Deepground

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    Il Guardiano della Luce.


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    Le cose non si mettevano bene per Midgar.
    Le chiacchiere e il polverone che si erano sollevati dopo l'intervista a Tuesti avevano reso tutto solo più difficile. Non avevano raccomandato altro a quell'uomo: dovevano far apparire Midgar forte, pronta a scendere in campo in qualsiasi momento. Invece, in preda a chissà quale sentimentalismo, Reeve aveva scelto di parlare di espiazione, di errori del passato. Tutto questo pur essendo a piena conoscenza del loro progetto così tanto anticipato dall'intervento provvidenziale di Partizan. Rufus era stato a dir poco furioso: la reputazione della ShinRa stava uscendo danneggiata da quell'intervista, che metteva in campo fattori che non avrebbe dovuto e caricava sulle spalle dell'intero Consiglio tutta una serie di responsabilità e problemi che non erano interessati, lui per primo, ad addossarsi. Reeve doveva solo specificare che la ricostruzione proseguiva e che presto la ShinRa sarebbe tornata armata e in forze.
    Perché aveva infangato la ShinRa in quel modo?
    Rufus rigirava per il suo ufficio, i passi delle sue scarpe bianche di pelle di Zolom riecheggiavano per la grande stanza. Aveva fatto rimuovere da tempo tutte le chincaglierie inutili, come i busti di suo padre e altre irrilevanti pacchianerie che non comunicavano null'altro che opulenza e superficialità, preferendo uno stile spartano, muri tinti di bianco che mettevano ulteriormente in risalto le alte finestre, i vari supporti che presentavano modelli dei grandi successi della ShinRa erano stati tutti spostati nella zona museo del palazzo; lui aveva preferito che l'enorme spiazzo di fronte alla scrivania rimanesse vuoto, perché al momento opportuno, con la semplice pressione di un pulsante, sedie e un grande tavolo lungo sarebbero comparsi dinanzi ad essa. Era il Presidente della compagnia, non aveva tempo di fare le scale e percorrere corridoi per parlare col suo Consiglio d'Amministrazione. Erano loro che dovevano correre da lui.
    La faccenda dell'intervista lo aveva destabilizzato parecchio. Il responso dell'opinione pubblica era stato sorprendentemente misto, con alcuni che rinnovavano il proprio supporto a Midgar e altri, molti altri, che invece richiamavano la ShinRa alle proprie responsabilità e chiedevano aiuti. Aveva lasciato a Reeve, in quanto suo responsabile urbanistico, il compito di occuparsi di alloggi e ricostruzioni; la mente di Rufus però vagava verso altre preoccupazioni ben più urgenti che gli erano piombate tra le mani alla morte di suo padre. Guardò i rilievi fatti dai suoi esperti negli ultimi mesi, fogli su fogli, tabelle su tabelle che mettevano in luce ciò che Maximilian Shinra aveva accuratamente evitato di riferire al proprio figlio e forse anche a buona parte del suo Consiglio. L'amara verità dietro l'invasione di Wutai e la guerra che aveva sostentato la nazione di Midgar più a lungo di qualsiasi accordo commerciale.
    Molto presto non ci sarebbe più stata una Midgar.
    Si fermò di nuovo a fissare i fogli posti alla rinfusa sulla scrivania. Le scansioni del terreno rivelavano che gran parte dei giacimenti energetici di Mako di Midgar si erano esauriti; avevano a disposizione, al regime a cui stavano andando, forse altri dieci anni di autonomia prima di dover ripiegare su altri combustibili. Midgar aveva fama di essere una città grandiosa e pulita, la Città Alta un vero e proprio esempio di urbanistica sostenibile, perfetta in ogni sua forma. Il Mako era un'energia che non inquinava, che tutti potevano utilizzare; nella sua forma raffinata era capace di sostentare un intero Settore con uno spreco d'energia minimo. Le scorie erano solo Materia, che venivano usate per altri scopi. Eppure tale energia pulita si era trovata più limitata del previsto. Dopo cinquant'anni di estrazione indiscriminata, il Pianeta sembrava restio a continuare a donare. Wutai, d'altra parte, sedeva su un giacimento che avrebbe potuto alimentare il continente intero per un altro secolo ed esso giaceva lì, inutilizzato al punto che non volevano nemmeno concedere loro l'edificazione di alcuni reattori. La guerra era partita da lì; suo padre aveva deciso di anticipare i tempi e combattere per le risorse finché Midgar non era ancora ridotta allo stremo.
