Heart's Carnival - Kingdom Hearts GDR

Posts written by Evan Gallaway

  1. .
    Superò con un volteggio l'arcata principale, e capì che la situazione si stava complicando nel momento in cui stava per toccare terra; il centauro decise di creare delle copie di se stesso, per rendere le cose più interessanti o più probabilmente per dividerli. Serrò la mascella, e Longg si preparò già alle sue parole. Si era ripreso, ora potevano tornare in azione. Anche perché, doveva ammettere, senza l'aiuto del Drago sarebbe stato tutto molto più difficile. Ma questa cosa la sapevano solo loro due.
    "Longg, trasformami!"
    Al suo ordine, fu avvolto di un familiare fuoco arancio, che turbinò intorno a lui come acqua; quando posò i piedi per terra, fu di nuovo coperto dalla tuta, quella sorta di costume da supereroe nero e arancio, con il colletto alto che gli copriva parte del viso, la maschera sugli occhi e da cui partivano all'indietro punte come l'effetto di un'esplosione, spessi stivali dalla suola arancione e bracciali metallici con lunghi spuntoni metallici che andavano verso l'alto. Longg desiderava che la trasformazione avesse dei tratti più caratteristici del Custode del Drago, ma aveva rimandato ad un altro momento. Era difficile visualizzare un costume e farlo apparire così, dal nulla. Quello risaliva ai tempi in cui voleva diventare un supereroe.
    Se solo Izuku potesse vederlo ora.

    Sbuffò un ghigno, trepidante per la sfida, quando il centauro tirò frecce verso di loro. "Vedi di tenere il passo, befana!" Esclamò; chissà se avrebbe capito che era lui. Non aveva problemi a rivelare di essere lo stesso Bakugou, ma a quanto pareva i Kwami tendevano a celare l'identità dei loro portatori anche se per loro non era un problema.
    La tuta brillò di venature arancioni, ma stavolta non si sarebbe mosso come prima. Quella specie di teletrasporto lo sfiancava, a lungo andare. No, stavolta avrebbe lasciato che fosse Longg ad aiutarlo. Era ora di fargli sgranchire le ali.
    Avrebbe letteralmente spiccato il volo in uno sbuffo arancio, una freccia fiammeggiante che avrebbe superato indenne il dardo scagliato su di lui; turbinò nell'aria, saettò anche oltre il centauro, portandosi alla massima distanza che gli era possibile con quella tecnica, nient'altro che uno scatto in una direzione che sembrava comunque incredibilmente potente, diverso da qualsiasi cosa conoscesse. Chissà cos'altro aveva in serbo Longg per lui, anche se per apprenderle avrebbe dovuto ascoltare i suoi lunghissimi discorsi.
    Piroettò a mezz'aria, le mani puntate sul centauro sotto di lui, già pervase di fiamme citrine che vorticarono e scoppiettarono selvagge.

    "EHI, STRONZO!" Ruggì, e sentì una forza attrattiva che lo spingeva con insistenza verso un punto indefinito; conosceva quel tipo di magia, e sapeva come reagire, anche se Longg gli avrebbe detto che stava sbagliando di brutto. Tanto non l'avrebbe ascoltato.
    Fu di nuovo in volo come una freccia di fuoco, intangibile e inalterato dalla spinta nemica, ma solo dalla propria; le fiamme sulle sue mani si intensificarono, e stavolta non superò il centauro. Si sarebbe abbattuto sul suo cavaliere, colpendolo in pieno con un pugno infuocato che sarebbe esploso dritto sulla sua faccia ectoplasmica, con il preciso scopo di disarcionarlo. "Voglio farmi un giro, levati!" Avrebbe detto.

    In ogni caso, avrebbe cercato di salire sulla groppa di quell'affare, e avrebbe menato due robusti colpi di tacco sulle sue reni. "AL GALOPPO!" Lo provocò. Era salito per danneggiarlo e farlo muovere, così che potesse cadere da quel dannato tetto, alla mercè dei loro attacchi su un terreno molto più solido. Anche se avesse cominciato a scalciare e saltellare, avrebbe anche potuto sfondare il tetto e rimanere incastrato.
    Vittoria in ogni caso, no?

    Katsuki usa Volo di Drago (1) per evitare la freccia e di nuovo Volo di Drago (1) per scattare in groppa al Centauro sul tetto. Usa Fira, potenziato e reso gratuito da Longg, per colpire la fiatella oscura sul Centauro. Quindi usa Double Shot Fira (3) sulle reni del Centauro per costringerlo a dimenarsi e distrarlo.


    Katsuki Bakugou
    Mago/Lottatore

    Magie Utilizzate, con Costo: Double Shot Fira (30)
    Tecniche Utilizzate, con Costo: Volo di Drago x2 (20)

    Salute: Illeso
    Mana: 200/220; 20/50 (Kwami)
    Stamina: 50/80; 30/50 (Kwami)

    Oggetti Speciali dalla Quest
    Bracciali che aumentano la potenza della Magia Fire

    Equip
    Longg (Kwami)

    Magie e Tecniche
    - Fira
    - Aerora
    - Magnetera

    - Dodge Roll
    - Scatto Aereo
    - Carica Scivolata
    - Teletrasporto
    - Impatto Sonico
    - Double Shot
    - Focus
    - Howling Winds
    - Blazing Struggle
    - Flame Burst
    - Velo del Tornado
    - Meteor Strike
    - Esplosione
  2. .
    Non conosci. Non capisci. Dicevano tutti così, sempre, per poi procedere a dare spiegazioni nebulose e altisonanti per quelli che erano solo massacri e gesti sconsiderati compiuti seguendo una bussola morale contorta, se non puro e innegabile egoismo. Qualunque fosse il piano di Demarqueur, voleva saperlo solo per assicurarsi di poterlo sventare sul nascere - perché era sicuro che non ne sarebbe venuto nulla di buono. Perché tenerlo nascosto, altrimenti? Kairi sapeva qualcosa in più, almeno sulla sua alleanza con Fastus: e quella era un'altra cosa che lo irritava abbondantemente. Kairi li stava evitando, non era più interessata a salvare Sora?
    Sarebbe stato bello affrontare i loro nemici come un gruppo unito, come persone capaci di interagire, comunicare, discutere. Gli era sembrato che Kairi fosse più intenzionata ad aprirsi con loro, dopo le prove alla Torre Misteriosa, solo per venir amaramente deluso poco dopo. Sparita nel bel mezzo di una missione, dopo aver preso iniziative personali senza avvisare nessuno, era tornata e aveva evitato tutti tranne Riku. Almeno loro sembravano riappacificati: ben misera consolazione, se non direttamente inutile nello schema generale delle cose. Poteva continuare a giocare a fare la condottiera solitaria per quanto gl'interessava, ma avere la decenza di condividere con loro informazioni sul nemico sarebbe stato consigliabile.
    Non erano le figure da stupido a infastidirlo, ne aveva fatte alla nausea. Era ritrovarsi ancora una volta canzonato dal nemico, forte di una superiore conoscenza che gli impediva di affrontarlo sullo stesso terreno, a farlo imbestialire al punto di chiazzargli le guance di rosso. E, al contempo, di tutte quelle chiacchiere non sapeva che farsene. Grandi piani, complotti nell'ombra che andavano avanti da chissà quanti secoli. L'accenno che la persona che stava con l'Organizzazione XIII, con Xehanort, non fosse lui ma qualcun altro ancora... dopo un anno e mezzo di guerra, era stanco di sentire tutto questo. Era stanco dello sghignazzare tronfio dei loro nemici, dei loro discorsi, dei loro massacri sconsiderati.
    "Gula?" Mormorò, ma ormai i due erano impegnati a trasformare il loro scontro verbale in uno molto più diretto, e smisero di dar loro attenzione. Dal canto suo, doveva pensare a portare l'altro ragazzo in salvo prima che entrambi finissero nel fuoco incrociato. L'umiliazione cocente dovuta al fallimento di tutti i suoi colpi migliori bruciava ancora, anche se si stava dissipando in fretta. Sembrava che Demarqueur e Xigbar non si potessero sconfiggere in modo convenzionale. Forse c'era una qualche magia... com'era quella storia dell'uomo il cui ritratto invecchiava al suo posto? Dubitava che ci fosse una cosa simile in mezzo, ma in un modo o nell'altro, entrambi erano coriacei e difficili da gestire.

