Little Girl Gone

Per Chris

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    Teru Sakamoto



    Teru prese un lungo, profondo respiro, arrendendosi dopo l'ennesima lettura di quel paragrafo e buttandosi con tutta la schiena contro lo schienale della sedia. Erano passate ormai ore, ore con la schiena incurvata sui suoi libri, ore passate a studiare libri universitari considerabili fin troppo complicati per ragazzini della sua età, ma che lui era ormai da mesi che se li divorava da quanto veloce riusciva a leggere.
    Non si era mai considerato un ragazzino particolarmente intelligente, a scuola era considerato sulla media, forse un una media tendenzialmente più alta rispetto ad altri suoi compagni, ma nulla di particolarmente eclatante. Non si era mai spinto oltre quanto veniva richiesto dalla scuola, non si era mai interessato ad argomenti in particolare, bensì studiava con interesse limitato un po' a tutto.
    Stavolta però era diverso.
    Chiuse il libro davanti a sé, accarezzandone la copertina e alzandosi subito dopo. Era in biblioteca, ormai il personale lì dentro lo riconosceva e lo salutava. Era solito trattenersi con gli studi fino a praticamente la chiusura, più volte era finito col farsi cacciare dagli addetti alle pulizie. Oggi però era differente, oggi avrebbe provato a mettere in pratica quanto aveva studiato fino ad oggi.

    Ma prima, facciamo qualche passo indietro...

    Dennis era sparito, di nuovo. Nessuno aveva saputo più nulla, e nonostante i tentativi da parte di Teru di rientrare in contatto, di Dennis non vi era alcuna traccia. Né un messaggio né una lettera, nulla. Teru era devastato dalla cosa, e per quanto si sforzasse a sorridere dinanzi a Shinichi, per quanto si sforzasse a cercare sempre il lato positivo di tutte le vicende, nemmeno dal suo migliore amico stava più ricevendo effettivi responsi.
    Da quando era stato salvato dall'altra Madre, Shinichi a malapena lo guardava negli occhi. Teru aveva preso l'abitudine di fermarsi da lui e allungargli gli appunti della lezione, di parlargli della giornata, di tenerlo aggiornato sui fatti quotidiani. Ogni giorno, tuttavia, una piccola parte di Teru andava spezzandosi. Ogni giorno che alle sue domande non riceveva risposta, la luce che era solito portare nelle stanze più buie si affievoliva. Distrutto dalla totale assenza dei suoi due pilastri, non appena anche Shin scomparve, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
    Sapeva bene delle sue condizioni, sapeva della sua situazione complicata in casa, ma da qui a sparire nel nulla, anche lui senza una traccia di messaggio... Teru era disperato, e non sapeva che fare. Perché non gliene aveva parlato? Perché non gli aveva dato il minimo segno di interesse, o anche solo un accenno a come volesse andarsene da lì. Se solo fosse stato capace di recepire i messaggi anche più taciti, se solo fosse stato in grado di leggere il linguaggio del suo corpo...
    Due parti di sé erano sparite, di nuovo, e Teru ora si sentiva terribilmente solo.
    Preso da un attimo di follia, da quel giorno Teru s'incamminò per il suo lungo, personale viaggio. Senza una meta precisa, con in spalla uno zaino e un borsone fin troppo pesante per il suo corpo così gracile, il ragazzo si fece accompagnare a Radiant Garden. Aveva lasciato una lettera ai suoi genitori - lui almeno qualche messaggio lo lasciava - dove li assicurava che sarebbe andato tutto bene e che si sarebbe allontanato solo per qualche mese. Una follia da parte di un ragazzino di soli 14 anni, ma necessaria per intraprendere quella strada.
    Riuscendo presto a ingranare nelle meccaniche di quel mondo ancora più dinamico di Shibuya, Teru passava la maggior parte del tempo in biblioteca. Inizialmente studiò qualcosa sui mondi che lo circondavano, per poi finire su una pila infinita sulla psicologia umana. La biblioteca a disposizione era veramente ben fornita, ancora di più di un'università di Shibuya. Con la possibilità di studiare libri provenienti da mondi più sviluppati, le possibilità di approfondire quell'argomento a Radiant Garden erano infinitamente più vaste.
    Perché Teru non solo voleva ritrovare i suoi amici, ma voleva anche comprenderli, aiutarli, riportarli sulla strada giusta se necessario.

