuto di certo ricambiare l’ospitalità, e Kurama ne era più che consapevole di ciò, però alla proposta che poco dopo le fece, Risa per un attimo si fermò, non accorgendosi nemmeno che i passi di danza che Kurama stava compiendo erano cambiati rispetto a prima. Lo guardò spaesata per un attimo, sinceramente confusa, non sapendo bene come rispondere. Era la prima persona da quando aveva iniziato a viaggiare che le avevano fatto una simile proposta, non a caso inizialmente sarebbe potuta addirittura risultare restia dall’accettare. Era qualcosa di veramente… Insolito, da concepire.
    Viaggiare.
    Esplorare nuovi mondi, conoscere nuovi luoghi.
    Visitare persino il suo mondo natio.
    Il suo sguardo si perse per un attimo a osservare il cielo stellato sotto il quale stavano danzando fino a poco fa, corrugando la fronte. Poco dopo, una piccola lacrima le solcò nuovamente il viso, andando ad asciugarsela il più in fretta possibile, stringendosi nelle spalle.
    Caspita, era una sensazione strana quella di sentirsi, per una volta, veramente liberi.
    - Cielo, un altro giorno con te e credo esploderò dalle emozioni che sto provando - si concesse una risata, una risata che prima sarebbe partita come una sua solita risata, qualcosa quindi di contenuto ed estremamente sporadico… Ma poi sarebbe scoppiata in una vera e propria risata. Una risata sincera, alle orecchie di Kurama sarebbe potuta risultare molto femminile e adulta, Risa arrivò a un livello che addirittura ebbe le lacrime agli occhi - Un-un attimo - si allontanò poco dopo, compiendo un giro per poi tornare esattamente dov’era prima, facendo un lungo, lunghissimo respiro. Si diede quindi una calmata, sistemandosi poco dopo gli abiti e scuotendo leggermente il capo, girandosi nuovamente verso di lui, ora un po’ più seria di prima.
    - Mi farebbe molto piacere, Kurama. Soprattutto poter visitare il tuo mondo; da quello che mi hai raccontato, sembra essere un posto a dir poco delizioso. Forse, un momento di assoluta serenità come questa non potrebbe che aiutarmi - si sarebbe poi improvvisamente avvicinata a lui, cercando di stringerlo in un forte abbraccio, nascondendo per un attimo il suo volto in mezzo a tutto quel pelo e il suo vestito - Grazie, grazie davvero -
     
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    Era semplicemente questo ciò che voleva condividere con Risa, più di ogni altra cosa. Non una notte sfarzosa e pomposa, non un ballo elegante e cavalleresco o chissà cos'altro di altolocato potesse esserci in quel luogo. No: sotto quel cielo stellato, lontani da preoccupazioni mondane, senza che nessuno potesse raggiungerli o disturbarli, voleva farle provare la vera, unica e più assoluta... libertà.

    Libertà di sfogarsi, di piangere, di danzar pur da inesperta, di non essere giudicata... e di essere realmente se stessa.

    Forse era quella la più grande qualità di Kurama, oltre qualunque dote nobile, elegante o altruista che potesse avere: riuscire a legare direttamente con l'animo delle persone con facilità e naturalezza, abbattendo il muro della diffidenza e aiutando le persone a rialzarsi ogni qual volta ne possano aver bisogno. Con lei, è proprio questo quello che sta volontariamente e anche inconsciamente facendo, dopotutto, instaurando quel filo indistruttibile che solo creature viaggiatrici come loro possono avere. E sopratutto... il Burmesiano sarà estremamente felice nel vederla finalmente muoversi così spensierata e felice, avendo tutta la cura necessaria per guidarla, condurla sui giusto passi e sopratutto non calcare la mano, ben conscio di come tutto questo sia una novità, per lei.
    Si, ha notato lo sguardo estremamente concentrato di lei ed invero ne era contento a sua volta, assumendo un sorriso ben più ampio e solare nei confronti del suo sguardo pieno di aspettative e anche un po' d'orgoglio, probabilmente. Ed ovviamente... non le negò un annuir sicuro a tale implicita richiesta, sincero e soddisfatto della dedizione altrui all'evento.

    Più di ogni altra cosa però... fu felice dell'effetto della sua proposta, era come se avesse finalmente sbloccato qualcosa all'interno della donna, riuscendo -finalmente- a vedere e sentire ciò che reputa definitivamente la vera Risa, ovvero... amante della vita e della libertà, proprio come il Dragoon. Le diede tutto il tempo di cui necessitava, senza forzarle la mano, come sempre. - Hey now... So di essere fantastico, ma... - Come prima risposta, aveva ovviamente una reazione puramente volpina e quasi dispettosa, imputandosi con il corpo a mostrar un poco di più tutto il suo... fascino, per così dire, con tanto di leggero *swish* di capelli a lato per sottolineare la cosa. Quando ci si impegnava, riusciva ad apparire più aggraziato e femminile persino delle ragazze ed era qualcosa che mostrava con orgoglio! Ma l'espressione s'addolcì immediatamente nel momento in cui arrivò il suo abbraccio caloroso e tenero, accettandolo senza riserve e contraccambiandolo immediatamente con uno suo, fasciando le sue spalle e schiena con le proprie braccia... ed anche la coda, più in basso ad altezza dei fianchi. L'ennesimo dettaglio che sottolineava la sua forma animale... assieme ad un pelo estremamente morbido, soffice e persino profumato di vaniglia. Adorabile in tutto e per tutto. - Little, sweet Risa... spero tu riesca ad abituarti a queste emozioni, perché sono intenzionato a farti sorridere tutti i giorni, finché rimarrai con me. You deserve this... and even more. - Un dolce sospiro mentre serra lo sguardo, iniziando a... dondolar lievemente con il corpo. Non per un ballo... quanto per un tenero e reciproco momento armonico ed unito, appena appena in sincronia con la musica. - I'm glad I can be of help, my dear. Spero non ti dispiaccia... che ci sarà anche qualcun altro, nel viaggio. My... il mio partner, Dremurr. - Nel dirlo... potrebbe perfettamente intuire che genere di legame abbia con lui, speciale ed unico del suo genere più di ogni altro nei mondi. - And, well... ricorda di portare un ombrello con te, la Pioggia Eterna non è solo un modo di dire, hehe..> -

