Il Custode solitario

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    Antonio era tornato dal suo viaggio, e le sue parole stavolta ebbero un effetto molto diverso sullo stoico guardiano. In silenzio, ascoltò tutto ciò che aveva da dire. Avrebbe potuto sentire un'aura diversa nella stanza, come un senso di attesa. Il guardiano lo fissò dritto negli occhi, compiaciuto.

    "Il mio nome è Gilgamesh."

    Esordì. Un silenzio diverso scese nella caverna. Non si sentiva più nemmeno il suono del gocciolio dell'acqua. Gilgamesh si erse nella propria considerevole altezza, impugnando la lunga katana.

    "Lei è venuta a cercarti, contravvenendo a tutte le leggi dei Protoss. Il tuo Esercito aveva bisogno della vostra nave e sono dovuti partire... ma lei ha promesso che sarebbe tornata. Sta tornando, in effetti..."

    Se non avesse avuto quella maschera, Antonio avrebbe potuto pensare che stesse sorridendo. Puntò la lama verso un cestino accanto ad Antonio. Se ci avesse guardato dentro, avrebbe notato che c'erano diverse pietanze e anche da bere.

    "Un dono da parte sua. Puoi concederti di tirare il fiato... ma c'è un'ultima prova che ti attende."

    Inclinò il capo di lato, fissando la sua spada dalla forma incerta e ancora incompleta. Avrebbe atteso che Antonio si rimettesse in sesto (o anche che decidesse di ignorare tutto e concentrarsi su di lui).

    "E' ora di forgiare il tuo Keyblade, Protettore nell'Oscurità."

    Gilgamesh fece un passo avanti.

    "Sconfiggimi, e potrai uscire da qui."
     
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    La mano tremava, la spada dalla forma incerta tintinnava mentre il guerriero sembrava rimanere semplicemente in silenzio, un altro tipo di silenzio adesso che il grande mistero che circondava lui e quella caverna sembrava essere stato finalmente rivelato. Ora che il buio dell’arcano si era diradato non voleva fare altro che andarsene da quel posto.
    Gilgamesh rivelò il suo nome infine e sentì un piccolo preoccupazione scemare finalmente via ora che poteva dare un nome fatto e finito a ciò che sembrava dover affrontare, da come impugnava quella lunga katana.
    Eppure sembrò trattenersi, per il momento, dall’estrarre la lama indicandogli un cestino che gli stava di fianco e di cui non si era accorto.

    “Lei…” Ripeté mentre si chinava per osservare cosa ci fosse. Sentì dei colpi al cuore e alla gola ogni volta che immaginava i suoi passi lungo quel percorso e tutti i pericoli in cui avrebbe potuto incorrere. Tutto perché si era preoccupata che avesse potuto aver bisogno di un pranzo al sacco. Si portò la mano alla bocca per coprire gli sporadici singhiozzi, o meglio, quelli che non riusciva a mantenere; spostò la stessa sugli occhi lucidi da cui scappavano delle fugaci lacrime.
    Ci avrebbe messo un paio di momenti buoni prima di riprendersi ed afferrando il cestino in un silenzioso quanto caldo ringraziamento e spostarlo in un lato sicuro e sperando che non venisse colpito dallo scontro avvenire.
    Impugnò la lama con entrambe le mani ponendosi di fronte a Gilgamesh.

    “Senti, prima di cominciare.” Si sarebbe rivolto all’alto guerriero schiarendo la voce ancora incrinata dalla commozione. L’incertezza con cui aveva cominciato non riusciva ad andare via ed avrebbe avuto bisogno di un risposta certa, “Penso di capire che tu e questo luogo siate un tutt’uno ma voglio chiederti: tu Gilgamesh vuoi questo scontro? Sceglierò di combattere, se questa è la via, eppure continuo a non credere che questa sia la scelta più giusta.”
     
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    Alle parole di Antonio, Gilgamesh rise. Non di scherno, né di derisione o disprezzo: una risata cristallina e genuina, così inaspettata e genuina che le stesse pietre di quella caverna sembrarono tutte in ascolto per un momento.

    "Molto tempo fa, ero un guardiano. Un protettore."

    Spiegò, la sua voce era placida e serena come uno stagno in una notte senza vento.

    "Non riuscii a difendere ciò che consideravo più importante e questo braccio mancante è il memento imperituro del mio fallimento. Per millenni ho meditato sulla mia colpa. Quando i Protoss mi trovarono li presi sotto la mia ala, istruendo decine di Gerarchi perché guidassero responsabilmente il proprio popolo. Ma ho atteso e atteso una risposta che solo tu mi hai dato, Antonio Kimyou."