    Scese le lunghe e infinite scale che portavano alle prigioni, facendo una piccola deviazione rispetto alle celle dei detenuti più comuni, fermandosi giusto in tempo per trovare un uomo sulla trentina. Vestito in maniera elegante, spiccava rispetto alle divise delle guardie che aveva trovato in giro. Non aveva il tipico camice bianco anzi, sembrava tutto tranne che un dottore. Teru ingoiò a vuoto, accennando un flebile sorriso e sollevando la mano in segno di saluto. Il suo volto era leggermente più spigoloso di prima, il suo fisico sì gracile ma leggermente più robusto, la sua altezza decisamente aumentata. Le lentiggini che gli coprivano guance e naso nascondevano le imperfezioni della sua pelle, spuntati non troppo tempo fa, tipico segno della pubertà.
    "Buon pomeriggio dottore, sono qui per... Himiko Toga." La sua voce, ancora acuta, tradiva quell'aspetto più cresciuto. Le sue movenze erano rilassate, la sua voce, seppur lievemente agitata dinnanzi un esperto della sua materia preferita, era comunque pacata e ferma.
    Si sarebbe fatto accompagnare dinnanzi la cella del soggetto in questione, avrebbe ascoltato tutti i consigli vari ed eventuali per approcciare al meglio la paziente, avrebbe dato il suo contributo, seppur minimo, per analizzarla e dare un suo parere. Il suo caso lo aveva seguito sin da quando era stata spostata nelle celle di Radiant Garden, e nonostante lui fosse ancora un ragazzino, voleva già iniziare a mettere in atto quanto studiato.
    Certo, il suo percorso sarebbe ancora stato lungo, molto lungo, ma forse, per la prima volta in 15 anni, si sarebbe finalmente sentito utile in qualcosa.
    Sedendosi dinnanzi la cella, Teru sospirò, cercando poi con lo sguardo la ragazza.
    "Toga, Himiko Toga...?"

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    Il primo tentativo non è mai quello che dava il risultato sperato. Il dottor Seward, da uomo di scienza, sapeva bene che era un mantra da doversi ripetere costantemente. Tale motto non era utile unicamente durante le ricerche, ma anche in ambito umano, poiché non si può sperare di ottenere tutto ciò che si desidera senza dover compiere molteplici tentativi. Ora, conscio di tale cosa, era rimasto particolarmente deluso dal primissimo incontro fra il suo soggetto ed i due volontari. Kavadh aveva rifiutato di proseguire dopo aver visto la capacità della ragazza di mutare forma, mentre Tsukishima era stato chiamato d’urgenza per altre questioni più importanti, riguardante un “chissà chi” recuperato “chissà dove” – quanto odiava quelle segretezze in codice comprensibile soltanto ai pochi prediletti. Era conscio, ovviamente, dell’importanza di tali compiti e non aveva fiatato davanti a tale – involontaria, voleva ben sperare! – arrendevolezza. Ciò che realmente lo preoccupava erano le condizioni di Toga.
    La osservò nella sua cella, accucciata come un cane bastonato in un angolo, con diversi libri in mano. Notò meravigliato che l’ammucchiata precedentemente sparsa a terra, adesso, era una composta pila al suo fianco. “Carmilla” di Le Fanu rimaneva in cima ad essa, non importava che cosa continuasse a leggere. Eppure erano poche le parole che la ragazza gli rivolgeva e quel sorrisino di presunzione era completamente svanito, sostituito da un’espressione che a primo impatto nemmeno lui riusciva a decifrare. Leggeva tristezza, anche lei forse delusa dal modo in cui era stata “trattata” da quell’intervista. D’altronde, ciò era evidente dalla loro conversazione, appena dopo che i due erano andati via senza troppi riguardi.

    Tratto dal colloquio Uno del paziente Himiko Toga con il dottor Seward

    [Una porta viene chiusa di sottofondo] "Ti chiedo scusa per l'attesa, Toga. Sicuramente no-"


    ”Mi... Mi hanno abbandonata.”

    "Non dire sciocchezze. Semplicemente temo di non aver scelto le persone adatte. Nessuno ti ha abbandonato.

    ”Li ho spaventati e... e se ne sono andati? Ma non ho detto nulla! Non ho neanche avuto il tempo di parlare! Non una domanda, non... nulla! Mi sono solo trasformata!"