    Gula era uno dei Foreteller, figure che facevano da capo nelle Unioni dei Keyblader nell'Era delle Favole. Cor gli aveva parlato di lui, quando gli aveva parlato di Ethan Gallaway... il vero nome di Gula era Sei Valentine, ma erano in pochi a conoscerlo. Un antenato di Sora... e così entrambi erano invischiati in una lunga narrazione, il destino delle loro famiglie intrecciato ancora e ancora fra i nodi della storia. Aveva combattuto la Keyblader che l'aveva tradito. Aveva avuto modo di detestare la sciocca incapacità dei Foreteller nel guidare il loro popolo. Non negava a se stesso di sopportarli poco, e di non averli affatto in simpatia, ma se il suo antenato gli somigliava anche di un mignolo, Sei doveva essere una brava persona.
    Serviva ancora, rimuginare su eventi di millenni fa? Avrebbe detto di no se essi non si fossero brutalmente catapultati nel loro presente. Una storia che attendeva di essere conclusa bussava alla loro porta, li coinvolgeva in trame dimenticate, antiche sofferenze si riaffacciavano per trovare un minimo di conforto. Poteva solo continuare a chiedersene il perché, pur ricordando che c'erano ben altre priorità a cui pensare ora.

    Sora si lasciò cadere quando furono sufficientemente lontani; Evan si chinò subito vicino a lui e faticò a lasciargli la spalla. Una sensazione familiare, la stessa che aveva provato alle Isole del Destino tanto tempo prima, gli impediva di farlo: la realizzazione di quanto Sora fosse esile. Di quanto, in quel momento, sembrasse piccolo e disperatamente fragile. La sua presa si allentò, temeva di poterlo spezzare se avesse impresso troppo forte la mano sulla sua spalla; e quando sollevò lo sguardo, lo lasciò andare. Sora sorrise, come al solito. Incrollabile, indistruttibile...

    Falso.

    Evan si limitò a guardarlo, dritto negli occhi, con nient'altro che sensibile scetticismo. Roxas si era liberato da solo, Sora ipotizzava che c'entrassero loro; forse era entrato in una specie di risonanza con Gilbert, visto che era lui ad avere il compito di salvarlo. Avrebbe voluto dirgli che non aveva un pubblico da rassicurare e stupire, che proprio lui lo aveva visto al suo punto più basso. Il suo sguardo fu sufficiente a comunicare tutto questo, perché Sora si afflosciò come una bambola, evitando accuratamente i suoi occhi per un bel pezzo. Demarqueur lo aveva messo all'angolo, ma cercò di non dar peso al fatto che fosse stato necessario l'intervento nemico per costringerlo ad essere sincero. Era pur sempre di Sora che si parlava, testardo come un mulo e convinto di poter fare tutto da solo, ma non per arroganza: solo per risparmiare agli altri le fatiche. Un atteggiamento che al primo passo falso avrebbe causato solo la nascita di altri Fastus e che lui mandava avanti ad oltranza. Si ostinava a schiacciare ogni fragilità, ogni dolore, ogni dubbio in un angolo del cuore, ignaro che un simile atteggiamento non pagava per sempre. E ora vedeva quella mascherata traballante frantumarsi ad ogni parola.
    Lo lasciò parlare. Una singola parola avrebbe potuto farlo trincerare di nuovo dietro la sua sceneggiata da eroe sorridente e ineffabile; una cosa che loro non avevano mai dovuto vivere, perché Fastus aveva mostrato la loro fragile umanità davanti ai mondi senza fatica. Sora parlò, parlò di innumerevoli tentativi di salvare le persone che avevano visto, di un potere immenso usato in modo sbagliato e che ovviamente lo stava consumando proprio per quello. Una morte dopo l'altra, un fallimento dopo l'altro, la disperazione aveva costretto Sora a rivolgersi persino ad altri universi pur di cercare aiuto: e lo aveva trovato, nel loro.
    Sora sollevò lo sguardo alla fine del suo racconto; e trovò solo un viso comprensivo, sincero nella sua empatia.
    Come poteva essere altrimenti? La follia in cui si era spinto lo stava frantumando pezzo per pezzo, eppure non demordeva. Amicizia e amore guidavano i suoi passi con tanta forza da far sembrare ognuno di essi la falcata di un gigante, che faceva tremare la terra e sconvolgeva il mondo. Ed era questo, Sora: qualcuno che con il suo passaggio cambiava le cose, per sempre. Una figura che poteva nascere solo una volta ogni mille anni, inimitabile, irraggiungibile. E per questo, più vulnerabile e fragile di qualsiasi cosa.
    Avrebbe voluto prendergli le mani, un gesto tranquillizzante per cui però non aveva la confidenza. Quel Sora, in fondo, era uno sconosciuto. Non voleva metterlo a disagio invadendo il suo spazio personale. Si limitò a stringergliele con una mano per poco, anche solo per farlo smettere di torturarsele.

    "Ci siamo visti una volta sola. Nel mio universo, almeno." Esordì. La sua voce era bassa, immersa nel calore di un ricordo a cui teneva. "Avevo diciassette anni... avevi appena salvato la tua amica, Kairi. Ti portarono in una delle casette ancora in piedi di Hollow Bastion, quando ancora si chiamava così. Prima che incontrassi il Cercatore dell'Oscurità- be', non penso di essere io a doverti raccontare la tua storia!" Ridacchiò. "Quando uscisti, eri circondato di curiosi. Eravamo disperati... quando sei arrivato tu, con il tuo Keyblade e quella tua forza incredibile, è stato come rivedere il sole. Tutti volevano vederti di persona, stringerti la mano, offrirti persino il loro aiuto. E tra quelli... c'ero anch'io." Erano passati quattro anni, più o meno, ma gli sembrava un secolo prima. "Per tutto il tempo avevo pensato a cosa dirti, mi immaginavo già a dire cose altisonanti come 'Ti offro la mia spada!' e quando riuscii finalmente a rivolgerti la parola, forse per paura di disturbarti o di farti perdere tempo, tutto quello che potei fare fu..." Arrossì. Era imbarazzante da ricordare. Nemmeno le ragazzine di Shibuya davanti alla loro celebrità preferita erano così sciocche. "Sollevare una mano, bofonchiare 'ciao!' e darmela a gambe. Senza voltarmi!" Rise brevemente. "Poi non ti ho più visto. Pensavo che ti fossi... be', si fosse dimenticato di me. Un anno e mezzo fa, ho ricevuto il Keyblade. Sora ha scelto me... e da allora, ho iniziato a conoscerlo davvero. Nel nostro universo conoscono solo l'Eroe del Keyblade... perché, esattamente come te, era bravo a schiacciare se stesso in un angolino del suo cuore. Se imparaste a chiedere aiuto, trovereste parecchie mani disposte a farlo."
    Espirò profondamente, il suo sguardo vagò sulle mura.
    "Abbiamo amici molto forti, Sora." Disse con affetto. "Hai detto che loro sono il tuo potere e hai ragione, ma non solo per sostenerti, lo sono anche quando affrontano le loro battaglie; non hanno bisogno che tu corra sempre in loro soccorso, hai fatto la tua parte, ora lascia che facciano la loro. Prima di andare avanti, fermati un momento..." Gli avrebbe rimesso una mano sulla spalla, rivolgendogli uno sguardo gentile. "Lascia andare quelle lacrime. Concediti di essere un ragazzo che ha appena attraversato un inferno che spezzerebbe chiunque." Gli sorrise, con rassicurante fermezza. "Va tutto bene, Sora... Non sei più da solo in questa battaglia, la supereremo. Insieme. Non hai nulla di cui dispiacerti."
  3. .
    Vivevano in un universo bizzarro, pieno di cose che avrebbero fatto impazzire molte persone normali. Ogni giorno che passava, capiva perché esistesse una regola sulle interazioni fra i mondi, perché fosse necessario non dare nell'occhio. Come avrebbe reagito un abitante dei Sobborghi di Midgar a Enchanted Dominion? Cosa poteva pensare un abitante di Camelot se fosse finito tra le stelle dello spazio profondo, o calato negli abissi incomprensibili di Shibuya?
    In quei sette anni, Evan aveva visto cose straordinarie, inquietanti e bellissime. Aveva assistito ad eventi che non erano contemplati nemmeno nei libri che leggeva. Da quando aveva lasciato il suo mondo, in cui c'era ben poco spazio per la magia e il mistero e l'esplorazione era un ideale romantico che svaniva al primo scontro con la realtà, non c'era stato giorno senza trovarsi davanti a orrori incommensurabili e meraviglie indescrivibili. In cuor suo, faceva del proprio meglio per non abituarcisi mai, per continuare a vivere con stupore tutto questo. Solo per scoprire che il suo mondo non era poi così ordinario, così privo di portenti.
    Shibuya non era da meno.
    Non sapeva nulla di quel mondo, prima di conoscere il suo Composer e avere un assaggio dei numerosi segreti che custodiva. Sotto quel contrasto di luci colorate e l'andirivieni di persone dall'aspetto serio e impeccabile, si nascondeva un mondo sconosciuto, pieno di cose che molti non avrebbero esitato a definire senza senso. Un mondo nato da una melodia, giochi mortali, inconoscibili Angeli che governavano da lontano un mondo di cui non sapevano nulla. E in mezzo a queste cose assurde e straordinarie, persone ordinarie come Neku e Rindo, persone qualunque, si ritrovavano invischiate nei piani e negli egoismi degli dèi.
    Per questo era impensabile arrivare ad uccidere Rindo, come era impensabile sacrificare Neku. Il libero arbitrio era prezioso per qualsiasi essere vivente e non andava gettato via così facilmente, né si poteva privare qualcuno di esso senza nemmeno concedergli il lusso di una scelta. Avrebbero salvato Rindo e risolto i problemi di Shibuya: quanto a Joshua, Neku e i loro peccati, avevano tutto il tempo dell'universo per pentirsene. Ma dubitava che privare Shibuya del suo Composer, spezzare completamente quel sistema, fosse una buona idea. Non era comunque la persona più qualificata per parlarne.