    Fletté le gambe, la katana messa in posizione da estrazione per un primo, letale fendente.

    "Desidero questo scontro. Il futuro ci attende fuori da questa caverna."

    Fiamme violacee irruppero sulla lama, illuminando di barlumi indaco le pareti della caverna.

    "Difenditi, Keyblader!"

    Gilgamesh scattò verso Antonio, e al suo fendente ne seguirono altri (Carica Scivolata + Taglio Orizzontale); Antonio avrebbe realizzato che non c'erano magie che funzionassero, né abilità speciali del suo Keyblade. La lama era ancora inerte.
     
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    Gilgamesh sembrava particolarmente convinto di quello che stava per accadere, ma chi non lo sarebbe stato nella sua posizione dopotutto. La riposta che ottenne sembrò essere sincera quando la genuina risata che era risuonata nella grotta adesso silente; era strana la sensazione provata nel sentire quella figura che aveva conosciuto come austera e stoica per tutto il tempo lascarsi andare a quella leggerezza che sembrava non fare davvero parte di lui. Era contento che il suo compito stesse andando a buon fine, parafrasando le sue parole precedenti, e magari adesso poteva lasciarsi andare come essere a se piuttosto che grande guardiano di un luogo fuori dallo spazio e forse dal tempo.

    “Protettore, eh.” Disse fra se e se posizionandosi con la spada fra le mani e sopra la propria testa, era ironico che entrambi avessero lo stesso titolo.
    Gilgamesh fece lo stesso, come i samurai stereotipati di qualche anime pronto ad estrarre la sua lama per dare il primo veloce fendente come tradizione imponeva. Doveva essere quello il suo ultimo compito forse, un ultimo scontro che lui voleva soltanto rifletté, pensiero interrotto dalle fiamme violacee che pervasero la lama e illuminando la grotta.
    Scattò verso di lui notandolo appena, sarebbe stato uno scontro prevalentemente fisico.
    ”Dai, è facile, lo hai già fatto prima.” Avrebbe detto mentalmente prima di balzare di lato cercando di portarsi su un lato scoperto di Gilgamesh. ”Sei arrivato fin qui non puoi certamente sprecare tutto.”
    Se la schivata fosse andata a buon fine Antonio avrebbe immediatamente abbassato le braccia in modo da colpire in affondo il guerriero ora che aveva una buona apertura su di esso.
     
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    I fendenti di Gilgamesh andarono a vuoto, ma il guardiano era già pronto alla prossima mossa: e sollevò una gamba piegata, deflettendo agilmente il colpo dell'arma incerta con un clangore che ticchettò per la caverna. Di nuovo, Antonio avrebbe potuto pensare che dietro quella maschera stesse sorridendo compiaciuto.

    "Non sempre il punto vulnerabile del nemico è il migliore dove colpire."

    A quel punto avrebbe cercato di colpirlo con un potente fendente dall'alto; una finta, poiché era già pronto a continuare con un calcio destro dritto alla sua spalla; se l'avesse parato, si sarebbe trovato scaraventato alla propria destra di un paio di metri.
    Il Keyblade, come se ogni colpo fosse l'esperto colpo di martello di un abile fabbro, sembrava prendere pian piano nuova forma.

    "Specie se il nemico sa che è vulnerabile!"

    Con un balzo, avrebbe tentato di schiacciarlo sotto un altro fendente dall'alto.
     
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    Continuare a combattere non era proprio quello che sperava di ottenere, dopo tutto quello che aveva passato sperava soltanto di poterlo convincere a lasciarlo andare via.
    Quell’arma si sarebbe composta da se molto probabilmente, quante volte aveva visto cose simile accadere proprio quando nessuno se lo aspettava. Riformare quell’arma non gli sembrava essere la priorità principale da affrontare ma Gilgamesh aveva deciso diversamente; avrebbe potuto dirgli che aveva scelto lui per un altro e dopo tutto il sogno che aveva attraversato sarebbe suonato come dargli dell’ipocrita.
    Non c’era il tempo di fare domande a quando sembrava in quanto il guerriero continuava imperterrito nel continuare lo scontro: deviò il suo affondò, il tintinnio del metallo risuono nella caverna come acqua che cadeva in un pozzo.
    Gilgamesh alzò nuovamente la lama in alto e lo scopo ovvio e si sarebbe rapidamente portato indietro ed avrebbe cercato di incontrare il suo secondo colpo, quello portato in balzo, cercando di colpire la sua katana con un attacco portato dalla gamba bassa e impattando con la lama contro quella del guerriero.