    [SILENZIO]



    [La registrazione riprende dopo due minuti e mezzo] "Questo come ti fa sentire?

    "... Morta. Sola. Triste. Faccio... veramente schifo. Forse Arkham è il posto adatto a me. Non chiederò più nulla. Non credo... Non credo... [Inizia a ridere, si sente un verso di sorpresa da parte del dottore] Non credo di voler vivere ancora come Himiko Toga. O come nessun altro."



    Ovviamente questo non era positivo. Quanto meno creava un fondamento per dimostrare ai dottori di Arkham quanto fosse importante la sua ricerca e che era difficile, se non addirittura impossibile, poter decidere se a quella ragazza spettasse un posto nel manicomio. Così aveva scritto, rimarcando come lo stesso Comandante – non volle citare il fatto che avesse conosciuto unicamente la sua Vice, Eileen Walker, durante la sua assenza – riteneva importante un simile approccio: una di quelle pompose ed assurde affermazioni che tanto piacevano ai medici di quel porcile.
    Sentì Toga chiudere l’ennesimo libro e stiracchiarsi, portandolo ad alzare lo sguardo dai suoi fogli e vedere la giovane intento a fissarlo, con lo stesso sguardo che manteneva da molti giorni a questa parte.
    Ormai mi sono abituata a questa cella. Ed alle mosche.” Dicendo ciò, alzò lo sguardo verso la piccola finestra d’aria che la stanza permetteva di avere. “Un po’ mi dispiacerà doverla abbandonare per Arkham.
    Non andrai ad Arkham, Toga.” La giovane abbassò nuovamente lo sguardo, mentre il dottore appoggiava i propri appunti su uno dei mobili del corridoio. “Sono qui appositamente per evitarlo.
    Perché?” La domanda lo colse impreparato. “Pensa veramente possa tornare a vivere in mezzo alle persone? Ho ancora quegli istinti.” Si grattò il braccio, scostando in parte il bendaggio che lo copriva: si era categoricamente rifiutata di farsele cambiare. “Sento ancora il desiderio di bere e di cercare l’amore di chi vuole donarmi il suo sangue. Quindi sono una minaccia per chiunque mi stia attorno. Faccio schifo e merito di morire. Tanto o marcirò in questa cella o mi ucciderà qualcuno fuori di qui.
    Gran prospettiva di vita, insomma.” Himiko non rispose, troppo presa dall’affondare le proprie unghie sulla sua pelle. “Non sarà così e non è perché lo decido io, Toga. Anche solo il fatto che riconosci il tuo problema di porta più in avanti di altri pazienti!
    Si fermò, sorridendo appena, i canini ben in vista e gli occhi più sottili, irrorati da quel bagliore ambrato minaccioso.
    Non fa forse più paura chi agisce da pazzo sapendo di esserlo?