    Si difesero, una volta arrivati; le quattro emanazioni di Rindo scatenarono su di loro tutto ciò che potevano, decise a toglierli di mezzo senza troppi complimenti. Avevano però a che fare con un gruppo che aveva già affrontato parecchie sfide, e che sapevano come destreggiarsi di fronte a nuove avversità. La difesa che eressero non cedette di un millimetro, solida e robusta contro la potenza degli attacchi della fenice; e comprendendo di avere ben poche alternative, le copie di Rindo passarono all'attacco diretto.
    Quello vestito di nero, con un manto che gli era familiare, pose una mano sulla barriera; e d'un tratto, avvertì qualcosa di strano in corpo, come se qualcosa gli mancasse all'improvviso. Strinse e riaprì una mano, non riuscendo a spiegarsi subito cosa fosse successo; avvertiva quella mancanza, non era qualcosa di doloroso, ma gli dava un che di sbagliato - come se improvvisamente avesse tagliato i capelli e la sua mano scattasse automaticamente a ravviarseli, solo per trovare il vuoto. Fu quando lo sguardo gli cadde su Aliseo, d'un tratto opaca e fredda, che iniziò a capire.
    "Mi ero sempre chiesto cosa si provasse..." Sbuffò, sollevando il Keyblade. Si schiarì la voce. "Alcuni di noi non posso usare magie! Non sappiamo se l'effetto è temporaneo, state vicini a guardatevi le spalle!"

    E proprio parlando di questo, alle sue spalle sbucò un altro Rindo, quello con le ali da pipistrello. C'era qualcosa nella disposizione di quei quattro che risuonava con la sua memoria: la scansione di Aoi chiarì i suoi dubbi. Non erano semplici copie, erano davvero come delle emanazioni: forse, addirittura altri Rindo di altre linee temporali, ma era meglio non galoppare troppo con la fantasia. Quel che contava era che, secondo quelle scansioni e, in ogni caso, ad un'attenta analisi dei quattro, si poteva capire cosa fossero: un Dream Eater, un Heartless, un Nessuno e un Reaper.
    Stranamente, niente Unversed. Non che la cosa gli dispiacesse.
    Dei Dream Eater sapeva poco. Tobio e Fate gli avevano detto di esserlo diventati e a quanto pareva anche Dremurr lo era, trasformatosi durante la battaglia contro Sephiroth per proteggere l'amato Kurama. E non lo era anche Riku? Motivo per cui a volte aveva quelle strane ali. Da che aveva capito, i Dream Eater nascevano quando qualcuno era disposto a tutto, anche a perdere se stesso, pur di proteggere una persona importante. C'era da meravigliarsi se Tobio e Fate lo erano diventati l'uno dell'altro? La cosa lo aveva fatto sbuffare divertito. La versione Dream Eater di Rindo era quella con la maschera da volpe? In tal caso... stava proteggendo il vero Rindo. Sempre che lo fosse.

    Questo gli fece risuonare un campanello d'allarme.

    Avevano attaccato per difesa? Perché si sentivano minacciati? Un altro fraintendimento, come nell'attico dove avevano affrontato Shiba? No, in quel caso era diverso, visto che quei tre imbecilli erano genuinamente convinti di star facendo qualcosa di buono. Ma qui, anche a giudicare dall'animato discorso che le quattro copie stavano facendo con l'originale, avevano a che fare con una faccenda diversa. Erano nell'anima di Rindo, dopotutto. Sarebbe stato davvero così semplice? Distruggere quattro cloni di Rindo e tornare a casa? Non sembravano tenerlo prigioniero. Sembravano solo discutere, cosa che il vero Rindo non gradiva...
    Non erano nelle condizioni di agire, in quel modo. Avrebbero solo continuato a sbattere contro un muro, mentre i vari Kubo e i suoi mandanti se la ridevano dietro le quinte. Dovevano sempre ragionare in maniera più ampia quando avevano a che fare con i misteri di Shibuya, non era mai una cosa semplice con loro. Non poteva negare che la cosa lo irritasse. I tempi in cui andava a picchiare Heartless erano tempi molto più semplici.
    Mentre il Rindo Reaper si accaniva sugli altri, sperando che fosse abbastanza distratto, Evan si sarebbe lanciato in un vero e proprio placcaggio. Niente scudo e niente Keyblade, avrebbe solo cercato di cingergli torace e braccia per bloccarlo e spingerlo con poca eleganza per terra.

    "Prima che cominciamo ad ammazzarci a vicenda, sappiate che siamo qui salvarlo! O salvarvi!" Esclamò, mentre cercava di bloccargli le braccia dietro la schiena. Se avesse contrattaccato, avrebbe cercato di reggere. Il vero Rindo non era stato chissà quale problema, una sua versione Reaper quanto poteva essere diversa? "Quello che sta succedendo non è colpa sua! E' Kubo, e chiunque sia alle sue spalle, il vero responsabile, ed è a quel responsabile che vogliamo arrivare, quindi cerchiamo di aiutarci! Ogni inutile bisticcio come questo accelera solo la fine di Shibuya! E tu sei un Reaper, no? Dovrebbe importartene qualcosa!" Avrebbe detto, anche a fatica.

    Di sicuro quello non sarebbe stato fermo ad ascoltarlo. Avrebbe parlato comunque, anche se gli fosse sfuggito, cercando di reggere i suoi contrattacchi. Ma sarebbe rimasto disarmato, a riprova che non intendeva fare del male a lui né a chiunque altro lì dentro. A parte, ovviamente, il marionettista che se la stava ancora ridendo sotto i baffi.