    Con quel piccolo consiglio... vorrà rimanere ancora per un po' in quel modo, prima di proseguire o terminare direttamente la serata, a pura discrezione della sua damigella d'onore. La prossima meta temporanea sarebbe stata Traverse Town, per incontrar di nuovo il felino di Elswyr, ma subito dopo... avrebbero fatto volta per Burmecia, un ritorno tanto importante per lei quanto per lui, dopo tutto il tempo passato lontano dalle sue origini.
     
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    Per la prima volta nella sua vita, Risa poté dire di essere tornata a vivere, godendosi anche i più piccoli attimi. Accettò di buon grado l’invito a ballare di Kurama, pur rimanendo in un qualcosa di ben più intimo e privato, senza portarla addirittura alla sala da ballo come lei aveva inizialmente suggerito. Fu molto contenta del fatto che, pur conoscendosi da così poco, aveva già imparato a capirla così bene, arrivando persino a intuire che, forse, andare già a ballare in mezzo a tutta quella gente, non sarebbe stato proprio l’ideale per una come lei.
    Iniziò così a danzare col burmesiano, ritrovandosi a seguirlo passo dopo passo, concentrandosi talmente tanto sul dove mettere i piedi che per qualche minuto buono non fece altro che fissare i piedi di Kurama in modo tale da copiarlo a dovere. Non le ci volle moltissimo prima di intuire i passi, forse perché il burmesiano in primis si stava limitando a una danza relativamente semplice così da non metterla troppo in difficoltà, e di questo gli fu enormemente grata. Non molto tempo dopo alzò improvvisamente lo sguardo, un barlume di pura gioia a illuminarle quegli occhi rimasti per troppi anni vitrei e spenti, guardandolo con sincero e assoluto orgoglio di quello che era riuscita a fare. Quasi stonava quell’atteggiamento da bambina su di un volto così maturo e dai lineamenti fini e femminili, ma non poteva fare a meno di lasciarsi andare quando era in compagnia di questa persona. Se poi tale sguardo veniva pure accompagnato da un cenno positivo da parte di Kurama, Risa non riuscì a trattenere la soddisfazione che sgorgava da tutti i suoi pori.

    Per un attimo, Risa scrollò un po’ le spalle nel vederlo fingersi così “umile”, ma non allungò più di tanto il discorso a riguardo, limitandosi a negare leggermente col capo e accennare un lieve sorriso. Fu sinceramente contenta di sentire il suo abbraccio venir ricambiato, irrigidendosi un attimo non appena sentì pure una coda fare il capolinea attorno a suoi fianchi, staccandosi quel poco che bastava per vedere di cosa si trattava, rilassandosi nuovamente non appena notò che si trattava semplicemente del suo lato animalesco. Purtroppo era ancora con tutti i sensi sempre e perennemente attivi, infondo non si poteva mai sapere cosa poteva sbucare da quei cespugli poco più in là, e non sarebbe stata una cosa facile da superare. Ma tempo al tempo.
    - Così mi fai quasi arrossire - disse scherzosamente, il suo sguardo che faceva chiaramente intendere che non era affatto seria. Lo sentì improvvisamente iniziare a dondolare, e lì su due piedi Risa non sembrò accompagnare quel dolce e lieve movimento, capendo solo dopo un po’ cosa voleva fare e accompagnandolo poi nel movimento, rimanendo tra le sue braccia e chiudendo per un attimo gli occhi, godendosi semplicemente il momento.
    - Oh, siamo già in quella fase di amicizia che facciamo conoscere i propri partner? Damn - termine volutamente e inconfondibilmente rubato da Kurama stesso - Se volete porto con me il mio amico felino… Oltre che l’ombrello - non che avesse qualche altra persona a lei importante come poteva esserlo questo Dremurr per Kurama, ma le andava più che bene. Era già tanto se riusciva a parlare così liberamente con un amico, figuriamoci un partner… Non era nemmeno certa sarebbe mai arrivata ad amare una persona in quel senso, ma le andava benissimo così.
    - Bene, allora quando vorrai farmi conoscere il tuo luogo di origine, sarò qui ad aspettarti - aggiunse, rallentando lentamente il dondolio fino a staccarsi, così da guardarlo nuovamente negli occhi.