    La giornata, quindi, non era iniziata nel migliore dei modi, né per il dottor Seward, tanto meno per Himiko Toga. Si massaggiò il setto nasale, reggendo con l’altra mano gli occhiali: come agire? Radiant Garden si dimostrava disponibile, certo, ma non aveva avuto modo di parlare direttamente con chi di dovere da un po’: sembravano più che impegnati ad organizzare un attacco altrove. La parola “vampiri” gli aveva fatto rizzare le orecchie, ma anche dileguare il prima possibile: la sua mente non era completamente pronta ad accettare anche quell’ipotesi fra le sue considerazioni per Toga. Uomo di scienza era e da uomo di scienza avrebbe analizzato la situazione.
    Fu per questo che decise di accettare di buon grado un nuovo volontario. Quando gli avevano riferito chi fosse, era rimasto sorpreso dalla notevole e giovane età con cui questo ragazzo si era approcciato al mondo della psicologia. D’altronde vi era chi era più portato di altri e mostrava già i primi interessi in una simile età. Penso che, forse, per la condizione di Himiko, potesse giovare qualcuno meno… pragmatico.
    Quando lo vide arrivare, il dubbio che potesse essere troppo giovane si insinuò nella sua mente. Non lo commentò apertamente, gli venne incontro con tranquillità. Davanti a lui si presentò un giovane alto, nel pieno della pubertà, con lo sguardo pieno di domande, ma determinazione a voler affrontare quell’interrogatorio.
    Buongiorno a te.” Dargli del lei era decisamente fuori luogo. “Teru Sakamoto, giusto? Seguimi pure.
    Proseguirono in un corridoio, a tratti bloccato da diverse porte, abbastanza largo da permettere ai due di camminare fianco a fianco.
    Toga… non è di ottimo umore oggi.” Iniziò a dargli qualche informazione. “E’ rimasta molto sconfortata dall’ultimo incontro ed ha espresso più volte la considerazione di ‘smettere di voler essere Himiko Toga’. Ciò che ti chiedo è semplicemente di parlarle, evitando di sostare troppo su quanto successo l’altro giorno. E’ una avida lettrice, lo noterai tu stesso. E’ molto più docile rispetto a quando era appena arrivata qui a Radiant Garden, per cui non dovresti riscontrare troppi problemi nel parlarle. In ogni caso io rimarrò lì, registrando la conversazione ed assistendo in caso di pericolo. Le sbarre che dividono te e lei assorbono la magia, per cui non dovrebbe essere un problema.
    Avrebbe voluto aggiungere anche che questo non spiegava come mai Himiko fosse capace di poter mutare forma anche dentro la cella, ma, come si era ripetuto più volte, stava usando un approccio di analisi scientifico, escludendo a priori la magia.
    Avrebbe preso una sedia dove farlo accomodare davanti alla cella, senza dire alcunché. Quando erano entrati nel corridoio di Toga, l’aveva sentita muoversi rapidamente, scorgendo appena che si stesse sistemando le fasce lungo le braccia. Non lo guardò in faccia e rimase di spalle. Appena Teru si sedette, però, la giovane drizzò la schiena. Si voltò quando sentì il suo nome, indagando con sguardo assottigliato e stizzito chi l’avesse chiamata. Non fu sorpresa di vederlo, semplicemente sospirò seccata, scuotendo appena il capo e lasciandosi andare ad una risatina.
    No, la pazza che succhia il sangue è in fondo al corridoio.” Gli occhi rimasero sottili, inquisitori, il volto che velocemente si trasformava in uno sguardo giudicatorio. “Chi me lo chiede, oggi? Un altro che se ne andrà alla prima parola a-nor-ma-le o qualcuno che ha già in testa di mandarmi ad ammazzare? Risparmiati fatiche inutili e vai via. Marcirò qua per sempre.
    Il Dottore non si espresse in alcun modo, semplicemente premendo il tasto sul registratore.
    Il secondo colloquio di Himiko Toga era appena iniziato.
     
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    Leggermente teso dinnanzi un esperto della sua materia preferita, non appena il dottore gli rivolse la parola dandogli del tu, Teru cercò come possibile di tranquillizzarsi. All'apparenza sarebbe risultato tranquillo, ma in realtà le mani gli stavano sudando sin da quando aveva iniziato a scendere quella lunga e infinita rampa di scale. Era entusiasta nel poter provare a mettere in pratica quanto studiato finora, ma aveva il timore di fare un passo falso, di premere qualche tasto dolente della paziente e rovinare tutto.
    Scosse vigorosamente il capo non appena il dottore gli diede le spalle quelle frazioni di secondo sufficienti a raggiungerlo. No, doveva smettere di sminuirsi, sarebbe riuscito perfettamente nella sua impresa.
    "Oh, capisco..." Sapeva stesse cercando di eseguire diversi colloqui per avere pareri anche esterni, onde evitare venisse ricoverata ad Arkham. Teru era assolutamente d'accordo col dottore, riportarla ad Arkham non sarebbe stata la soluzione per la sua guarigione anzi, una volta chiusa in una delle loro celle non ne sarebbe più uscita sana. Si chiedeva come fosse possibile che un simile edificio stesse ancora in piedi, ma col tasso di criminalità di quel mondo e la quantità di "nemici" a piede libero... Chi effettivamente aveva il tempo di curare quelli mentalmente instabili.
    "Va bene, grazie delle informazioni." Gli fece un cenno di assenso. "Cercherò di compilare personalmente la scheda della paziente così da darle in seguito il mio parere." Di quelli scritti dal dottore aveva giusto letto quale fosse il suo obiettivo e il motivo di quelle visite, per il resto aveva preferito evitare leggere ulteriormente per influenzare la sua diagnosi.
    "E' già sottoposta a T.S.O.?" In caso di responso positivo, avrebbe eventualmente chiesto cosa stesse assumendo e le sue dosi. Era evidente che il ragazzo avesse già studiato la materia e avesse qualche informazione in più rispetto ad altri partecipanti al colloquio, per quanto avesse ancora tanto da imparare.