    Evan usa talk no jutsu con Rindo Reaper per capirci qualcosa.
  4. .
    La situazione non degenerò, né ci fu bisogno di ulteriori discussioni. La decisione fu quella di impegnarsi a salvare Rindo, anche se ciò avesse richiesto ben più di qualche sforzo: non avrebbe accolto l'idea di uccidere quel ragazzo finché ci fosse stata anche un'infinitesima possibilità di salvarlo. Fare altrimenti avrebbe azzerato il confine tra loro e qualsiasi mostro avesse minacciato il Sistema negli ultimi anni.
    In ogni caso, fu tutto risolto. A lui e Gilbert fu richiesto di usare i Keyblade per accedere all'anima di Rindo; raggi di luce partirono dalla punta delle armi, e presto furono catapultati in una zona completamente diversa.

    Rindo era lì - o meglio, molti Rindo. Circondato da bizzarre copie di se stesso, il ragazzino sembrava sull'orlo di un baratro. Ma prima che i suoi amici potessero giungere in suo soccorso, le copie si voltarono all'unisono verso di loro e una gigantesca fenice piombò verso il gruppo, rilasciando una pioggia di fuoco.
    Be', non si aspettava nulla di diverso dalla via più difficile.
    "Preparatevi al contrattacco!" Disse, mettendosi in guardia. Si unì alla strategia di Gilbert, anche se il suo lato da Comandante prese il sopravvento e gli impose di approfondire gli ordini dell'amico. "Antonio, alza la tua barriera! La rinforzerò con la mia." E a riprova del suo ordine, Evan evocò una barriera di luce intorno al gruppo, trasparente ed eterea, di un bianco pallido. Da sola non sarebbe bastata, ma con Antonio avrebbero potuto fare molto. "Ryurik, tu e chiunque abbia capacità col ghiaccio cercate di colpirla. Gli altri, provate elementi differenti, controlliamo le sue difese. Se qualcuno può analizzarla lo faccia!"
    Di più per il momento non potevano fare. Lanciarsi contro quell'essere senza informazioni poteva metterli seriamente in pericolo.

    Evan usa Reflega (3), potenziato dal Keyblade, per difendere il gruppo.


    Evan Gallaway
    Keyblader

    Salute: Illeso
    Mana: 220/250
    Stamina: 265/265
  5. .
    Sapevano. Non che avesse fatto molto per nascondere il proprio potere: era il suo orgoglio più grande. La capacità di prendere tutto ai suoi avversari e ritorcerglielo contro aveva scandito molti dei suoi più grandi successi. Quello stesso castello era suo perché Carmilla non era stata in grado di sconfiggerla.
    Il sangue era una valuta preziosa, per i vampiri. Non era volatile come il denaro dei mortali, ma ugualmente effimero; e bastava nulla perché esso perdesse il proprio valore.

    Li aveva sottovalutati, di nuovo. I primi arpioni cominciarono a tornare, evitati o deviati agilmente; ma invece della lama d'ossidiana intrisa di quel dolce nettare che avrebbe reso un vero e proprio inferno ogni tentativo di sconfiggerla... sentì solo il bruciante metallo di un Keyblade a bloccarle la mandibola.
    Eileen avrebbe potuto vedere le sue iridi voltarsi su di lei in preda al panico. Che stava cercando di fare quella povera idiota?
    L'attimo dopo, sentì il metallo sollevarsi e frantumarle i denti.

    Mandò un grido di dolore; ma esso fu strozzato quando fendenti di luce e carichi di elettricità che si accanirono sul suo braccio, che fu tranciato da tutti quei colpi. Gridò e indietreggiò, scivolando all'indietro e interrompendo l'avanzata degli arpioni. Li sollevò tutti in aria, e mentre uno per ciascuno si dirigevano verso ognuno di loro, quelli rimanenti si unirono in un unico, gigantesco aculeo e spazzarono l'intera arena, tre giri in senso orario. Vorticavano, e qualsiasi detrito finisse lì in mezzo veniva triturato.
    "WE LA FAWO' PAGAWE!" Ruggì, rimanendo in volo.


    Scadenza invariata.
  6. .
    La luce fra le caverne si affievolì. Miriadi di occhi, curiosi, spaventati, reverenti, scrutavano la sconosciuta arma immersi nell'oscurità. Ignari del suo potere, dei portenti e degli orrori che avrebbe generato nei millenni a seguire, rimiravano la chiave e il suo possessore. Nessuno ebbe il coraggio di parlare. Chi per odio verso le Ombre, chi per paura, rimasero tutti in silenzio; l'unico suono udibile era il respiro tremante di Gariad e il tintinnio della chiave, il cui nome fu Yoru a trovarlo.
    "Keyblade..." Mormorò Gariad, fissando l'arma a occhi spalancati. "Keyblade..." Accucciò l'arma a sé come un amico ritrovato. "Sì... lo sento. Sento che può aiutarci!" Esclamò, e nei suoi occhi brillava solo un sorriso speranzoso, guardò Yoru e Ged come se avessero tutte le risposte alle sue domande. "Di cos'hai paura-"
    La voce di Gariad fu coperta per un momento da un disturbo inspiegabile. Come uno statico, un verso, una parola annebbiata persa in un sogno di cui sconoscevano la pronuncia. "Perché mi stai lontano? Non hai niente da temere! Usciremo da qui, adesso. Sento... sento che mi basta desiderarlo."
    Gariad puntò il Keyblade verso le loro catene ed esse si spezzarono come rametti sotto la neve. L'espressione meravigliata del ragazzo era eguagliata solo dalla felicità che pian piano prendeva posto sul suo viso, una luce che fino a poco prima sembrava essersi perduta per sempre.

    Potevano essere liberi. Ma nella sua foga, Gariad sapeva di non potersi permettere una liberazione di massa.

    "Se libero tutti... ci uccideranno." Guardò il Keyblade e strinse forte la sua impugnatura in cerca di risposte. "E non sopravviveremo due giorni nel deserto..." I suoi occhi si fecero lucidi mentre osservava le altre celle. Persone denutrite, sfinite dal lavoro e dalle sevizie delle Ombre, ricambiavano con rassegnazione il suo sguardo.
    E allora, Gariad prese la sua decisione.
    "Andrò io. Sono veloce... posso vivere con poco. Arriverò all'avamposto e tornerò coi rinforzi! Non ci metterò che qualche giorno!" Esclamò, e tanta era la determinazione e la sincerità nella sua voce che molti degli abitanti delle celle sollevarono un mormorio entusiasta, poco comprensibile per le orecchie delle Ombre. Tranquilli del fatto che nessuno potesse scappare, certi che il deserto avrebbe fatto scempio di qualsiasi folle, non si curavano più di tanto di fermare chi voleva scappare. Se qualcuno riusciva a fuggire, lasciavano che il deserto facesse il proprio lavoro; quel territorio, un tempo appartenente ai Lumines, non gli piaceva nemmeno. Lo mantenevano solo per le risorse.

    Gariad si voltò verso Yoru e Ged. "Voi... venite con me. Siete già liberi. Io... posso prendermi cura di voi." Sorrise rassicurante, porse loro la mano libera, ossuta e callosa. "Torneremo con un esercito di Lumines. Salveremo queste persone... li salveremo tutti."




    Dirigersi verso la miniera era l'unica alternativa. Proseguirono attraverso il cocente deserto, ormai spoglio di ogni civiltà e vita: era come se quel posto fosse stato reso deserto, forse da qualche sconquasso magico. Anche le scie di mana erano strane, traballanti, ferite. Camminarono, camminarono per diverso tempo, teorizzando, imprimendosi importanti intenzioni che ancora non sapevano quanto avrebbero cambiato ben più del suolo che stavano calcando in quel momento.
    Avanzarono fino all'ingresso della miniera. L'immensa arcata dava su una strada sterrata, fiancheggiata da guardiole, casupole, carri parcheggiati in attesa di essere utilizzati. Nonostante il movimento, non sembrava esserci nessuno.

    E nonostante questo, si sentivano osservati.