    La guerra era durata vent'anni almeno. Gran parte di Wutai era ormai un terreno devastato, ma i suoi abitanti non avevano ceduto nemmeno un centimetro di esso; e dopo la scomparsa di Sephiroth, gli sforzi della ShinRa non erano più stati in grado di far avanzare l'esercito di Midgar, il più avanzato e potente del mondo. La tregua era stata l'unica soluzione, una tregua che Rufus aveva bisogno di rompere. Midgar aveva bisogno delle risorse di Wutai, non c'erano altre fonti energetiche che potessero rivaleggiare col Mako. E anche se fossero passati ad altri combustibili, allestire impianti d'estrazione sarebbe stato arduo. Estrarre il Mako aveva avuto uno strano effetto collaterale – intorno a Midgar qualsiasi risorsa energetica si era del tutto dissipata.
    Si sedette sulla poltrona con un sospiro stanco. Law, il suo grosso segugio nero che dormiva beatamente sul pavimento riscaldato, drizzò le orecchie e levò il capo all'improvviso, ringhiando.
    “Law?” domandò. Era un animale diligente e più che capace di fargli da guardia; ma non faceva mai così, nemmeno quando Scarlet entrava nel suo ufficio. Al massimo la guardava male. Stavolta sembrava visibilmente allarmato da qualcosa. Il cane si alzò subito, irrigidito, continuando a ringhiare contro la porta. D'istinto, Rufus mise la mano nello scomparto segreto sotto la scrivania, afferrando l'impugnatura del fucile.
    Tuttavia, la porta si aprì rivelando solo Tseng.
    “Signor Presidente.” esordì, il suo sguardo sempre marmoreo e incomprensibile, i lunghi capelli pettinati all'indietro. “Ci sono due persone che desiderano vedervi. Dicono che è urgente.”
    Rufus sollevò le sopracciglia, perplesso. Law non si calmava, ma il suo sguardo non era rivolto a Tseng. “Falle entrare.” disse, con un certo rammarico. Era pur sempre il presidente, anche se avrebbe preferito dar retta ai timori di Law. Di solito non si sbagliava. “Ma tienile d'occhio.”
    Tseng lo guardò interrogativo, ma annuì. Rufus si sistemò la giacca e si versò un bicchiere di brandy, sorseggiandolo mentre le persone annunciate entravano nell'ufficio precedute dal capo dei Turks. Tseng si spostò di lato, lasciando entrare un uomo in cappotto e completo neri; aveva i capelli pettinati con cura ai lati del viso diafano, e sulla sua fronte era evidente una curiosa, piccola perla biancastra. I suoi occhi erano colore dell'ambra, contornati da un leggero eyeliner. Accanto a lui c'era un ragazzo che non poteva avere più di vent'anni, basso e molto magro, dagli scomposti capelli bianchi e gli occhi azzurri; si fece largo nella sala con uno sguardo indifferente, meno elegante rispetto all'altro uomo, ma con l'aria di essersi comunque preparato ad hoc per quell'incontro. I capelli ribelli erano stati disciplinati, portava pantaloni e camicia neri sotto una giacca grigia. Law abbaiò furioso appena lo vide; Rufus fece per calmarlo, ma d'un tratto Law si ammutolì e, uggiolando, si ritirò dietro la scrivania.
    “Buongiorno.” disse l'uomo, con un vistoso inchino. “Deduco che il suo mastino non ci veda di buon occhio.”
    “Law è molto protettivo.” disse Rufus. “Non vi farà del male se non glielo comando io.”
    “Speriamo non ce ne sia bisogno allora!” esclamò l'uomo, in tono gioviale. Avanzò verso la scrivania e gli tese la mano. “Lieto di poterla finalmente incontrare di persona, signor presidente. René Berger, per servirla.”
    Rufus si alzò e gliela strinse per educazione. “Il suo nome mi risulta familiare.” disse, guardandolo in tralice. “Conosceva mio padre?”