    La serata sarebbe così passata fin troppo in fretta, tra una chiacchierata e l’altra, tra un ballo e l’altro, finché entrambi non furono d’accordo di concludere quel magico evento con un affettuoso saluto, in attesa del loro futuro incontro. Sicuramente sarebbe stato ben diverso da quello di questa sera, niente momenti di imbarazzo né disagi, almeno da parte di Risa. Non prometteva che da un giorno all’altro sarebbe cambiata repentinamente, ma per concludere quella serata in bellezza… Aveva un’amorevole sorella da aggiornare su quello che era accaduto quest’oggi.
    E non sarebbe stato una discussione da soli cinque minuti, come erano solite fare.
     
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    Essere un Re significava anche agghindarsi con gli abiti giusti e partecipare a certi eventi, almeno a giudicare da ciò che sapeva da storie, film e anche da qualche racconto di Merlino: fastosi banchetti, balli colorati, giostre di luci e suoni. Nobili di ogni estrazione cercavano di fare meglio degli altri come pavoni che esibivano ruote variopinte, l'esistenza stessa di tali eventi era sinonimo del loro status, una dimostrazione di forza e opulenza mascherata da ritrovo con amici e parenti lontani.
    Di queste cose Arthur sapeva ancora troppo poco e non aveva nemmeno la testa per pensarci. Non con la situazione di Julien per le mani, e Morwen, e i ricatti di Fastus; tutto ciò che poteva fare era aspettare e sperare, approfittando dell'ospitalità di Matt mentre sperava di non pesargli eccessivamente, e che l'impiego come cameriere bastasse a fargli meritare di essere lì. Il bello di essere un Re cresciuto tra persone comuni era che sapeva come ogni cosa andasse meritata, che niente veniva dato per scontato.
    A giudicare da certe figure di comando negli altri mondi, specialmente certi nobili di Camelot, non tutti avevano ben chiara una cosa del genere.
    Il complimento di Matt arrivò con una sincerità insperata, come una sferzata d'acqua in una giornata afosa. Era più scarmigliato e disordinato rispetto a prima, aveva dovuto allentare un po' la cravatta perché tutte quelle discussioni lo avevano fatto sentire stanco e accaldato, ma le parole di Matt gli provocarono una sensazione ben diversa: sentì le guance imporporarglisi, quasi fosse esattamente ciò che sperava di sentirsi dire in quel momento. Un pensiero ben sciocco, tutto sommato, ma per un momento abbozzò un sorriso storto e imbarazzato che forse Matt non vide. Sperava.
    Un'ombra passò sullo sguardo di Matt, una nuvola troppo veloce e sottile per poterla identificare, e che svanì nello stesso battito di ciglia con cui l'aveva intravista. Doveva star provando così tante emozioni in quel momento, tutte contrastanti e disparate, al cospetto di tutte quelle persone. Eppure Matt sembrava più pratico dell'ambiente rispetto a lui; aveva vissuto cene di gala e feste a Midgar, tutti eventi noiosi e alcuni anche direttamente spiacevoli. Ma non era la stessa cosa. L'atmosfera stessa che si respirava qui era completamente diversa.

    "Dicono che riapriranno il castello molto presto." si allacciò al discorso su Arendelle. "Magari passeranno a chiederci qualche dolce... è vera la voce che la famiglia reale amasse i dolci al cioccolato? Avevo sentito qualcuno parlarne mentre giravo in paese... s-sono stato attento, tranquillo!" si affrettò a dire, con un sorriso impanicato. "So che devo farmi notare poco. Ma finché non agisco direttamente contro Fastus è difficile che la gente mi noti, senza armatura e senza spada non sono diverso da un qualsiasi popolano." una bestemmia per chiunque fosse di nobili natali, ma per lui era la normalità.
    Ebbe un'idea. Perché sì, per tanti versi quella era una serata speciale. Julien stava bene, anche se era ancora tra le grinfie di Fastus; e il discorso con Caitlyn era stato illuminante. Sapeva di avere qualcosa da fare ora, qualcosa di molto importante, per fare anche solo un altro passo verso una direzione migliore. Per una sera, una sola, in quell'atmosfera magica, voleva dar retta a quella voce che Caitlyn aveva riempito di forza. Essa si faceva sentire da tempo, chiamava normalità come un assetato supplicava per avere da bere; ma l'aveva sempre schiacciata, scacciata, taciuta.
    Non ce la faceva più, adesso.
    Trasse un profondo respiro, e avrebbe afferrato delicatamente la mano di Matt. "Ho un'idea..." biascicò, e per un momento sentì il cuore battergli con una forza che pensava di aver dimenticato. In effetti, quello stesso pensiero sembrava frutto dell'ubriachezza - era colpevole di aver mangiato un paio di dolcetti al liquore, ma reggeva molto più di così - e si chiese se tutte le discussioni di quella sera non l'avessero fatto impazzire. No, si rispose subito dopo. Era solo che stare vicino a Matt era come sedersi vicino al fuoco quando l'inverno infuriava e fischiava insinuandosi fin nelle finestre. Sicurezza, conforto, erano parole che gli associava.
    Lo avrebbe condotto fino alla sommità della rampa di scale. Sotto di loro, il ballo continuava e questo gli dava un minimo di coraggio in più. Deglutì a vuoto, e Matt avrebbe potuto sentire la sua mano tremare leggermente.
    Soprattutto, avrebbe sentito la sua mano ancora stretta alla sua, se l'avesse tenuta.
    Arthur si staccò da lui, facendo del proprio meglio per mascherare l'ulteriore imbarazzo nel rendersi conto di averlo tenuto per mano tutto il tempo; quindi estese la mano sinistra verso di lui, esibendo un sorriso gentile.
    "Mi..." si schiarì la voce. Arthur, brutto deficiente. "Mi concederesti questo ballo, Matt?" domandò, e trattenere un improvviso tremito alle gambe fu uno sforzo titanico.
    Voleva solo fargli una sorpresa che sperava gradisse. O che almeno lo divertisse. Perché stava facendo così?
     