    Quando Yoru e Ged accettarono, la luce li avvolse. Qualcosa cercò di afferrarli; ma loro furono ben lontani prima che potessero anche solo capire cosa fosse.




    Una nuova creatura si palesò davanti a loro, uscì dalla miniera con passo felpato ed elegante, il pelo maculato color sabbia dalle macchie nere lasciava ben intendere che animale fosse: un enorme, possente leopardo si piazzò di fronte a loro, un evidente ostacolo alla prosecuzione del loro viaggio. Sul suo capo squadrato troneggiava una maschera felina, dietro la quale luccicavano curiosi e indagatori occhi dorati.
    Qualsiasi parvenza di calma fu spazzata via nel momento in cui i suoi occhi si posarono su Volt.
    Un dolore più forte di qualsiasi cosa potesse anche solo ricordare percorse il Warframe dal petto alla testa. Lo avrebbe spinto in ginocchio.

    Disinteressato, il leopardo mosse le lunghe vibrisse: e un senso sconosciuto di timore e paura colse di tutti loro, come il presagio che qualcosa di orrendo stesse per succedere. Il leopardo non attese oltre: inarcò la schiena e balzò su una casupola, per poi gettarsi su di loro con gli artigli snudati e pronti a sferrare una potente zampata; l'ombra che quegli artigli proiettavano sul terreno era immensamente più lunga, e comprendeva tutti loro. Avrebbe colpito soprattutto Bastien e Randy.

    Ma Volt non avrebbe partecipato alla battaglia. Una sensazione soffocante si sarebbe impadronita di lui. Era come se la sua stessa armatura lo stesse stritolando, minacciando di schiacciarlo e ucciderlo. E nella sua testa c'era solo il puro caos.
    Immagini confuse si susseguivano; ad ogni occhiata alla maschera, quel dolore sarebbe aumentato solamente.

    "Papà!"

    "Non è il momento, - "

    "Ma lui... loro! Sono come me! Dobbiamo fare qualcosa!"



    Immagini senza forma, parole senza suono, nomi senza volto né pronuncia. E solo lui avrebbe potuto sentirli.

    "Mi dispiace. Non ho potuto fare nulla."



    Il leopardo balzò via dal gruppo, e ruggì con sfida. Non sarebbero potuti passare... né fuggire.



    La Quest verrà aggiornata il 30 Aprile.
  7. .
    Gli arpioni saettarono verso tutti loro, non trovando bersagli: molti schivarono, unendo abilità e astuzia per non essere colpiti, altri usarono barriere lasciando che l'assalto si infrangesse contro di esse. Fate sfuggì ai propri arpioni e si piazzò a difesa di Kyros, respingendo le lame, che ferirono di striscio la loro stessa padrona.
    Lost sfrecciò in mezzo agli arpioni, le fauci snudate, e non fu il solo; in un assalto combinato, che fosse per fortuna o un ritrovato spirito di collaborazione, Morene fu attaccata da tutte le parti.
    Sospinta dai venti della rivalsa, Rida saettò agilmente in mezzo agli attacchi del Vampiro, e Pandora partì alla carica, più feroce e battagliera degli altri, costringendo l'attenzione di Morene su di sé.
    E fu accontentata.

    "Parole audaci, per una preda!" Ghignò Morene; sfrecciò su di lei, ma le zanne di Lost la raggiunsero alla spalla e subito dopo Rida fu su di lei, i suoi pugni amplificati dalla gragnuola di fiamme e incantesimi di luce che le piovvero addosso, non senza il nuovo, familiare rallentamento che bloccò di molto i suoi movimenti, giusto in tempo perché l'assalto, ben lungi dall'essere concluso, culminasse nell'arrivo di Fate ed Eileen; le lame di ossidiana furono concentrate a parare i fendenti di Eileen, e i sensi sovrasviluppati di Morene non bastarono a individuare anche l'arrivo del giovane Moschettiere, del quale riuscì solo a deviare la lama all'ultimo e, per farlo, dovette sacrificare la difesa dall'ultimo fendente di Eileen.

    "Vi credete così astuti..." Disse, ma stavolta la sua spavalderia era scomparsa. Il Keyblade di Fate aveva mancato di poco il suo cuore, colpendola al torace: Ala del Destino, ancora scoppiettante di archi elettrici, era conficcata nella sua spalla destra. Eileen aveva aperto uno squarcio ardente sul suo addome, la pelle grigiastra del vampiro presentava innumerevoli ferite per gli incantesimi subiti. Andavano rimarginandosi, ma non erano arrivati invano. "Lasciate che vi ricordi il vostro posto." Respinse Fate e, rapida come una folgore, piroettò su se stessa liberandosi degli aggressori con una mera folata di vento; la lama d'ossidiana, per uno scherzo del destino, ferì il ragazzo a una mano. Una ferita da niente, un taglio quasi irrilevante, non era nemmeno classificabile come una ferita.
    Eppure, quando Morene fece per portarsi la lama insanguinata alla bocca, tutti avrebbero capito cosa significasse. Ricordavano le parole di Maria Belmont, i suoi avvertimenti, e l'immane pericolo che quel Vampiro rappresentava se avesse completato quel folle gesto.

    Richiamati dalla loro padrona, gli arpioni sarebbero tornati rabbiosamente indietro, investendo chiunque si trovasse ancora nella loro traiettoria; avrebbero potuto schivare, stavolta anche senza l'ausilio di abilità o arti magiche.


    La Quest verrà aggiornata il 29 Aprile.
  8. .
    Un terreno brullo e desolato accolse il loro arrivo. Era un'immensa spianata rocciosa, irta di aguzze colline simili a zanne spezzate. Un profondo solco era tutto ciò che testimoniava la presenza di una strada, scavato dallo scalpiccio di bestie da soma, soldati e prigionieri. Ai confini di ogni civiltà, circondata da nient'altro che una desolazione a perdita d'occhio, l'unica traccia della presenza di esseri viventi era una struttura grottesca e arzigogolata, arroccata su una delle colline più basse e le cui ramificazioni si estendevano a tutte le colline più vicine; un accrocco di ponteggi, ingranaggi, carrucole, che davano l'idea di voler inglobare tutta la terra che avevano intorno.
    Da quella distanza era impossibile capire se ci fosse qualcuno, ma potevano vedere le carrucole muoversi su e giù per le impalcature, grandi argani sollevare travi ed enormi pezzi di roccia, l'intera zona ferveva di lavori, a quale scopo era difficile intuirlo. Avrebbero però potuto concludere che si trattasse di una qualche cava o miniera, e distava molto da loro.
    Guardando in lontananza, si intravedeva di nuovo un panorama familiare: a chilometri e chilometri, col cielo terso che c'era, era possibile vedere la familiare fortezza dalle torri bianche, la stessa che si vedeva da Ortus.

    Qualsiasi cosa volessero fare, erano molto lontani da qualsiasi centro abitato. La desolazione che si estendeva a perdita d'occhio non era nemmeno troppo spoglia; a parte qualche sporadico arbusto, vecchie ossa bianche luccicavano al sole. Strani volatili dalle forme solo vagamente simili a quelle di avvoltoi volavano in alto, studiandoli. Soprattutto Korax avrebbe potuto sentire un caldo tremendo, che gli faceva quasi seccare le squame. Potevano andare fino alla miniera, anche se ci avrebbero messo diverse ore, oppure tentare di raggiungere la fortezza... ma avrebbero impiegato giorni. I varchi oscuri non rispondevano, e il legame che avevano con le Scie di Mana, benché ancora forte, sembrava molto affievolito.