    “Non c’è davvero modo di farti cambiare idea?” Gli avrebbe fatto, rimanendo saldo come poteva. “Tutto quel discorso sul prendere le decisioni e poi arrivi all’improvviso desiderando uno scontro? Non andare a lamentarti se poi mi trascini nelle cose.”
     
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    "A volte uno scontro è inevitabile, Keyblader."

    Le spade si scontrarono con un fragore violento e assordante che riecheggiò per la caverna, tanto forte che per un attimo parve incrinarne le stesse pareti. Gli occhi di Gilgamesh scintillarono da dietro la maschera; per un attimo, i frammenti confusi del Keyblade parvero prendere forma mentre Antonio veniva respinto con forza contro un muro.

    "Non si fa mai una sola scelta. Ognuna ne produce altre, tutte insieme forgiano ciò che sei."

    La lama si ricoprì di fiamme nere, scintillò divenendo talmente affilata da poter tagliare l'aria.

    "Le tue scelte hanno riforgiato il tuo Keyblade. Ma solo le fiamme della battaglia possono temprare una spada."

    Un terribile fendente si sarebbe abbattuto su Antonio, così forte da lacerare la realtà stessa; e il giovane avrebbe sentito qualcosa sbloccarsi nel Keyblade, mentre riprendeva forma, più pronto che mai a seguire qualsiasi sua decisione.
     
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    Le lame furiose ballavano nel silenzio della caverna, fragore e scintille in egual misura illuminavano e assordivano: la katana di Gilgamesh si infrangeva contro lui e la sua spada etera con la forza di mille soli e Cuori, il rapporto fra i due era impari a dir poco nonostante tutto quello che aveva passato prima e dopo essere giunto in quel luogo. Si frappose all’ultimo devastante colpo salvandosi per poco e venendo sbattuto violentemente con un muro, qualunque angolo d’uscita completamente bloccato ed i fiammeggianti occhi rossi di Gilgamesh fiammeggiavano su di lui come a seguir il ritmo della sua spada.
    Fiamme nere ghermirono la sua figura e la sua spada mentre l’alzava per fendere un ultimo tremendo colpo; le frasi enigmatiche ed ermetiche del guerriero continuavano a riecheggiare parlando di fuoco, scelte e battaglie.
    Alzò il Keyblade serrandolo fra le mani, Gilgamesh era come una montagna innevata da cui stava per scatenarsi una violenta valanga; rispose ad una domanda a cui aveva già una risposta, non poteva chiudersi a riccio e lasciarlo fare. Avrebbe fatto come si aspettava quello spettro ed avrebbe affrontato quello che gli stava arrivando: nel suo ultimo sforzo si sarebbe lanciato verso Gilgamesh per affondare il Keyblade a terra ben sicuro delle sue capacità ed avrebbe investito il guardiano con il suo scudo impenetrabile.

    “Ho capito!” Gli avrebbe gridato. “Ma ora fammi uscire di qui!”

    Edited by Il grande Boss (?) - 11/7/2023, 20:13
     
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    Antonio non fu accontentato, per molto tempo.
    Il Guardiano sapeva che se fosse uscito in quel momento non avrebbe trovato nessuno; e il tempo scandito dallo scontro delle loro lame fu ben superiore ad una manciata di concitati secondi. Mentre la Guaritrice di Radiant Garden usava la loro insolita nave per solcare lo spazio e salvare ben più di una vita in quei giorni difficili, il Keyblader sarebbe stato impegnato in quella difficile battaglia.
    Nella caverna dove aveva abitato per un tempo infinitamente lungo e più breve di un lampo, il Guardiano poteva sceglierne lo scorrere; e quando infine il giovane guerriero si trincerò dietro l'ineffabile scudo generato dal sui Keyblade, il tempo era ormai prossimo per liberarlo. Antonio avrebbe potuto notare come la barriera sembrasse più forte e inamovibile che mai; ci sarebbe voluta la potenza di una nave da guerra per romperlo, o un nemico dalla potenza a dir poco fuori scala.
    Benché grande fosse la sua forza, non era il caso del guardiano Gilgamesh. Il cui ruolo, dopo quei brevi millenni, giungeva infine a conclusione.