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    Che ricordi... Una frase un po' fatta già, ma era impossibile per lui non pensare al passato. Un passato stranamente dolce in quel momento, così tanto da lasciarlo confuso, sopraffatto dalla leggerezza che provava nel suo cuore. Per anni si era obbligato a non lasciare andare ciò che era stato, spaventato al solo pensiero che una volta cresciuto, una volta andato avanti, tutto sarebbe stato perso per sempre. Ed invece eccolo lì, in mezzo a quella gente. Tanta gente, Arthur aveva ragione, non ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva avuto a che fare con tante dame e gentiluomini, una serie quasi infinita di volti da osservare, scrutare, perché no anche con curiosità, e poi magari dimenticare per sempre. Alla fine la vita sembrava essere proprio così: una serie infinita di gesti e di atti che si compivano senza nemmeno rendersene conto, senza che ne rimanesse traccia alcuna, e pochi, pochissimi attimi speciali.
    Attimi preziosi, come quelli che custodiva dentro di sé, attimi che avevano trovato rifugio dentro il suo cuore e lentamente avevano attecchito, fino al punto di crescere. Era così, lo sentiva, sebbene fosse troppo ingenuo, troppo spaventato per ammetterlo: ma forse persino lui stava cambiando, forse stava semplicemente tornando ad essere sé stesso chissà. Erano cambiate così tante cose da quel momento, dal tuffo nel vuoto che gli aveva permesso di rivedere la propria madre. E sì, ancora una volta se lo ripeteva: tutto quello era iniziato dalla sera che, forse per uno scherzo del destino, quel giovane misterioso era entrato nella sua caffetteria.
    Il sorriso si fece appena più dolce, e chissà se Arthur lo avrebbe notato. Succedeva spesso ultimamente, gli capitava tutte le volte che si soffermava a pensare come si fosse ritrovato ad avere in casa propria una persona tanto speciale, qualcuno di gentile e attento, qualcuno in grado di trasmettergli sicurezza, forza, forse persino coraggio.
    Annuì, consapevole che presto le porte del castello si sarebbero aperte nuovamente al mondo, e le mani si strinsero tra loro alla ricerca di un po' di coraggio. Era felice di quell'evento, lo aspettava da così tanto, e così come lui anche tanta altra gente. Eppure aveva paura: certo, l'idea che Fastus potesse approfittarne per sconvolgere la pace del suo mondo lo terrorizzava, ma non si trattava solamente di quello. Le principesse erano state delle bambine gioiose e allegre, ricordava ancora le prime volte che le aveva intraviste a palazzo e persino quelle rare occasioni in cui aveva potuto parlarci, scambiarsi qualche gioco, ma mai nulla di più. C'era l'etichetta, e lui, nonostante tutto, era pur sempre un popolano, il semplice figlio di un uomo e una donna che avevano avuto l'onere e l'onore immenso di servire la famiglia reale con i propri consigli. Le due bambine adesso erano sicuramente cresciute, così come lui, e così come lui chissà quante paure e timori covavano dentro di sé. Forse, e questo lo sperava davvero, nemmeno loro si sentivano pronte a riprendere le redini di tutto, il buon nome della loro famiglia, a fare come nulla fosse. Eppure ad Arendelle sembrava funzionare così adesso, sembrava l'unico modo.
    Ma di nuovo: Arthur lo riscosse dai suoi pensieri, con quel suo modo di fare tremendamente spontaneo, così diverso dalle discussioni così tremendamente formali che aveva avuto finora a quel ballo. Con lui sentiva di potersi lasciare andare, di essere un po' più sé stesso, meno Matthew e più Matt. Con quel suo tentativo di rassicurarlo era riuscito a riscuoterlo ancora una volta, addirittura a stupirlo, tanto che fu istintivo scuotere la testa e toccargli il braccio. "No, no figurati. Ne sono sicuro!" Si rese conto della cosa dopo, come il solito, ed ecco che immediatamente ritrasse la presa, cercando di tornare ad una postura più formale, mentre la sua mano sentiva l'irreprensibile bisogno di nascondersi dietro la schiena, quasi avesse toccato qualcosa che non gli era concesso. "Mi sembra che stia accadendo tutto troppo in fretta, sento di non essere pronto... Ma inizio a pensare che sarà sempre così, vero?" Lo disse con leggera mestizia, e dentro di sé tentò di soffocare il pensiero di non essere abbastanza, di non essere all'altezza dei suoi sogni e dei suoi desideri.
    Tutto però sembrava più facile in quella notte di delizie e fantasie, forse era la musica che continuava a suonare in sottofondo, forse quegli abiti tanto eleganti e ben diversi dalla sua solita divisa. Sembrava di essere in una favola, una di quelle che gli veniva lette la sera prima di andare a dormire. Si diede dello stupido da solo, trattenendo uno sbuffo divertito. In fin dei conti mancava solo...