    Gariad accolse quasi felice le esclamazioni frustrate di Yoru. In fondo, per quanto si lamentasse e a buona ragione, era vivo. Le sue ferite richiedevano attenzione, qualcosa che difficilmente avrebbero ottenuto mentre si trovavano prigionieri fra quegli angusti cunicoli. Potevano leggere nel suo sguardo che non condividesse l'idea di Ged, e scosse la testa quando Yoru gli fece domande sui materiali che bloccavano la magia.
    Portò le mani ossute alla sua scodella piena di chissà quale brodaglia. "Ve lo siete sognato..." Disse Gariad. "Non siete magi, non c'è niente che blocca la magia qui. Vi avrebbero uccisi subito. Alle Ombre non piace avere magi fuori controllo in giro."
    Assistette in silenzio al loro battibecco. Il dolore alla schiena era così forte da rendergli difficile anche mangiare, il suo corpo sembrava in fiamme. Faticava anche solo a tenere la scodella tra le mani, e tutto quello che riusciva a pensare era come uscire da quella situazione, esattamente come loro. Ma chiunque ci provasse doveva affrontare l'Altopiano, dove non ci si poteva nascondere e se non erano i cavalieri delle Ombre a prenderli erano le bestie affamate o il caldo e la fame. Erano in una prigione inespugnabile, per il semplice fatto che nessuno poteva sognarsi di evadere. Chi ci aveva provato era stato appeso sull'arcata d'ingresso come monito.
    Ma loro non volevano arrendersi... e neanche lui.

    Rivolse un sorriso mesto a Ged, con voce tremante. "Grazie, ma... il tempo è la cosa che ci manca. La pazienza è un lusso che non possiamo permetterci." Si voltò a guardare fuori dalle sbarre, stritolando la ciotola tra le dita. "Sono qui da... non so più quanto. Ho perso il conto. Ho visto tante persone che conoscevo morire. Di fame... infezione... malattia... una frustata di troppo. Queste persone ci odiano, ci odiano e nemmeno si ricordano perché ci massacriamo da secoli. Nessuno se lo ricorda più. Lo fanno e basta. E i Paladini... i Cavalieri Alati... non verrà nessuno a salvarci, ormai lo so. Noi..." Singhiozzò. Poggiò la fronte alle sbarre, la voce un sussurro sibilante. "Moriremo qui...?"
    Notti di dolore, di lacrime trattenute a stento per paura di perdere anche quei pochi liquidi con un'attività così futile. Giorni susseguiti uno dopo l'altro, uno uguale all'altro, scossi solo dall'odio e dalla rabbia che quelle persone, quelle Ombre, scatenavano senza alcun motivo su di loro. Qualsiasi fosse stata la faida che aveva iniziato un simile reciproco sterminio, nessuno lo sapeva più sul serio. Quel che rimaneva era solo il dolore di innocenti uccisi o fatti prigionieri da entrambe le fazioni e trattati alla medesima maniera.
    Una barbarie senza ragione, senza origine, senza scopo. E con una sola domanda a tuonare su quella pila di cadaveri.

    Perché?

    "Quando sono venuti a prenderci era il mio compleanno." Disse. Parlava basso, ma potevano capirlo benissimo. Dava loro la schiena, rimaneva poggiato alle sbarre. "Quando una persona a Ortus fa il compleanno, facciamo un gioco. I suoi cari si siedono attorno a lui e tre persone gli fanno delle domande. Una persona per il passato, una per il presente, una per il futuro... 'Di cos'hai più paura?', 'Che cos'è più importante per te?', 'Cos'è che desideri dalla tua vita?'" Gli sfuggì una risata strana. Triste. Simile ad un singhiozzo mal trattenuto. "Avevo pensato tutta la mattina a cosa rispondere. Ora... ora non saprei neppure cosa dire." Si aggrappò alle sbarre per rimettersi faticosamente in piedi e voltarsi verso di loro.


    "Di che cosa potrei avere più paura, se non delle Ombre e della loro crudeltà? Cosa potrebbe esserci più importante della vita stessa e di viverla?"

    Gariad strinse i pugni. Pianse in silenzio, un tiepido bagliore infiammò i suoi occhi azzurri, in un modo che Ged e Yoru potevano facilmente riconoscere all'istante. Rabbia, impotenza, dolore, paura, traboccavano dalla sua voce rendendola tremante e incerta. La sua gola riarsa faticava ad esprimere le parole.

    "Cosa potrei desiderare..."

    L'aria si fermò. Gariad si perse nel vuoto, nell'infinito dei propri pensieri a voce bassa. Tese una mano, le dita che tremavano tentando di appigliarsi a qualcosa. All'ultimo brandello di speranza che, in un sogno agitato, aveva cercato di afferrare prima di svegliarsi nel buio di quella cella. Una prova silenziosa di cui non sapevano nulla, e che non aveva recato con sé alcun conforto. Eppure, ora, il mondo tratteneva il respiro. Particelle luminose si radunavano in un lento vortice verso il suo palmo, e la ruota del destino faceva il suo corso.

    "Se non di sciogliere queste catene, e aprire una nuova via verso il futuro...?"

    Un lampo accecante invase la cella, e scacciò l'oscurità della notte.
    La mano di Gariad si strinse intorno all'impugnatura di una strana arma, una che non aveva mai visto; una spada dall'aspetto di una chiave, tanto lunga e pesante che quasi poteva eguagliarlo in altezza e persino in stazza. Il suo acciaio nero luccicava sotto la luna che filtrava dalla finestra, la sua lama ospitava un occhio chiuso, ma la forma Ged e Yoru avrebbero potuto ricordarla... dalla spiaggia, e in mano a un'altra persona. Gariad sobbalzò, fissando l'arma che gli si era palesata alla mano con timore reverenziale.

    Nell'oscurità di quella cella, richiamato da sussurri nel buio, il Primo era infine giunto nel Mondo.


    La Quest verrà aggiornata il 23 Aprile.


    Edited by Evan Gallaway - 16/4/2024, 23:43
  9. .
    Lottarono e si dibatterono in mezzo ai Noise, facendone cadere a decine, forse centinaia, prima di raggiungere finalmente l'obiettivo che si erano prefissati: il loro percorso li condusse al Fiume come speravano, grazie alla guida di chi poteva effettivamente portarli fino a lì, mentre si lasciavano alle spalle migliaia di quei dannati corvi. Nemmeno combattendo tutto il giorno con altri cento guerrieri sarebbero riusciti a risolvere quella situazione con la forza bruta. Come spesso accadeva nel caso di Shibuya, bisognava grattare la superficie per trovare una vera soluzione ai problemi.
    Serena e un'altra ragazza di nome Leonore non aveva contribuito alla liberazione di Shibuya con la forza: anzi, la sconfitta del Minamimoto del loro mondo aveva solo costituito un ostacolo, aveva rallentato la vera motivazione della loro presenza al Trono. Solo dopo c'erano riuscite, tramite un viaggio che Serena non aveva voluto raccontare, ma che aveva solo definito come 'un'esperienza impossibile da descrivere, personale, ma che mi faceva sentire parte integrante di un tutto troppo vasto per essere misurato'. Parole poetiche, ma dopo che Joshua aveva spiegato come funzionava la Melodia, comprensibili.
    Arrivati a destinazione, Evan prese Aoi sulle spalle. "Ma mangiate, voi ragazzini?" Commentò. "Tra te, Nekibi e Fate non farete venti chili! Reggiti forte." Per assicurarla meglio alla propria schiena, Evan deformò le ali dell'armatura in modo che le facessero da seggio. Sarebbe stato un po' come portarla in un cesto sulle spalle, solo molto più metallico. "Se usciamo da qui, vieni a Radiant Garden. Posso farti commissionare qualcosa di più comodo per spostarti in agilità. E non dovrai pagare nulla." Avrebbe aggiunto, rivolgendole un sorriso gentile mentre avanzavano nel tunnel che li conduceva al Trono.
    "Ci si arriva tramite le fogne. Da qualche parte c'è una morale che mi sfugge." Scherzò Evan, guardandosi intorno. Una sala maestosa, ma c'era qualcosa che lo intristiva al vederla. Forse era la sua apparenza così ultraterrena, così estranea al resto del mondo, priva di qualsiasi segno di un vero contatto con esso: solo mura grigie e disadorne, pilastri, un trionfo di colori spenti che circondavano un alto, isolato scranno dove trovarono finalmente la persona che stavano cercando. "Attenti!" Esclamò, vedendo già i compagni affollarsi intorno a Rindo. Aveva una qual certa esperienza nel trovarsi davanti a persone appollaiate su un trono; stavolta però Rindo era inoffensivo.
    Se si escludeva che faceva da catalizzatore a quell'aspirante apocalisse.