    Accettò di buon grado la sedia, mostrando un ultimo flebile sorriso verso il dottore, per poi rivolgersi a Toga dopo un lungo sospiro. L'aveva sentita muoversi all'interno della cella nell'attimo in cui misero piede lungo il corridoio, senza tuttavia comprendere appieno cosa stesse facendo prima, avendola trovata girata di spalle. La ragazza rizzò la schiena sentendo il proprio nome, mentre Teru già aveva iniziato ad annotarsi una frase o due sul suo taccuino.
    "Nessuno dei due casi." Teru chiuse momentaneamente i suoi appunti, posandoli sulla sedia e alzandosi anche lui in piedi. Il suo tipico e dolce sorriso gli increspò le labbra, tradendo quelle leggere occhiaie. "Mi chiamo Teru Sakamoto, ma puoi chiamarmi Teru. Per te va bene se continuo a chiamarti Toga? O preferisci Himiko-san, Toga-senpai..." Ne elencò qualche altro, per poi fermarsi un attimo e studiare il responso della ragazza.
    "Sì, se te lo chiedi, sono più giovane di te." Avrebbe anticipato, per poi unire le mani dietro la schiena e inclinare leggermente la testa di lato, sorridente. Non aveva il suo tipico sorriso a trentadue denti, ma se non altro... Riusciva a sorridere.
    Per ora.
    "Sono venuto qui per parlare con te. Hai quindi qualche minuto da dedicarmi?" Era perfettamente consapevole fosse in una cella e che molto probabilmente non aveva molto altro da fare. Stava semplicemente tastando il terreno, analizzando ogni sua singola reazione, le annotazioni impresse nella sua mente. La sua infallibile memoria era forse l'unico pregio di cui spesso si vantava, capace di ricordare anche dopo qualche ora ogni singolo passaggio delle lezioni seguite durante la giornata. Un grandissimo vantaggio da poter sfruttare per ripassare, non a caso le interrogazioni erano il suo asso nella manica.
     
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    Fu abbastanza felice di notare che il ragazzo fosse in grado di comprendere la difficoltà di una scelta come quella di imprigionare qualcuno ad Arkham. Gli sembrava incredibile come la superficialità delle persone comuni fosse così diffusa anche fra i suoi colleghi, arrivando addirittura a domandarsi come potessero degli uomini di scienza cadere così in basso. Il loro compito era quello di aiutare le persone, fare in modo che potessero essere redente dalla loro attuale situazione e che, in casi estremi come quelli di Himiko, si reintegrassero nella società. Eppure erano ancora troppi quelli che credevano al semplice e meschino metodo della “prigionia ristoratrice” del manicomio di Gotham: come se rinchiudere un cannibale in una gabbia gli facesse passare la voglia di mangiare cadaveri.
    Alla richiesta del T.S.O da parte di Teru, il Dottor Seward annuì appena, squadrandolo con interesse: questa conoscenza era molto notevole. Prese la propria lavagna, ricercando fra i vari documenti inerenti alla ragazza e passando la lista dei vari farmaci adottati: una lista specifica, dovuta anche al cercare il farmaco adatto che si potesse adattare alla peculiarità di Himiko.
    Ti ringrazio per la tua pazienza. Come hai già capito, per me tutto questo è molto importante. Non soltanto per il benestare di Himiko, ma in generale per poter dimostrare a Radiant Garden che vi sono altri metodi per poter arruolare nuove persone.


