Basil & Kouichi

Appuntamento Privato

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    Basil Ōnosenshi



    Quando uscii da quell’appartamento a Traverse Town, nel richiudere la porta dietro di me mi sentii… strano.
    Ero di nuovo solo, nel silenzio del giro scale del condominio. La lenta consapevolezza che non avrei più rivisto quella che era stata la mia casa durante gli ultimi mesi della nostra relazione. Era l’ultima volta che avevo visto quelle stanze, avevo abbandonato le chiavi sul comodino all’ingresso prima di andarmene. Sarebbe stata quindi anche l’ultima volta che avrei percorso quelle scale, l’ultima volta che sarei uscito da questo edificio. Se mai fossi tornato nei pressi del Primo Distretto, lo avrei fatto con occhi diversi, gli occhi di chi era di nuovo un estraneo per questo mondo.
    Scesi le scale a passo svelto, una paradossale leggerezza nel cuore. Mi sentivo svuotato. Non era così che il Basil di stamattina aveva previsto andasse la giornata, una volta recuperati i ricordi dei Confini della Creazione. Era sì triste e disilluso, ma c’era ancora una vana speranza dentro di sé, un ingenuo ottimismo che le cose sarebbero andate bene in un modo o nell’altro, che si sarebbe trovata una soluzione, insieme. E invece eccomi qui, a pezzi, tenuto insieme solo da chissà quale forza di volontà residua. Sapevo di aver preso la decisione giusta, ma non per questo faceva meno male. Volevo solo scappare da qui, da qualunque cosa mi ricordasse di lei, della nostra relazione, del tempo passato insieme… La mia mente continuava a rivivere in loop le parole che ci eravamo detti prima di lasciarsi, come un disco rotto, come una tab con la musica aperta sul mio computer ma che io non riuscivo a trovare e chiudere, come una cutscene straziante di un videogioco che purtroppo non si poteva skippare
    E mentre riascoltavo le parole, mentre rivedevo le scene, mi chiedevo se davvero avrei potuto fare o dire qualcosa di diverso per cambiare il finale. Che avessi scelto troppe volte l’opzione di dialogo sbagliata? Ma sopratutto, perché la mia mente si era improvvisamente focalizzata su metafore di videogiochi? Chissà come stava Antonio, in un momento come questo rivedere un vecchio volto amico avrebbe aiutato…
    Evocai il Keyblade e l’armatura, ed aprii un varco extra-dimensionale nel bel mezzo della piazza del Primo Distretto, che tanto alle stranezze ormai quel mondo ci era abituato. Destinazione: la mia camera da letto a Shibuya.

    Non scesi a salutare i miei, forse stavano preparando la cena ma al momento non avevo assolutamente fame. Volevo solo starmene da solo per un po’, a rimettere in ordine i pensieri.
    Mi sembrava ancora tutto così irreale. Del resto, avevo iniziato la giornata in un modo — solo, con la consapevolezza che la mia ragazza era morta, persa per sempre — e la concludevo ora nello stesso modo: altrettanto solo, ma stavolta con la consapevolezza che la mia ragazza era sì persa per sempre, ma perché era viva e mi aveva tradito con un’altra, e questo ci aveva portato a lasciarci. Ironico, no? La mia vita non era cambiata affatto, sembrava quasi una barzelletta. Che schifo.
    Ero amareggiato, deluso, triste, arrabbiato… Per un solo attimo mi chiesi se avessi preferito continuare a pensarla morta piuttosto di ricordare e venire a conoscenza della verità… un pensiero che passò in fretta come un lampo nella notte: nonostante tutto io volevo ancora bene a Safira, le auguravo davvero una vita felice, ed ero sicuro che con il tempo forse sarei riuscito a riaccettarla nella mia vita, una volta che il dolore fosse passato. Stranamente, pensarla fra le braccia di un’altra non faceva poi così male come avevo creduto. Doveva finire così, provavo a raccontarmi. Cercavo di dare in qualche modo senso alla mia esperienza, che tuttora continuava ad apparirmi assurda e surreale. Eppure era successo davvero. I ricordi dei Confini della Creazione apparivano ora ancora di più come un sogno, un insulto alla mia memoria, un insulto al ricordo di noi. Ed allo stesso tempo conservavo nel mio petto questa strana sensazione dolce amara: la nostra ultima conversazione a cuore aperto, la comprensione e l’affetto che comunque nonostante tutto lei mi aveva mostrato in un mio momento di estrema fragilità… No, non riuscivo ad odiarla. Avrei voluto dimenticarmi della sua esistenza e di tutto il male che mi aveva fatto, avrei voluto cancellare dal mio cuore tutto quello che avevamo passato insieme pur di strappare via il dolore dal mio petto, ma nonostante tutto… non ce la facevo. Non la odiavo, anzi, continuavo a volerle bene. Un amore nostalgico e malinconico, di qualcosa che mi è appartenuto in passato ma che ora era perso per sempre, solo un lontano ricordo nella mia mente… e nel mio cuore.

    Presi in mano il cellulare: dopo la sua morte, durante il lutto avevo comunque perso l’abitudine di controllare la nostra chat, per cui nemmeno dopo esserci lasciati questo avrebbe rappresentato un problema. Forse proprio perché la situazione era così simile a quando ancora ero convinto fosse morta, la mia mente non registrava la sua effettiva mancanza dalla mia quotidianità come qualcosa di inusuale. Questo avrebbe agevolato le cose.
    No, avevo preso il cellulare per un altro motivo in realtà. Mi stavo velocemente ricredendo: in realtà non volevo affatto stare da solo con i miei pensieri in un momento come questo, ed istintivamente mi ero messo ad abbracciare il peluche di Pikachu mentre sedevo a letto. Un Pikachu che non era nato solo, ma che aveva un compagno là fuori: un oscuro e più introverso Mimikyu. Aprii la chat di Kouichi.

    “Sei libero? Hai da fare stasera? Ci vediamo fra mezz’ora alla Mirage Arena?”



    Inviai il messaggio.
    Dopo pochi secondi, indeciso, mi affrettai ad aggiungere:

    “Io e Safira ci siamo lasciati.”



    Role Privata.


    Edited by Ged~ - 17/12/2023, 11:11
     
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