    Sapeva bene di essere stato il primo a dire a Fret che, all'occorrenza, avrebbero dovuto uccidere Rindo; ma questo era prima di ricevere le informazioni da Minamimoto. Entrargli nell'anima avrebbe permesso di risolvere i problemi di Shibuya alla radice, anche se ancora gli sfuggivano le modalità. La via più facile, che già alcuni stavano contemplando più o meno velatamente, non gli fu per nulla invitante, anzi; Evan si rabbuiò nel sentire persino Gilbert prenderla come possibilità.
    Ora che avevano davanti il problema e le soluzioni per risolverlo, la sola idea di sacrificarlo gli dava la nausea. Strinse con forza la presa su Aliseo, fece qualche passo in direzione di Rindo. Gli mise un mano tra i capelli, lasciandosi sfuggire un sorriso amaro e rassegnato. Più tempo passava, più erano quei ragazzini a trovarsi invischiati in guerre e conflitti tra entità superiori il cui operato non sarebbe neppure dovuto essere visibile. E loro, con quale diritto distribuivano morte e giudizi? E perché?
    Per fortuna, era parere solo di pochi, a cui però non negò uno sguardo severo.
    "La via più facile è sempre la più ingannevole. Anche se uccidessimo Rindo adesso, nessuno ci garantisce che il problema non si ripresenti. Magari quando nessuno di noi sarà in giro per risolverlo." Lasciò il capo di Rindo con un pesante sospiro. "Chi ha il potere di aiutare gli altri non deve tirarsi indietro. Altrimenti perché lo avrebbe ottenuto? La morte di questo ragazzo non rientra fra le possibilità, neppure le più remote. Non è così che agiamo noi." Avrebbe concluso, con uno sguardo rassicurante a Fret. Quel ragazzo era abbastanza coraggioso, magari anche folle, da essere disposto a combatterli tutti pur di evitare che facessero del male al suo amico. Come poteva biasimarlo? Lui avrebbe fatto lo stesso per chiunque di loro, anche per chi lo avrebbe volentieri lasciato morire per salvarsi la pelle. Durante quello strano sogno in quel reame oscuro, lui stesso aveva messo in gioco la propria vita per un'ombra che neppure sapeva essere Sora. Portava sulla pelle numerose cicatrici, molte dovute alla sua ostinazione nel non voler lasciare indietro nessuno anche a costo della vita.
    Il suo sguardo scrutò tutti i suoi compagni, conosciuti e nuovi. "Chi non se la sente, può rimanere qui a difenderci. Non vi chiederò di rischiare la vita per una persona che nemmeno conoscete, né intendo ordinarvelo. Seguite il vostro cuore, ma abbiate fiducia in noi. Lo salveremo. In un modo o nell'altro." Infine, guardò Nagi e Fret."Avanti, fate ciò che dovete. Poniamo fine a questa storia."
  10. .
    Sentiva un'emozione indescrivibile, paragonabile a quella di un bambino che venisse catapultato nelle sue storie preferite, a combattere al fianco dei suoi eroi contro il malvagio di cui aveva sempre letto la fine. Sarebbe già stato soddisfatto di poter aiutare Sora a mandare a segno il proprio attacco, di vederlo sconfiggere Xigbar ancora una volta; ma quando se lo trovò accanto, Aliseo sguainato tra loro e puntato sul nemico, il suo cuore traboccò di un nuovo coraggio. Si sentì più fiducioso e spavaldo che mai, non poté esimersi dal sorridergli, sicuro di sé come in pochi momenti della propria vita, e strinse Aliseo e la mano di Sora.
    Era un racconto familiare, anche se non l'aveva mai visto. Le storie di Riku e Sora contro Xemnas erano note a tutti, la loro eroica resistenza contro il signore dei Nessuno, la battaglia nel castello per salvare Kairi. Tutto quello che avevano potuto raccontare, lo conosceva bene; e su tutti, il momento in cui Riku e Sora, insieme, avevano impugnato lo stesso Keyblade e avevano trafitto Xemnas con un raggio di luce. Stava vivendo un momento del genere, era diventato parte di una simile storia? Sarebbe bastato per dare coraggio anche al più spaurito e irrecuperabile dei vigliacchi!
    La luce di Radiant Spear li avvolse. Entrambi si lanciarono come falchi in picchiata, l'ancora di Aliseo aveva le ali spalancate, un rombo rutilò per il labirinto; e in mezzo a quel mare luminoso, la bussola li guidò verso il cuore del nemico con millimetrica precisione.

    Quando la luce si diradò, Aliseo era ancora saldamente conficcato nel petto di Xigbar. Sora lo estrasse con un colpo secco. Era ben poco il sangue che usciva da una simile ferita, e Xigbar era ancora vivo; il fatto che avesse incassato Radiant Spear alla fine di tutte le batoste che gli avevano inferto lo impensierì abbastanza da farlo piazzare di nuovo davanti a Sora e fargli schermo con un braccio.
    C'era qualcosa in quella situazione che non lo convinceva affatto, ed era l'esperienza stessa a dirglielo: il loro nemico gli pareva tutt'altro che sconfitto. Non sentiva di aver vinto, né di avere la situazione di nuovo sotto controllo. E anche se Sora avesse insistito per farsi avanti, non glielo avrebbe permesso. Tenne l'arma salda nella propria mano, puntata verso il loro avversario, lo sguardo attento ad ogni sua mossa e anche al circondario, qualora altri proiettili arrivassero a tradimento.
    Di Xigbar sapeva solo le poche cose che gli avevano detto. Buon pistolero, abile a manipolare lo spazio, con un carattere ridanciano e strafottente. Nessuno sapeva che fine avesse fatto, dopo la sconfitta del suo signore; sembrava solo onnipresente, apparentemente indistruttibile. Se Sora lo aveva sconfitto più volte, come faceva a tornare in continuazione? La cosa era solo esasperata in quell'universo, visto che dopo un attacco di quelle proporzioni era ancora vivo. Cosa ci voleva per sconfiggerlo definitivamente?

    A peggiorare le cose, Demarqueur si rifece vivo.

    "Chi non muore si rivede." Commentò, senza la minima gioia negli occhi. Per quanto fossero momentaneamente alleati, il fatto che un Keyblader sconosciuto, proveniente addirittura dall'Era delle Favole (che di Favole aveva ben poco) e che era riuscito a tenere testa a Kairi senza nemmeno scomporsi, fosse ancora a piede libero lo metteva a disagio più di quanto volesse ammettere.
    Demarqueur si presentò davanti a Xigbar, e la prima cosa che fece fu canzonarlo rimproverandogli una sceneggiata poco credibile. Anche Evan aveva temuto che non fosse bastato, ma non fu quello a spiazzarlo; fu il plurale usato dal generale di Fastus, usato in modo molto poco casuale. E mentre la ferita di Xigbar si rimarginava come se non gli avessero davvero fatto nulla, i pensieri gli si misero in moto come una locomotiva impazzita. Aveva davvero detto ucciderci, e persino il loro avversario parve realizzare chi avesse davanti con un secondo di ritardo di troppo, rimanendo sconvolto dal suo aspetto, da qualcosa di mostruoso che aveva fatto e che li aveva resi profondamente diversi.
    Demarqueur e Xigbar erano la stessa persona?
    A giudicare da come si stavano rimbeccando, un reciproco rimprovero delle leggerezze l'uno dell'altro, doveva essere così. Evan li fissava con attenzione e intanto si spostò davanti a Sora, facendogli schermo con la propria figura, attento ad ogni loro movimento. Xigbar poteva essere ancora al pieno delle forze, e Demarqueur... per quanto gli riguardava era completamente inaffidabile.
    Dal canto suo, il generale di Fastus rimproverava al suo corrispettivo di un altro universo di aver sacrificato un occhio e di essersi prestato al gioco di Xehanort, e tutto solo per avere un 'pezzo di ferraglia'; ciò che rispose Xigbar era per lui del tutto incomprensibile. Parlava di una natura, di un maestro, che nel loro universo era stato ucciso da Demarqueur stesso. Discernere la loro conversazione e capire come collocarla era già sufficiente a fargli pulsare la testa, ma cercò di rimanere attento. A cosa si riferiva Demarqueur? Cosa stava cercando l'altro, da arrivare a sacrificare un occhio e prestarsi ai piani folli di Xehanort? Ferraglia, dicevano.