    “Sì, un'amicizia fruttuosa per entrambi.” disse Berger. Portava uno strano sorriso in volto. “Ahimè, suo padre ha scelto di interromperla ad un certo punto. Posso sedermi? Non intendo rubarle troppo tempo, ma purtroppo non ho più vent'anni.” Rufus annuì. “La ringrazio.” scoccò un'occhiataccia al ragazzo. “Presentati, sciocco. Sei al cospetto del Presidente ShinRa.”
    Il ragazzo voltò uno sguardo pigro verso Rufus. “Uh.” chinò il capo. “Marcel Hepburne. Piacere.”
    “Piacere mio.” rispose Rufus con un cenno. Fu felice di distogliere subito lo sguardo da quel ragazzo mentre si sedeva. “In che senso un'amicizia fruttuosa?”
    “Suo padre era un uomo potente.” disse Berger. “E gli uomini potenti abbondano di almeno tre cose: denaro, alleati e nemici. Mi sono limitato a offrirgli, ogni volta che ho potuto, tutto l'aiuto necessario per tenere a bada le ultime due. È il mio lavoro, ed è qualcosa in cui ben pochi mi superano.”
    “Interessante.” disse Rufus, sebbene non con particolare convinzione. “Ma mio padre non ha mai parlato di voi. Se mi ricordo il vostro nome è perché l'avrò incrociato in qualche agenda e senza spiegazioni.”
    L'uomo annuì. “Naturalmente. Sarebbe stato pericoloso il contrario. Per lui.”
    Rufus lo squadrò, quasi trapassandolo con lo sguardo. “E a cosa devo la sua visita? Ha detto a Tseng che era urgente.”
    “Sì, è così.” assicurò Berger. “Vede, signor Presidente, è da molto che seguo gli avvenimenti di Midgar e non posso fare a meno di notare che vi siete, per dirla in parole gentili, messo con le spalle al muro.”
    Rufus alzò un sopracciglio. “Prego?”
    “Un SOLDIER traditore ha scosso Midgar dalle sue fondamenta.” rispose l'uomo. “Due Prima Classe in una relazione clandestina sono morti nel crollo dei Settori. Il vostro stesso Dio ha sabotato i vostri sforzi contro Wutai. Malcontento e dubbi serpeggiano nei Sobborghi e ad Edge e il Progetto Skyfall non è più un segreto.” Tseng, lì vicino, parve irrigidirsi ma non proferì parola.
    Rufus sentì la gola riarsa all'improvviso. Non volle avvicinarsi al bicchiere. Non voleva mostrare a quell'uomo che quella sfilza di problemi lo preoccupasse. Fece un impercettibile respiro, non fece movimenti che potessero tradire la sua agitazione. “Sono solo piccoli intoppi. La gente è disposta a credere a tutto dopo una tragedia, signor Berger.”
    “Sì, se tali voci venissero da pazzi in qualche bar o dal Wall Market.” rispose Berger. “Ma così non è, presidente. Queste voci vengono da coloro che più avete vicini, dai vostri SOLDIER e dai vostri Turks. E Reeve Tuesti, nella sua ingenuità, vi ha solo compromesso ulteriormente.”
    “Un bel quadro!” esclamò Rufus, allargando le braccia. “Quindi? Sono cosciente dei problemi della mia città e del mio mondo, Berger. Venga al dunque.”
    “Come avete intenzione di risolverli?” domandò l'uomo.
    Rufus sbuffò. “Non sono affari che la riguardano, Berger. Comincio a capire perché mio padre ha tagliato i ponti con lei.”
    L'uomo si corrucciò. “Maximilian Shinra mi ha tagliato fuori perché credeva di avere la situazione in pugno.” rispose, in tono annoiato. “Nel momento in cui il mio sostegno gli è venuto meno ha cominciato a perdere alleati e farsi sempre più nemici. No, non ne sono direttamente responsabile.” aggiunse, con un sorriso gentile. “Non è nella mia politica interferire con chi non è interessato ai miei servigi.”
    Rufus lo fulminò con lo sguardo. “Spero non sia una minaccia.”