    Mancava qualcosa che non avrebbe saputo descrivere, qualcosa che potesse fargli girare la testa e dargli la conferma finale di essere in un sogno. Qualcosa di molto simile a quella stretta di mano, a una manciata di parole mormorate, ad una voce calda e dolce. Mancava qualcosa, o forse improvvisamente non mancava più nulla. Stava avvenendo troppo in fretta, così d'improvviso che nemmeno se ne rendeva conto. E forse era meglio così, forse era giusto che in quegli istanti Matt non si rendesse effettivamente conto di come fosse arrossito di fronte a quella stretta di mano, del sorriso infantile che era spuntato del suo volto, di quel "Dove andiamo?" che abbandonò le sue labbra con estrema leggerezza. Sicuramente, non appena tutto fosse finito, non appena si fosse reso conto di cosa era successo, il giovane Rainsworth si sarebbe agitato oltre ogni modo, magari si sarebbe persino nascosto per qualche istante, forse avrebbe cercato un luogo nel giardino dove poter riprendere fiato.
    Dopotutto, quella sensazione, quella sensazione che provava ogni volta che si trovava in presenza dell'altro, era qualcosa che non si sapeva spiegare. Lui non era mai stato bravo in quelle cose, lui si era sempre limitato a fare ciò che era giusto, ciò che sentiva dentro di sé. E, quando si parlava di Arthur, Matt aveva scoperto di trovarsi interdetto tante, forse troppe volte, combattuto su quale fosse la cosa giusta da fare, su quanto potesse spingersi in là nella speranza di ripagarlo della sua gentilezza, col desiderio di vederlo sorridere anche solo per qualche attimo.
    C'era tanto dolore intorno a loro, tante minacce all'orizzonte, tante incognite... Eppure, in quell'attimo, almeno per quell'attimo, mentre uno scalino dopo l'altro la folla si faceva sempre più distante, si ritrovò a non avere dubbi su cosa desiderasse. Voleva che quel sogno continuasse ancora per un po', che quella scalinata fosse infinita, che tutto quello potesse non smettere mai. Non aveva bisogno di dargli un nome, né di comprendere davvero cosa significasse, sapeva solamente di essere felice. Gli bastava solamente questo, niente di più, niente di meno.

    Immobile, forse addirittura imbambolato, Matt non riusciva a far altro se non ridere sommessamente di quella situazione, di quella sorta di gioco che Arthur aveva iniziato. Non avrebbe saputo definirlo altrimenti, sarebbe stato assurdo, inspiegabile per lui rendere quella situazione più concreta. In quell'atmosfera da sogno si poteva forse credere in tutto: che i suoi genitori fossero lì da qualche parte ad osservarlo, che tutto sarebbe andato per il verso giusto, che uno come lui potesse trascorrere del tempo insieme ad Arthur in un contesto simile. L'imbarazzo dell'altro divenne il suo, quasi si sentisse in colpa per quella serie di pensieri formulati istintivamente, e con lo sguardo cercò di rassicurarsi sul fatto che l'altro non potesse sentire il turbinio di emozioni dentro di sé.
    "Va... Tutto bene?" Non poteva far altro che prendersi bonariamente gioco di quel suo comportamento bizzarro nel tentativo di nascondere il suo disagio, ma quando quella proposta risuonò nella sua mente ecco che tutto si fermò ancora una volta. Improvvisamente, di colpo, e dentro di sé scattò qualcosa. Come un fulmine a ciel sereno, come la comparsa improvvisa di una nave all'orizzonte. ... è così il principe invitò la giovane a ballare. La voce di sua madre, una voce piena di dolcezza, quello sguardo leggermente malizioso che coglieva ogni reazione del suo bambino. L'aveva sognato tante volte, aveva sognato così tante volte un simile scenario e adesso? Stava avvenendo davvero? Ancora stentava a crederci.
    Eppure la sua mano si mosse, delicatamente, alla ricerca di quella altrui. Ancora una volta, allo stesso modo, dopotutto sapeva come fare no? Era già successo, era accaduto pochi attimi prima. Lo sguardo velocemente ai suoi piedi, improvvisamente preoccupato di avere assunto la giusta posizione. Si avvicinò appena, ma non del tutto, spaventato all'idea di aver sentito male, di aver immaginato ogni cosa. Se quello era davvero un sogno, se si trattava semplicemente della sua ennesima fantasia non voleva svegliarsi proprio adesso. Non ancora.
    "Sarebbe un vero piacere, Lord Pendragon." Lo disse, soffermandosi per qualche attimo di troppo sul petto altrui. Aveva timore di guardarlo negli occhi? Sembrava proprio così ma... L'aveva davvero apostrofato così? Ed eccolo, il solito Matt, mentre scoppiava a ridere e improvvisamente trovava dentro di sé la forza di alzare lo sguardo. Dovette persino portare una mano al petto nel tentativo di contenersi. "Perdonami, ma ora che ci ho riflettuto è così strano chiamarti così... Ma sai, l'etichetta..." Giunge alla conclusione che era meglio non finire, non avrebbe saputo nemmeno lui cosa dire dopotutto, era tutto troppo strano ed entusiasmante in quel momento per poter riflettere lucidamente. Semplicemente inspirò, cercando di riprendersi, il tono di voce adesso più sereno, più normale. "Dunque, lascio a lei la guida allora. Non farmi fare brutte figure mi raccomando." Non c'era nemmeno bisogno di sottolineare che stesse scherzando, tanto era agitato, la voce squillante più simile a quella di un bambino festoso che ad un adulto che aveva appena debuttato. Con un pizzico di fortuna però, nessuno se ne sarebbe accorto, e tutto sarebbe andato per il meglio.
     