    La voce giovane del suo interlocutore fu ciò che la fece voltare completamente verso di lui. Attraverso le barre della cella, gli occhi di Himiko incontrarono il sorriso di Teru e ne rimasero sorpresi. Quanto più giovane di lei doveva essere? Si voltò del tutto, rendendosi conto che aveva risposto seriamente al suo sarcasmo. Sperava con tutto il proprio cuore che non fosse noioso e pignolo quanto il dottore su certe cose. Di certo sembrava seguire una via professionale, una via di cui Toga si era oramai scocciata. Era diventata la sua quotidianità.
    Toga. Risparmiati il resto, ti prego.” Fu la sua gelida risposta, rialzandosi in piedi, quasi a voler stabilire una sorta di dominanza sull’altro ragazzo.
    Era veramente più giovane di lei! Quanti anni doveva avere? Non che importasse, ma il dottore era così disperato da aver richiesto l’intervento di un ragazzino pur di farla uscire di lì. Doveva essere in una situazione veramente terribile se era così. Strinse ancora di più lo sguardo, ora posizionandosi davanti alle sbarre e prendendole con un colpo secco.
    Senza offesa… ma che domanda del cazzo è?” Il Dottore alzò lo sguardo dai propri fogli, guardando la ragazza con uno stupore difficile da velare. “Sono rinchiusa qui da due settimane, non ho fatto altro che leggere libri su libri, mangio il minimo necessario e dormo uno schifo.
    Il tono era decisamente incattivito, quasi volesse saltargli addosso da un momento all’altro, ma tradiva una nota di disperazione malcelata nell’uso di determinate parole.
    Senti, lascia che ti domandi io qualcosa.” Sibillò, offesa. “Perchè cazzo sei tu qui? No, parliamo seriamente! Vuoi giocare a fare lo strizzacervelli? Buona fortuna, perchè l’unica volta in cui mi sono messa volontariamente a farmi aiutare mi hanno lasciato sulla cazzo di sedia, ancora legata.
    Seward rimase in attesa, lo sguardo che passava da Toga a Teru, da Teru a Toga. Cosa stava succedendo in quel momento? La ragazza non si era mai comportata in quel modo.
     
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    Il ragazzo serrò la mascella, ingoiando a vuoto. Una reazione così... Aggressiva, nonostante avesse letto gli appunti del professore, fu inaspettata, persino per lui. Non vi erano annotazioni che concernessero i suoi sbalzi di umore improvvisi, o il suo temperamento. Teru tuttavia non si diede per vinta, inclinando anche lui il capo in risposta alla ragazza, osservandola attraverso le sbarre. Si era avvicinata piuttosto in fretta a lui, come se stesse cercando di troneggiare, come se volesse imporre la sua autorità pressoché azzerata.
    Era lei il paziente dopotutto, non lui.
    Il ragazzo sorrise appena, non un segno che potesse anche solo presupporre scompostezza, rabbia o un crescente nervosismo. Ogni genere di reazione aggressiva da parte sua poteva scatenare una bomba dall'altra parte, e lui non era lì per farla rinchiudere ad Arkham. Giovane, sì, incredibilmente giovane, ma di enorme talento.
    "Va bene, Toga." Ripeté, l'impulso di allungare le mani sul proprio taccuino e annotarselo, ma obbligandosi a trattenersi. A giudicare dalla sua reazione, e dal suo sguardo "annoiato", l'approccio professionale non era apprezzato. Poteva aspettarselo, del resto chiunque di quel lavoro prediligeva una certa distanza nei confronti dei propri pazienti, proprio per evitare di farsi coinvolgere emotivamente. E lo capiva bene, infondo dover avere a che fare con migliaia di persone mentalmente instabili tutti i giorni, era un lavoro decisamente difficile e sottovalutato.
    Erano in tanti a presupporre che i medici, per ogni loro paziente, sviluppassero un qualche tipo di legame affettivo. Ed erano sempre i primi ad accusarli di essere dei mostri nell'attimo in cui, giustamente, questi specificavano che non era vero, poiché prendere sul personale ogni singolo caso di ogni singolo paziente, risultava distruttivo col passare degli anni.
    Tuttavia, Teru non era né medico né psicologo, quindi per Toga avrebbe potuto fare un'eccezione.
    "Ah non saprei, magari preferivi tornare a leggere, o mangiare, o dormire uno schifo, piuttosto che parlare con questo completo sconosciuto." Del resto, non poteva di certo dare per scontato che lei avesse voglia di effettuare quella visita! Ma basta con questo approccio così professionale.
    Si schiarì la voce, infilando le mani in tasca e cercando spasmodicamente una pallina antistress che teneva gelosamente nella tasca dei suoi jeans. Era da sempre stato ritenuto una persona prevalentemente socievole, ma da quando era a Radiant Garden, completamente solo e sprovvisto di supporto morale, e soprattutto dopo l'incidente, il ragazzo sembrava un po' distaccato e in difficoltà.
    Osservò di sbieco il Dottore, un cipiglio preoccupato alla domanda della ragazza, ma tornando subito dopo su di lei, sorridendo flebilmente.
    "Ho saputo, e mi dispiace, davvero! Sono qui solamente per parlare, e conoscerti." Ed era vero, era effettivamente interessato a conoscerla come persona, oltre che come dato clinico. Un caso relativamente docile e innocuo rispetto a quelli che si era studiato sui libri, e a giudicare dalla lista che gli aveva girato il Dottore, le dosi degli stupefacenti non erano neanche troppo elevate. Si trattava comunque di una ragazza abbastanza giovane che sì, era ritenuta un pericolo se lasciata scorrazzare in pubblico, ma non da doverla tenere pesantemente sedata.
    Certo che, rispetto a persone comuni, l'assunzione dei suoi stessi farmaci equivaleva almeno a un giorno di coma, con relativa convalescenza.
    "Nessun gioco, promesso." Il sorriso si spense lentamente, osservandola leggermente più serio, continuando a tastare il terreno. "Sembri dispiaciuta dall'ultima volta, come ti ha fatto sentire? Ti va di parlarne?"
     