    “Assolutamente no!” esclamò Berger. “Ho risposto alla sua affermazione, signor Presidente. Quanto alla sua esortazione a venire al dunque, farò come chiede.” si schiarì la voce e si accomodò sulla sedia, concedendosi addirittura di accavallare le gambe e puntellarsi i polpastrelli. “Iniziamo con l'ammettere le cose per come stanno: non avete nessun piano e state solo sperando che passi la tempesta. Inutile dirle che non passerà, presidente.” Rufus artigliò i braccioli della poltrona, ma non parlò. “Avete gettato Tuesti in pasto ai media sperando che incassasse il colpo, invece ne sta emergendo come una figura che possa far rinascere la ShinRa dall'organismo corrotto e incancrenito che è. E quando scopriranno del Progetto Skyfall e che avete depauperato il continente per centinaia di chilometri intorno ad ogni città con un reattore Mako, pregherà di essere morto nel crollo.”
    Rufus sbuffò. “Ma voi avete una soluzione, presumo.” ghignò, con sarcasmo. “Quanto mi costerà?”
    L'uomo scosse la testa sconfortato. “Perché tutto deve ridursi al vile denaro?” sospirò. “Midgar è molto più importante di così, presidente, anche se il vostro Dio l'ha abbandonata a se stessa. Una Midgar in preda al caos, magari con qualche rivolta di mezzo, non serve a nessuno. Midgar ci occorre forte.”
    Abbandonata? Effettivamente, sembrava che gli Heartless fossero tornati a visitare quel mondo seppur in numeri minori. I suoi SOLDIER si stavano rivolgendo solo ad essi negli ultimi tempi e viaggiare coi varchi oscuri si era rivelato più semplice. Dicevano di aver avvistato Cloud Strife e Tifa Lockhart, che molti avevano visto morire tempo prima, camminare per strada e fare l'autostop come una coppia di turisti qualunque; aveva subito messo da parte certe affermazioni, ma c'erano dei fattori da considerare. Forse il Dio di Midgar aveva davvero allentato la presa sul mondo, ma in quel caso come avrebbero dovuto interpretare un simile atto? Potevano davvero tornare a vivere le proprie vite senza la sua interferenza nelle loro decisioni? Tuttavia, ad impensierirlo fu l'ultima affermazione di Berger. Spostò lo sguardo su Marcel, ma quello sembrava impegnato per fatti propri, e tornò a concentrarsi sul principale interlocutore.
    “Non ha ancora accennato alla soluzione.” disse, accigliandosi. “E chi sarebbe questo noi di cui parla, se posso chiedere?”
    L'uomo gli rivolse un sorriso mellifluo. “Sa benissimo di chi parlo.”
    Rufus sbuffò. “Fastus.” realizzò, scuotendo lentamente la testa. “Non vi sareste mai avvicinati a Midgar con la barriera ancora attiva e adesso eccovi a mendicare alla mia porta. Mi chiedevo quando avrebbe cominciato a giocare a carte scoperte. Che cosa vuole ancora Fastus da Midgar, Berger? Sempre che sia il suo vero nome.”
    “Oh, lo è.” assicurò l'uomo. “E come ho detto, Fastus desidera che Midgar sia forte. Radiant Garden sta diventando un problema troppo grosso da affrontare, i suoi ranghi si stanno ingigantendo. Le sue armate cominciano a respingere gli assalti degli Heartless con migliore organizzazione. Siamo ben lungi dal perdere la guerra, per carità...” mise una mano avanti, con indifferenza. “Ma le vittorie che stanno inanellando non sono ideali.”
    “E con ciò?” Rufus bevve dal suo bicchiere.
    “Non vuole essere una spina nel fianco del Comandante Gallaway, Presidente?” chiese Berger con un sorrisetto. “Ha umiliato Midgar per primo, mi sembra, rifiutando di cedere un pericoloso prigioniero di guerra. Sa dov'è adesso Partizan?” Rufus si trovò a versargli da bere senza neppure accorgersene. “Ad Arendelle. A servire pasticcini e cioccolate calde alla gente.”
    Rufus stritolò il bicchiere. “Arendelle...?”
    “Sotto la protezione di un Keyblader, nientemeno!” esclamò Berger con indignazione. “Ma i Keyblader sono soliti parteggiare per i criminali. Gallaway ha liberato dei prigionieri in attesa di esecuzione a Port Royal. Alcuni Keyblader sono stati addestrati da un pericoloso contrabbandiere ricercato dalla Federazione Intergalattica e hanno fatto il diavolo a quattro per liberarlo! Posso?” Rufus, stranito, gli lasciò prendere la bottiglia di brandy e un bicchiere vuoto. “Grazie. L'indignazione fa seccare la gola, lei converrà.”