    Aveva atteso, solo in quella caverna, con l'unica compagnia dei Gerarchi Protoss, che nella libertà di un luogo irraggiungibile dal Khala si permettevano di confidargli le proprie paure, i dubbi, le incertezze che ogni figura di comando rispettabile doveva affrontare. Solo uno di loro era venuto a chiedergli consiglio per due volte: e costui adesso era diventato materia di leggenda, un martire del suo popolo.
    Ma la storia dei Protoss non era d'importanza per Gilgamesh. Costoro avevano ritenuto la sua dimora una meta di pellegrinaggio, la sua stoica e silente figura capace di dispensare saggezza e consigli. Ironico, poiché lui era stato l'emblema del fallimento. Il suo braccio mancante non era una medaglia al valore, ma un'onta incancellabile; fu l'esperienza dalla sua parte, un bagaglio di conoscenze superiore, a permettergli di adempiere al ruolo che i Protoss desideravano per lui, nell'attesa che il suo destino, il suo vero destino, potesse infine manifestarsi sotto l'aspetto di un ragazzo di Shibuya. Un ragazzo inadatto alla guerra, inadatto alla sua responsabilità, inadatto al dolore che sarebbe venuto.
    Dalle sue mani poteva scaturire un disastro senza precedenti, o un miracolo. Con i Keyblader era sempre come il fato lanciasse una moneta; e l'universo tratteneva il respiro nell'osservarla roteare nell'aria.

    "Bellissima..."

    Gilgamesh si fermò ad osservare la barriera che si ergeva fra loro. Fulgida, splendente, una torreggiante e inamovibile speranza.

    "Ma ancora incerta."

    Arrocco si frantumò sotto la sua mano poco dopo, ma Gilgamesh non attaccò oltre. L'immensa katana del guardiano si abbassò, per poi svanire in uno sbuffo di fiamme viola. Gli occhi dorati da dietro la maschera si assottigliarono, l'alto avversario inclinò di nuovo il capo di lato, incuriosito, e al contempo, preoccupato.

    "Sei cresciuto, Keyblader. Ma ti manca una convinzione che né io né chiunque altro possiamo darti."

    Il Keyblade aveva preso la forma ambita; non era più quello di una volta, era cambiato, rispecchiava quel cammino.

    "In questa guerra dovrai fare delle scelte. Scelte che ti lacereranno e spezzeranno l'anima. E che ti metteranno in ginocchio se le affronterai impreparato."

    Fece un passo verso di lui. Non era più giudicante o condiscendente, gli parlava come un vecchio maestro che redarguisse un allievo ostinato a ripetere sempre gli stessi errori.

    "La tua esitazione costerà vite, Antonio Kimyou. Alcune potrebbero esserti indifferenti, altre ti lasceranno un vuoto incolmabile. Non soffocare il richiamo del tuo cuore, agisci quando te lo chiede. C'è molto più di quanto pensi in gioco. Questo universo, i tuoi amici, e persino tu stesso... avete bisogno di te."

    Dalla maschera, dal suo sguardo, sembra quasi che stia sorridendo.

    "Hai un dono innato nel trovare una via nascosta. Percorsi che nessuno immaginava. Chissà... col tempo, questa tua bizzarria potrebbe salvarci tutti."

    Puntò un dito sul suo petto.

    "Hai la mia spada, Antonio Kimyou. Nella tua ora più cupa, chiamami, e giungerò in tuoi aiuto. Ma non abusarne. O ti lascerò a te stesso."

    Intorno a loro, la caverna cominciò a tremare, come una superficie acquosa disturbata dal crollo di centinaia di sassolini. Gilgamesh fu avvolto da scintille viola, un turbine che pian piano lo portava a svanire, così come la sua dimora.

    "E' stato divertente..."

    Antonio fu costretto a chiudere gli occhi.

    "Ci vediamo sul campo di battaglia, Keyblader."

    Quando li riaprì, fece giusto in tempo ad accorgersi di essere di nuovo su Zhakul, all'ingresso della stazione di ricerca dei Protoss, prima di venire travolto dall'abbraccio sollevato di Serena.


    La Quest è ufficialmente conclusa. Da qui in poi, puoi continuare a ruolare se lo desideri.

    Antonio ottiene un nuovo Keyblade e una nuova Evocazione: Gilgamesh!


    Gilgamesh

    Gilgamesh è un'Evocazione particolare e dal carattere difficile. Collezionista di armi rare, amante delle sfide e dei duelli, combatte con ferocia fino all'ultimo respiro, ma solo se ritiene il combattimento degno del suo tempo. Se percepisce che Antonio può cavarsela da solo, o se viene evocato contro un nemico che ritiene troppo debole, Gilgamesh non solo non risponderà, ma ignorerà le chiamate di Antonio per il resto della Quest.
    Se Gilgamesh muore in combattimento, non potrà più essere evocato per il resto della Quest.
    In alcuni frangenti, Gilgamesh potrebbe scegliere di entrare in battaglia senza avviso. Queste situazioni sono di solito legate alla presenza di nemici con armi particolari. Se non gli verrà permesso di affrontare questi nemici, e se non riceverà la loro arma in dono, Gilgamesh rifiuterà la chiamata di Antonio per la quest successiva in cui lo chiamerà, e potrebbe anche scegliere di abbandonarlo del tutto. Se gli verrà concesso di tenere l'arma vinta, potrebbe sfruttarla nei combattimenti successivi.