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    Per un momento sentì come se il suo cuore si fosse fermato. Un'infinità di pensieri lo assalì con veemenza mentre pronunciava quelle parole; veniva da Midgar, un mondo in cui quasi non esisteva una definizione di sessualità e vi si dava in genere ben poca importanza; ciò che contava nei Sobborghi era la tua capacità di sopravvivere, nella Città Alta quanto fosse gonfio il tuo portafogli. C'era poco spazio per l'amore, per i colori della vita in generale, a Midgar, e chi cercava di portarne un po' veniva sempre etichettato come uno strambo, un matto che poteva anche essere un po' pericoloso, seppur sostanzialmente innocuo.
    Ma era Midgar, molto lontano da lì, e molto lontano da dove viveva Matt. Senza pensarci aveva fatto una domanda che poteva avere dei risvolti anche sgradevoli, il dolce e affabile proprietario della caffetteria poteva rivelarsi tutto d'un tratto inviperito e disgustato dal suo comportamento, rifiutando di avere ancora a che fare con lui. Non tutti i mondi avevano la stessa idea riguardo a certe cose, e non sapeva cosa aspettarsi da un mondo come Arendelle. E se lo avesse offeso? Se quella domanda fosse stata interpretata male, e quella sera avesse perso Matt?
    Una paura improvvisa lo assalì, mozzandogli il respiro. Per un momento, lo si sarebbe visto sbiancare mentre altre domande si affollavano nella sua mente. La paura, sì, quella era ciò che le governava: paura della sua reazione, paura di trovarsi da solo più che mai, che quegli occhi, gli unici ad averlo guardato con affetto e comprensione al punto tale da dargli speranza, d'un tratto si trasfigurassero in dardi di disprezzo e odio. Fu tentato di ritirare quella mano, dire che si trattasse solo di uno stupido scherzo, di lui che faceva il cretino anche se non se lo meritava. Lui era il mostro di Midgar, no? Il Macellatio di Midgar. Colui che aveva causato la morte di quasi duecentocinquantamila persone. Con quale diritto poteva mettersi a partecipare a feste, mettersi a ballare e ridere, invece di impegnarsi fino alla morte a rimediare ai danni che aveva causato? Né ridere, né piangere. Doveva consacrare la sua vita a riparare quanto più possibile, nient'altro.
    Si sarebbe dovuto infilare l'armatura e trovare da sé il modo di salvare Julien, dopodiché diventare una specie di mina vagante che avrebbe ostacolato Fastus in ogni modo. Non c'era spazio per la felicità nella sua vita, non ne aveva alcun diritto, non poteva mettersi a pensare di scherzare, di ridere, di-

    Di...

    Caitlyn balenò nella sua mente, sorridendogli. Le sue parole, rombanti come un tuono.

    Amare...?