    Eccome, si disse mentre sorseggiava ancora dal proprio bicchiere. “Rimane il fatto che Fastus ha attaccato Midgar.”
    “Fastus?” ripeté Berger. “Siamo sicuri che non si trattasse solo della vendetta isolata di un SOLDIER pazzo per il dolore?”si portò il bicchiere alle labbra, concedendogli un momento di silenzio. “Fu suo padre a tradirlo, presidente. Maximilian Shinra ordinò che venisse messo a tacere perché parlava contro la guerra a Wutai. Ma Fastus lo raggiunse in punto di morte e lo salvò facendone il suo servo. Come schiumava di rabbia ogni volta che si parlava di Midgar! Era solo questione di tempo. Tutto il piano per distruggere la città era solo opera sua, e chissà quali tragedie avrebbe potuto portare se avesse avuto l'effettiva capacità di aprire quel portale oscuro del tutto! Per fortuna non è stato così.” sospirò, sollevato.
    Rufus chinò il capo. “Ma lei ha detto che il Progetto Skyfall sta diventando di dominio pubblico.” Deglutì a vuoto. “Non possiamo controbattere.”
    “Ne è sicuro?” Berger posò il bicchiere. “Dove crede che sia andato a finire il professor Hojo, presidente?”
    Ottima domanda. Chiunque a Midgar lo cercava ma nessuno sapeva dire dove si trovasse, nemmeno lui. Gli altri del Consiglio d'Amministrazione non andavano d'accordo con Hojo e lui li trattava tutti come poveri deficienti, Rufus compreso, ma quello era un errore. Rufus non era stupido come credeva e aveva le sue teorie. Hojo sapeva che tutti lo avrebbero cercato in lungo e in largo e la cosa migliore da fare in quel caso era...
    “Qui.” disse Rufus. “Hojo è nascosto qui.”
    “Ma non sa dove.” Berger sorrise. “Lasci che la illumini. Ancora adesso, ostracizzato dai suoi stessi concittadini, Hojo sta lavorando duramente per Midgar.”
    Rufus strabuzzò gli occhi. Aveva creduto che quel progetto fosse stato abbandonato da tempo per via dei costi umani troppo elevati persino per suo padre. “Deepground...?”
    “Esatto!” esclamò Berger. “La risposta a tutte le domande è lì, presidente. Il Progetto Deepground, la chiave per rimuovere ogni resistenza.”
    “Ma anche se sedassimo la rivolta adesso non basterebbe!” disse Rufus, alzandosi in piedi. Andò verso la finestra, da dove si vedeva l'enorme Squarcio che aveva sfregiato la città per sempre. “Rimane una questione non indifferente, Berger. Le risorse scarseggiano. Anche se il Progetto Deepground andasse a buon fine, non basterebbe. Il Mako...”
    “Non si preoccupi.” disse Berger. “Marcel è qui per questo.”
    Rufus fissò il ragazzo silenzioso con un'espressione sgomenta. Law era rimasto quieto tutto il tempo, ma continuava a guardare in sua direzione con la coda tra le gambe. “Marcel?”
    “Basta ridare forza al Cuore del Mondo.” spiegò il ragazzo. “Cercherò i candidati migliori per la città, ne ho già trovato qualcuno.”
    Solo ora notò che aveva un occhio più chiaro dell'altro; sembrava quasi vitreo, ma si muoveva assieme all'altro tranquillamente e sembrava abbastanza reattivo. Rufus si incupì. Sapeva di star passando da un problema all'altro, ma non era così stupido e arrogante da credere di poter fronteggiare una probabile rivolta da solo. Se i segreti di Midgar fossero venuti a galla... sarebbe scoppiata una guerra civile che non potevano vincere. Specie se fosse venuta da SOLDIER e Turk.
    “In cambio di tutto questo, devo essere fedele a Fastus?” domandò Rufus.
    “Oh no.” Berger scosse la testa. “Non se non lo volete. È sufficiente che non siate dalla parte di Radiant Garden. In fondo ne avete tutti i motivi.”
    Era indeciso. Molto. Se fosse scoppiata una rivolta, Radiant Garden non avrebbe mosso un dito – o avrebbe caldeggiato i ribelli. Fastus perlomeno gli garantiva di poteri occupare dei propri problemi senza interferenze. “Ho...” deglutì a vuoto. “Ho bisogno di tempo per rifletterci, Berger.”