    Autoinfusione: Gilgamesh irrora automaticamente la propria arma con l'elemento a cui è sensibile il nemico.

    Enkidu: Delle catene bloccano il nemico più forte per tre turni. Ogni tentativo di liberarsi ridurrà la sua Salute. (20%)

    ???: Questo attacco porta spesso il nome della spada che Gilgamesh ha scelto di usare. Il suo effetto varia a seconda dell'arma. Se ci sono altri Keyblader nella Quest potrebbe usare il loro attacco senza bisogno di impugnare il Keyblade. (50%)
     
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    Il suo scudo lo circondava come una stella illuminava un solitario cielo notturno, unica fonte di luce in un mare altrimenti vuoto e minaccioso popolato di pericoli ignoti. Sembrava una metafora terribilmente azzeccata, lui e tutti gli altri Keyblader come corpi luminosi che assieme formavano una costellazione ammirabile da lontano e che tenevano a bada l’oscurità incombente, con tutti che tenevano una spalla dell’altro.
    Arrocco sembrava rispondere ancora più forte delle altre volte che l’aveva utilizzato, come se una nuova forza sembrasse essere penetrata fino in fondo nell’anima del Keyblade, qualcosa che l’aveva toccato nel profondo come aveva fatto Gilgamesh dal momento in cui aveva messo piede in quella caverna.
    Questi si fermò appena fuori in contemplazione della barriera esprimendosi in complimenti verso esso che lo sorpresero non poco; Arrocco cedette in un migliaio di particelle di luce ma il guerriero della caverna, nonostante il vantaggio che si era appena presentato, non sembrava più interessato alla lotta e abbassò la sua lama che andò a svanire in una fiammata violacea.
    Parlò di nuovo ed ormai aveva capito che le parole di Gilgamesh avevano sempre più di un significato e cercò l’interpretazione migliore ed almeno trovò una nota positiva nel ricevere la notizia che l’intermezzo nella caverna sembrava essersi finalmente conclusa ma -doveva sempre esserci un ma- aveva compiuto soltanto un piccolo passo in qualcosa di molto più vasta e con molti più ostacoli a seguire, molti che gli avrebbero pesato nell’anima; si permise un commento personale all’interno dei suoi pensieri, gli eventi della Cittadella pesavano già abbastanza per i suoi gusti.
    Per sintetizzare ancora di più Gilgamesh non avrebbe dovuto esitare quando l’occasione e il momento avrebbero richiesto le sue azioni; avanzò nuovamente verso di lui ed in movimento condizionato strinse il Keyblade e la sua stretta gli raccontò qualcos’altro. Era cambiato?
    Avrebbe voluto parlare, dire e confrontarsi con Gilgamesh su quanto era accaduto o su quanto sarebbe potuto accadere ma la caverna sembrava fermare le sue labbra o forse il guerriero stesso: prima che la caverna cominciasse a tremare, la sua intera struttura farsi fragile come un foglio di carta, questi sembrò stringere un patto con lui.
    E di nuovo avrebbe voluto far parlare la sua voce prima di congedarsi ma qualcosa di indecifrabile lo costrinse ad abbassare gli occhi costringendolo ad un inusuale sonno, svegliandosi circondato da una luce appena familiare e ben presto circondato da un paio di braccia che conosceva anche di più, presentate da una treccia di capelli svolazzante. Chi altri l’abbraccerebbe all’improvviso se non lei?
    Ed avrebbe potuto lasciarsi andare e ricambiare semplicemente quel repentino scambio di affetto preoccupato ma decise di andare oltre, prendendo a modo suo le lezioni che aveva appreso, decidendo che l’avrebbe presa per i fianchi in modo da sollevarla da terra.
    Incontrando il volto di Serena però avrebbe sentito un imbarazzo crescente che l’avrebbe portata calarla subito a terra nello stesso modo in cui l’aveva sollevata.

    “Scusa.” Le avrebbe detto, grattandosi dietro la nuca. “Ma mi eri mancata.” Avrebbe aggiunto subito, guardandosi attorno e confermando di essere tornato su Zhakul.

    “Riuscite a dirmi quanto tempo sono stato via?”
     
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