    La baraonda di pensieri che lo flagellava era ora una cacofonia indistinguibile. Un'improvvisa realizzazione, una veloce riconsiderazione della sua intera vita, quasi non lo fece accorgere della mano di Matt posata sulla sua, e del suo divertito e imbarazzato assenso. Nei suoi occhi azzurri non c'era traccia di alcun disprezzo come aveva temuto, nessun odio, nessun disgusto. Solo un'incomprensibile felicità, che però ebbe l'effetto di lenire il suo dolore come una colata di miele su una gola secca e dolente.
    Fece un piccolo inchino, senza lasciare la sua mano, per condurlo giù per la scalinata. La sua voce mice a tacere ogni suo dubbio, ogni scomoda domanda che si faceva largo come una bestia feroce, ammansendola e rendendola d'un tratto docile, gestibile. Matt aveva sempre quell'effetto su di lui: non gli faceva reprimere le sue emozioni, ma le rendeva qualcosa che poteva affrontare, lo aiutava a ridimensionarle anche senza accorgersene. La colpa che aveva provato pochi minuti prima svaniva pian piano, ora piccola e comprensibile e non una voce ruggente e terribile.
    "Ci tengo a precisare, signor - è 'signor', vero? - Rainsworth..." disse esibendo un sorrisetto baldanzoso, "che lei ha di fronte un eccellente ballerino. Ho pestato abbastanza piedi ai balli di gala a Midgar da imparare a non muovermi come un pezzo di legno, almeno... e poi non sa che noi Re siamo innatamente dei ballerini provetti?" aggiunse scherzando, mentre lo conduceva giù per le scale. "Ho pensato che magari in mezzo alla sala sarebbe meglio. In cima alle scale avremmo dato un po' nell'occhio..." aggiunse.
    No, il senso di colpa non se ne andava facilmente, ma Caitlyn aveva ragione, come Nekibi e Merlino l'avevano avuta a suo tempo. Lui era tante cose ora: un ex-SOLDIER, un ex-Generale di Fastus, un Re. Ma anche un giovane uomo di ventidue anni con un enorme carico di colpe, e di sogni mai vissuti davvero, che non aveva avuto un singolo giorno di una vita normale. Il figlio bastardo di Uther Pendragon, uno dei due ultimi eredi al Trono. Un cameriere in una caffetteria di Arendelle. Così tante persone, tutte rinchiuse in un singolo, fragile e spaventato involucro.
    "Credo..." disse, a voce bassa. "Credo che sia un valzer. Tu lo sai ballare?" avrebbe tenuto la sua mano, alzandola leggermente, mentre portava quella libera poco sotto la sua spalla; le coppie con un elevato grado di confidenza decidevano per portare la mano al fianco del partner, ma non era quello il caso. "Sarà un po' difficile ricordarmi i passi..." ridacchiò imbarazzato. Non voleva rovinare oltre quel momento coi suoi pensieri.
    Perché prima di tutto, era un essere umano. Gli sbagli che aveva fatto lo avrebbero perseguitato per tutta la vita e anche dopo, e non si sarebbe mai sottratto dal pagarli; ma avrebbe difeso la propria vita, perché non era con la morte che intendeva espiare le proprie colpe, ma con ogni suo respiro. Aiutando gli altri, rendendoli felici, cercando di ripagare la morte di duecentocinquantamila persone salvandone almeno duecentocinquanta milioni.
    Una danza lunga e pericolosa, molto più di quell'innocuo valzer, ma ne avrebbe eseguito ogni passo anche costo di cadere, e cadere ancora.
    "Uno, due..." sussurrò. "O-okay, credo di ricordarmi qualcosa..." sorrise, anche se le sue preoccupazioni non abbandonavano del tutto il suo viso. "Tu te la stai cavando decisamente meglio!" aggiunse, stringendo un po' più forte la sua mano. La tranquillità che provava, il cuore che gli batteva forte ogni volta che i loro sguardi si incrociavano. La capacità della sua voce di ammansire i suoi dubbi. E quel desiderio così bruciante di volerlo rendere felice, di proteggerlo dai mali di quella guerra per quanto possibile, anche se sapeva che in quanto Keyblader un giorno anche Matt sarebbe stato in una battaglia vera...

    Si stava innamorando di Matthew Rainsworth. Ciò di cui non aveva idea era che il lago in cui credeva di starsi immergendo era, in realtà, un infinito oceano.
     
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    Quanto tempo era passato, quanti anni erano volati così, senza che se ne rendesse conto. Quella del tempo che scorre era una consapevolezza stranamente recente per lui, che si era chiuso nel suo sogno fittizio pur di non affrontare la realtà. Per mesi e mesi aveva fatto finta di nulla, convinto che nulla fosse mai cambiato, che nulla potesse mai cambiare in quel mondo tranquillo e placido, lontano dalle rotte più famose, immobile come la vita dei suoi abitanti. Un'attesa, una di quelle che non solo lui ma probabilmente tutti gli abitanti di Arendelle avevano iniziato a credere infinita. Ed invece non lo sarebbe stata: presto le porte del palazzo si sarebbero riaperte, una nuova possibilità per tutti loro, ma questo significava anche che non era più possibile sfuggire dalla realtà.
    Il tempo era passato, che lui se ne rendesse conto o meno: così gli alberi intorno a casa erano cresciuti sempre di più, le case avevano perso il loro colore originale per essere ridipinte ancora e ancora, le navi che un tempo avrebbe saputo riconoscere a memoria adesso spuntavano appena nel porto, percorse da così tante nuove bandiere. Tutto era cambiato, persino lui: il bambino che un tempo osservava con leggera noia gli adulti ballare a palazzo, che si divertiva a volteggiare tra le braccia della madre splendidamente agghindata adesso era un uomo, un giovane pronto a prendersi le sue responsabilità. Almeno così sarebbe dovuto essere, non era quello il senso di un debutto in società? Dimostrare a tutti che si era in grado di badare a sé stessi, di essere pronti a mettersi in mostra, essere giudicati. Da lì in avanti qualsiasi sua azione, qualsiasi sua scelta avrebbe avuto una profonda importanza. Lo sapeva, lo sentiva. In fin dei conti, non era forse vero che si trovava di fronte ad una guerra di cui non aveva mai saputo nulla? Non era forse vero che, per ogni persona che incontrasse lungo il suo cammino, una nuova tragedia, grande o piccola che fosse, gli si parava davanti? Era il momento di fare qualcosa, di fare la sua parte, di essere giudicato... E la cosa lo terrorizzava. Certo, il suo animo spontaneo e allegro lo aiutava a non pensarci, a prendere con spensieratezza decisioni che altri probabilmente avrebbe ritenuto stupide, ma questo non significava certo che lui, sotto quel sorriso sempiterno, non potesse chiedersi se sarebbe mai stato in grado del suo compito. Quello di keyblader, certo, ma anche di figlio, di amico, di cittadino. La sua vita era divisa tra il suo passato e le aspirazione del futuro, tra ciò che doveva fare e ciò che avrebbe voluto. Responsabilità e speranze non sempre andavano d'accordo e lui, spesso, si chiedeva se mai sarebbe riuscito a trovare il proprio equilibrio.