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    Una reazione così, da parte di Toga, se la sarebbe dovuta aspettare. Forse era troppo presto perchè la giovane fosse nuovamente pronta a ricevere visite? Era stato fin troppo ottimista a pensare che sarebbe bastato così poco a digerire qualcosa del genere? Aveva compreso come si era sentita, l’aveva vista nascondere la propria delusione invano, ma quella rabbia? Era dovuta alla presenza di un esterno, forse?
    Agli occhi di Himiko, in quel momento, non c’era rabbia. Per quanto fosse aggressiva e pronta a mordere Teru, nonostante le sbarre, in realtà non aveva voglia di fare… nulla. Perché era stufa di ascoltare gli altri e non vedere risultati, stufa di sentirsi così presa in giro, stufa di essere presa e rigettata come se fosse un sacchetto della spazzatura. In quel momento se lo sarebbe messo in testa, un sacchetto della spazzatura, legandolo bello stretto al collo in modo tale da non far passare l’aria o il sangue al cervello. Magari in quel modo avrebbe smesso di pensare e se avesse smesso di pensare sarebbe stata finalmente libera da sè stessa.
    Senza nemmeno rendersi conto, si era portata una mano sul collo, le unghie parzialmente conficcate nella carne. Quando Teru rispose alle sue provocazioni, però, sembrò quasi svegliarsi. Inclinò il capo, fissandola come se fosse un animale curioso, riducendo il proprio sguardo a due fessure sottili, sentendo come il tono fosse diverso da quel che si aspettava. Immaginava una risposta ferma, fredda, quasi stizzita, ma invece… La trattò quasi con riguardo. Non era ancora del tutto convinta e si allontanò appena dalle sbarre, quasi iniziando a studiarlo con movimenti lenti, leggeri.
    Tu… Tu sei strano. Strano forte.” Commentò, riaprendo leggermente gli occhi. “Non ti spavento? Ti ho appena urlato contro e sei rimasto. Sei strano.
    Il Dottore si limitò a registrare qualcosa sulla propria lavagnetta, guardando da sopra di essa entrambi i due ragazzi: quella nuova reazione di Himiko era particolare. Si era tranquillizzata rapidamente. Per quanto non potesse definirla calma, anche nei casi testimoniati di vampirismo, aveva avuto un comportamento mutevole particolare.
    Teru. Huh, Teru.” Ripetè lei, iniziando pian piano ad annuire. “Vuoi sapere come mi ha fatto sentire, quindi. Capisco. Lascia che però ti faccia altre domande io, prima.
    Tornò alla sua pila di libri, dandogli le spalle, iniziando a rovistare fra di essi con cautela, tirando fuori quel che sembrava un manga. Sia avvicinò con questo fra le mani, passandolo fra le sbarre ed aprendolo ad una certa pagina. In quella vignetta, una ragazza rimaneva inginocchiata a terra con lo sguardo sbarrato, circondata da diverse linee nere.
    Come descrivi questa sensazione? Cosa pensi possa provare la protagonista quando succede qualcosa di cui non ha colpa?” Girò una pagina: la ragazza ora si teneva i capelli fra le mani. “Guarda questa. Cos’è questa sensazione? Fammi capire.
     