    “Riflettere?” l'uomo fece spallucce. “Mio caro Rufus, io non ti ho proposto proprio nulla. Ti ho solo presentato opzioni che sono già sotto il tuo controllo. E come siamo arrivati, ce ne andiamo.”
    Marcel posò una sfera sulla scrivania. Il piccolo tonfo vitreo che emise rimbombò come se pesasse una tonnellata; avvertì quel rumore dritto nel cuore, e per un momento gli fece saltare un battito. Era nera, lucida, perfettamente levigata; non c'era una singola imperfezione. Dentro di essa una sottile luce azzurrognola sfarfallava di quando in quando, appena visibile, come un'iride dai colori invertiti. Rufus la guardò sentendo le mani tremare; Law uggiolò e nascose la testa sotto le zampe. Interrogativo, fissò Marcel ad occhi spalancati.
    “Un regalo.” disse Marcel. “Usalo quando ti servirà.”


    Era da solo, di nuovo, nel suo ufficio. Il movimento ipnotico della luce nella sfera nera era la sua unica compagnia. La fissava ad occhi spalancati, domandandosi se fosse saggio perseguire la via su cui si stava incamminando; ma se era tutto come Berger aveva detto, Hojo stava già avviando da solo il Progetto Deepground e Marcel non stava chiedendo il suo permesso per fare qualsiasi cosa volesse al Cuore del Pianeta.
    Era uscito completamente sconfitto da quella trattativa, sempre che si trattasse di questo. Gli era sembrato per tutto il tempo che Berger avesse in pugno la situazione e la stesse portando sempre dove voleva lui; e forse era per quello che suo padre aveva messo da parte quell'uomo. E quel Marcel... Rufus si era fregiato di non essere una persona incline alla paura; ma ogni volta che ricordava che quel ragazzo era nella stanza, sentiva il bisogno di fuggire.
    “Tseng...” esalò. Il suo capo dei Turk poteva vederlo madido di sudore, scarmigliato, gli occhi arrossati. “Che cosa devo fare...?”


    “Davvero ha già dei candidati?” disse Nyarlathotep, sulla cima dello ShinRa Building. Il vento fustigava il suo cappotto. Marcel guardava di sotto, un luccichio famelico negli occhi. Qualcosa aveva attirato la sua attenzione e sembrava scalpitare per gettarcisi contro.
    “Sì, almeno un centinaio.” annuì. “Ma non credo che sopravvivranno in tanti. Forse due.”
    “Questo mondo è davvero così importante?” domandò.
    Marcel mise il cappuccio. “No.” ghignò. “Ma se lui si sta muovendo, non posso essere da meno.”
    “Voi!”
    Nyarlathotep si girò di scatto, ma Marcel fu più lento. Coperto dal cappuccio, sembrava d'un tratto colossale e terribile. Mise le mani dietro la schiena, e persino nell'oscurità che copriva il suo volto gli sembrava che lo stesse guardando dall'alto in basso. C'era un ragazzo coi capelli bianchi davanti a loro, molto simile a Marcel in effetti, e puntava contro di loro un Keyblade.
    “F-fermi dove siete!” esclamò. “Sento la vostra Oscurità da qui! State con Fastus, vero?!”
    Le labbra appena visibili di Marcel si incurvarono in un sorriso indecifrabile. La mano del Keyblader prese a tremare, mentre l'incappucciato avanzava a passi lenti e inesorabili come il tamburo che precedeva l'impiccagione verso di lui; d'un tratto fece cadere l'arma e indietreggiò, tanto da rischiare di cadere dal tetto dell'edificio. Marcel tese una mano e la caduta del ragazzo fu sventata; rimase bloccato a mezz'aria, le braccia ancora semispalancate.
    Con un gentile gesto del braccio, il Keyblader fu riportato carponi sul tetto, dove fece per andare verso il Keyblade, ma Marcel vi pose un piede sopra. E nonostante fosse una cosa di solito inefficace contro un Keyblader, esso non tornò alla sua mano.
    Marcel sorrise, reclinando il capo di lato. Si chinò di fronte al ragazzo terrorizzato, avvicinando una mano alla sua fronte.
    “Non aver paura...”
     
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