    Un equilibrio leggero, come i passi che uno dopo l'altro lo accompagnavano nuovamente tra la folla, lo sguardo rivolto verso il basso per nascondere parte del proprio disagio. Non voleva dare ad Arthur l'impressione che quell'invito l'avesse infastidito, al contrario, era solo che... La sua mente formulava mille ipotesi: alcune pratiche come l'idea che forse qualche abitante della città avrebbe potuto parlare di loro a lungo se li avessero visti, oppure l'idea che l'etichetta gli impedisse di rifiutare la richiesta di un nobile senza sembrare scortese o peggio, ingrato; altre, decisamente più da lui, giungevano direttamente dal suo cuore, da quella marea di sensazioni che non riusciva ancora bene a comprendere ma che già da giorni lo coglievano di sorpresa. Capitava quando si ritrovava a fissare Arthur senza essersene reso conto, quanto riceveva da lui l'ennesima favore e non sapeva come ringraziarlo, quando notava quel sorriso farsi strada tra i pensieri dell'altro, e lasciargli respiro per qualche istante.
    Per qualche istante si ritrovò persino a pensare a Charlotte, a quella strana e scomoda discussione che avevano avuto qualche tempo prima alla locanda, ed improvviso si ritrovò ad arrossire, portare la mano libera al volto e poi tentare disperatamente di dissimulare, ricordandosi di essere proprio lì, accanto ad Arthur, in procinto di ballare con lui. Non decisamente il momento migliore di mettersi a rimuginare su certe cose.
    "Non mi permetterei mai di criticare le vostre abilità di ballerino, vostra altezza, ma permettetemi di dubitare delle abilità innate di qualche sovrano..." Si ritrovò a ridacchiare sommessamente ripensando a quella volta che ad Arendelle venne in visita il Duca di Wesleton, un uomo decisamente strambo, convinto anche lui di essere un ballerino innato. Le sue movenze da galletto baldanzoso avevano costretto suo padre a portarlo via prima che il sé bambino finisse per ridergli in faccia e causare un disastro diplomatico.

    Fu quel pensiero ad accompagnarlo giù per le ultime scale, e quando finalmente giunsero nella sala da ballo si sentì istintivamente sotto pressione. La mano libera corse immediatamente tra i capelli, preoccupato che potessero essere disordinati, e quasi ignorò la voce di Rufus che, forse capendo la situazione, si limitava a borbottare qualcosa di tanto in tanto e poi zittirsi. Una renna decisamente burbera, il suo compagno d'infanzia, ma persino lui era in grado di capire che quel momento fosse particolarmente delicato. E chissà, forse come spesso accadeva, Rufus aveva già compreso cose che Matt faticava ad ammettere, spaventato o forse semplicemente confuso.
    Annuì alla supposizione di Arthur, mettendosi a sua volta in posizione, e quando la mano dell'altro si poggiò sulla schiena si sentì fremere per qualche istante. Non capitava molte volte che si trovassero così vicino, per non parlare dell'importanza che un simile evento aveva per Matt. Forse lentamente si stava rendendo conto di quanto tenesse a lui, del perché gli bastasse così poco per sentirsi così felice e sereno al suo fianco. Nonostante tutto quello che lo aspettava, tutto quello che sarebbe successo, con lui accanto sentiva che tutto sarebbe andato per il verso giusto. "Non sottovalutare le mie abilità, dopotutto ho imparato dalla migliore danzatrice di tutta Arendelle." Un sorriso malinconico si dipinse sul suo volto nell'immaginare i suoi genitori ballare vicino a loro come erano soliti fare un tempo, avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poterli rivedere almeno un'ultima volta.
    Ma la danza si sa, detta i tempi di ogni cosa, in quell'armonia precisa e ordinata che regola ogni cosa. Così i violini iniziarono a suonare sempre più vivacemente, e senza nemmeno rendersene conto ecco che i suoi piedi si erano mossi, seguendo i movimenti del suo cavaliere. Spontaneamente, così tanto da stupirsi di sé stesso e dimenticarsi ben presto di contare i passi.
    "Ma come, i re non erano innatamente dei ballerini provetti?" Inclinò appena il capo verso il suo orecchio, preoccupato che il suo mormorio non giungesse, e per un lungo, lunghissimo istante si perse negli occhi altrui, l'espressione imbambolata e l'ennesima risata soffocata. "Non ti preoccupare, dubito che qualcuno presti davvero attenzione a noi, sono abbastanza sicuro che ci siano almeno tre nobildonne attorno a noi e quello, almeno dall'uniforme, potrebbe essere un generale, forse un capitano..." Si sentì quasi in colpa a trovare tanto divertente cercare di capire chi fossero le persone intorno a loro, ma anche quello a suo modo anche quello era segno dell'influenza famigliare. Tornò ad osservare Arthur, rendendosi conto sempre di più che stavano ballando, che stava partecipando ad un simile evento insieme a lui. Qualcosa che non avrebbe mai sperato neppure nei suoi sogni.
    Insomma, certe cose non accadeva, non a lui. Però... I suoi occhi si illuminarono di fronte a quella realizzazione, e senza nemmeno rendersene conto si ritrovò ad aggiungere. "Almeno noi, per questa sera, possiamo essere chiunque vogliamo. E' affascinante non trovi?"
     
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