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    Agli occhi di Teru, Toga non sembrava nient'altro che un animale ferito, senza più fiducia alcuna nei confronti degli altri esseri umani, nemmeno di sé stessa. La sua reazione particolarmente aggressiva nei confronti del ragazzo lo prese leggermente in contropiede, infondo finora non era mai stata descritta così sul fascicolo. Ma Teru non si diede per vinta, tentando di conseguenza un altro approccio, continuando comunque a tastare il terreno.
    ... Stranamente gli ricordava Dennis, ai tempi. Quando era ancora il ragazzo nuovo, quello timido, quello introverso. Certo, non reagì in maniera così aggressiva quando tentò di parlargli per la prima volta, ognuno di loro reagiva in maniera differente dinnanzi un ostacolo, dinnanzi un trauma o una ferita ancora aperta. C'era chi rispondeva con unghie e denti, chi rispondeva insultando, chi chiudendosi in sé stesso... E chi fingendo.
    Seguì la stessa inclinazione della testa della ragazza, come se la stesse imitando, sorridendo ancora di più nonostante le sue pupille ridotte a due sottilissime fessure fossero alquanto inquietanti. L'aveva colta di sprovvista, come se si fosse aspettata una risposta differente, come se finora fosse stata abituata a risposte fredde, distaccate, tipiche di un qualsiasi dottore. Non poté fare a meno di rivolgere un velocissimo sguardo sul professore, deducendo che, molto probabilmente, negli ultimi giorni si era ritrovata a parlare principalmente con soggetti come lui. E sì, anche lui era lì per fini di ricerca, ma... Di fronte un animale impaurito e ferito, non poteva fare a meno di provare ad allungare una mano, ad aiutarlo a rialzarsi, a condividere il suo sorriso e sperare di illuminargli la giornata. Un approccio per niente professionale, se andava avanti così probabilmente sarebbe finito col prendere troppo sul personale le sofferenze altrui... Ma non riusciva proprio a farne a meno.
    Del resto, doveva colmare in un qualche modo quel terribile vuoto che gli era stato lasciato.
    "Hmm, beh insomma. Mi hai urlato, sì, ma comunque dietro delle sbarre, penso abbia contribuito a mantenere comunque la calma. E poi sono venuto apposta per parlarti! Che faccio, mi ritiro alla prima soffiata?" Stavolta, vedendo che aveva messo un po' di distanze, fu lui ad allungarsi col volto vicino le sbarre, chinandosi per raggiungere la sua altezza, sorridendo ancora di più e riaprendo gli occhi. "So essere mooolto insistente, vedrai." Tornò in posizione eretta, unendo le mani dietro la schiena e portandosi appresso la pallina antistress. A quel punto, il professore, se avesse avuto un occhio attento, avrebbe potuto notare il suo pugno sinistro stringersi ritmicamente, mentre dalle dita poteva scorgere qualcosa di colore blu.
    "Sono tutt'orecchi." Le rispose, seguendola mentre andava a frugare nella sua libreria, notando come li trattasse con estrema cura. Doveva tenerci molto. Non appena mise le mani sul volume di un manga in particolare, lo sollevò un attimo in aria, riavvicinandosi verso di lui mentre lo sfogliava. Indietreggiò col busto quando fece passare improvvisamente il manga oltre le sbarre, aprendolo su una pagina in particolare. Inarcò un sopracciglio, avvicinandosi per studiare meglio il disegno, assottigliando lo sguardo.
    Per poi guardare verso di lei dall'alto del fumetto, occhi stracolmi di curiosità, luminosi quanto due soli.
    "Beh che fai, mi psicanalizzi?" Chiese ridendo, osservando poi la seconda vignetta e iniziando a fare un verso monotono, pensieroso. "Ma... Me lo chiedi perché non sai come interpretarli o perché vuoi soltanto un mio parere?" Si rialzò un attimo, portandosi l'indice al mento, continuando a guardare le immagini e cercando nei meandri della sua testa una spiegazione plausibile.
    Era... Difficile riuscire a immedesimarsi con una protagonista di cui non sapeva nulla, ma se voleva solamente sapere che sensazione gli davano quei disegni, per quanto privi di contesto... Sì, poteva farlo.
    "In ogni caso, hmmm... Lo troverei ingiusto? Sembra stia diventando sempre più folle, sento una specie di inquietudine, anche se non posso fare a meno di provare... Tristezza, sì."
     
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