    E se Demarqueur e Xigbar erano davvero la stessa persona, c'era una specifica ferraglia che mancava all'appello.

    "Il Keyblade?" Disse, azzardandosi a unirsi alla discussione. Si sentiva come un topo che cercasse di introdursi in una lotta tra linci, ma non si sarebbe tirato indietro. "In effetti, se siete la stessa persona, perché Xigbar non può..."
    Come un fulmine a ciel sereno, l'immagine del Keyblade di Xehanort, in mano al suo vecchio e mefistofelico padrone, si palesò con prepotenza nella sua mente. L'occhio gli cadde su Sora. Tutto ruotava intorno a lui anche stavolta, indirettamente era stato, nel loro universo, l'artefice di quel bizzarro paradosso che avevano davanti. Perché se Sora era lì, l'esame da Maestro doveva essere andato in qualche modo a buon fine.

    Ma da loro era nato Fastus.

    "Tu eri lì." Disse Evan a Demarqueur. "Hai finto di morire e hai preso il Keyblade dal cadavere del tuo vecchio padrone! La nascita di Fastus è stata davvero fortuita per te..." Gli puntò Ultima Weapon contro. "Cosa cerchi di-" Solo l'improvviso capogiro dolorante di Sora lo distolse dall'incalzare Demarqueur di ulteriori domande. Si mise subito accanto a lui, mettendogli una mano sulla spalla per sorreggerlo, per niente confortato dalle parole del generale di Fastus.

    Lo irritava, tutto questo.

    Lo irritava non sapere, essere vittima degli eventi. Sballottati tra un pazzo e l'altro, sottoposti ai deliri di figure che non assaggiavano lo straccio di un vero problema da millenni e si atteggiavano a grandi demiurghi quando intorno a loro il mondo bruciava, preda della loro indifferenza. Lui e gli altri si trovavano sempre ad essere naufraghi che navigavano controvento, mai una volta capaci di cavalcare la corrente. Quanto tempo ancora doveva andare così? Come spesso accadeva, risvegliarsi e scoprire l'oscurità dietro le storie che ascoltava da bambino era profondamente disturbante.
    "Mi chiedo quale sia il vostro obiettivo." La sua voce era poco più di uno stanco sospiro. "Distruzione? Rifare il mondo? Ottenere il potere assoluto? Lui si è unito al gioco di Xehanort, tu a quello di Fastus. Entrambi potreste fermare questa follia in qualsiasi momento, ma preferite mandare avanti giochetti e sotterfugi. Vorrei sapere cosa ne ricaviate. In che modo la gente innocente dei nostri universi dovrebbe trarre giovamento da... qualsiasi cosa sia questo." Chiese, indicando il labirinto con un generico gesto del braccio. "Vi siete mai chiesti cosa sarebbe successo se vi foste fermati ad aiutare gli altri? Se aveste aiutato Sora almeno una volta?"
    Sospirò. Cinse Sora con un braccio, per portarlo via. "Parleremo di nuovo, Demarqueur. E sarà meglio che tu abbia delle risposte sincere. Aver coinvolto una ragazzina nei tuoi giochetti di potere non ti fa partire da una base migliore degli inetti che hanno portato alla Guerra del Keyblade, spero che tu lo sappia."
    Se Sora glielo avesse concesso, lo avrebbe condotto lontano da quei due. Il braccio intorno alla sua spalla serviva da protezione, perché era già pronto a difenderlo da qualsiasi attacco a tradimento.

    Guardandosi intorno fino a che non sembrarono essere fuori pericolo, Evan avrebbe cercato di sincerarsi delle condizioni di Sora. Cosa si doveva fare quando i legami impazzivano in quel modo? Non poteva saperlo. Avrebbero avuto bisogno di Yen Sid o di Merlino, e nessuno di loro doveva essere reperibile al momento.
    "Come ti senti?" Gli chiese. "Posso aiutarti in qualche modo? Non me ne intendo di legami. Ingenuamente, se i Cuori che hai dentro vogliono liberarsi, ti direi di lasciarli andare... ma non saprei come."
  11. .
    Quel fin troppo coriaceo, corrotto ammasso di ferraglia finalmente cedette. In effetti sarebbe stato difficile che avvenisse il contrario, con tutto ciò che gli era stato lanciato addosso: era già tanto che fosse rimasta una città da difendere, dato che tutti loro avevano attinto al potere concesso da quella figura luminosa a piena mani. Lampi di luce così forti da far sembrare che il sole stesse avesse deciso di incendiare la terra si susseguirono dilaniando il loro nemico, che cadde sconfitto, e con lui anche buona parte del ponte.
    "E stai giù." Disse in un ringhio, guardando giù dal ponte distrutto.
    La tuta svanì in un flebile, pallido luccichio, lasciandolo con nient'altro che i vestiti che aveva prima: i pantaloni e gli stivali, neri dalla suola bianca, della divisa di Radiant Garden, e una maglietta nera senza maniche; il chocker, sotto forma di un girocollo nero disadorno, era ben visibile. Era anche sudato fradicio, e l'aria che gli soffiò sulla pelle improvvisamente scoperta lo fece rabbrividire. Stanco e rammaricato per non essere riuscito a mantenere oltre la trasformazione, Longg gli riservò un'occhiata esausta e gli si sedette sulla spalla.
    "Ehi, bel lavoro." Commentò con un sorrisetto. Frugò in tasca e tirò fuori un involto con qualche quadrato di tofu fritto, ancora intinto di salsa di soia.
    "La prego di non trattarmi come un canarino domestico, signorino Bakugou." Rispose Longg, piccato. "Lei è pur sempre un Custode del Miraculous, dovrebbe comportarsi con piùl-"
    Katsuki alzò un sopracciglio. "Lo vuoi o no?"
    "Dia qui." Longg glielo strappò di mano. "Sappia che non approvo il suo comportamento."
    "Ma la mia cucina la approvi."
    "A malapena passabile."
    Il sorrisetto di Katsuki si incrinò in un nuovo ringhio. "SENTI-" Si trattenne, mettendosi una mano sul fianco. "Mangia e riprenditi, Longg. Mi sa che i guai sono appena cominciati."
    "Se avessi un Munny per ogni volta che ho visto una situazione simile, sarei ricco." Disse Longg, addentando il suo tofu con piccoli morsi garbati e facendo attenzione a masticare. Come masticasse un drago non ne aveva idea, ma sorvolò.

    L'entità che li aveva aiutati li ringrazio per aver protetto la città. "Sì... altrettanto." Commentò, con un gesto sbrigativo della mano. "Da dove viene questa roba? Chi c'è dietro?"
    Lei rispose, in un certo senso, facendo riferimento a un tale Ganondorf, che oltre ad avere un nome che gli ricordava una marca di prosciutti, sembrava un pezzo grosso, un malvagio demone che aveva allontanato due persone dai nomi importanti per fare... qualcosa che, ovviamente, non poté sentire. Perché in quel momento si presentò una specie di centauro a rovinare la festa.
    "E ti pareva, porca puttana." Ringhiò Katsuki, voltandosi verso il nuovo arrivato; non era stato il centauro a parlare, ma una strana roba scheletrica che aveva sulla groppa, e che si divertì molto a canzonarli, dicendo che nessuno di loro sarebbe riuscito a fare un accidente per fermarlo; purtroppo per quel coso, però, Katsuki non era tipo da rimanere fermo a lasciarsi insultare da strani esseri con un ego troppo cresciuto.
    "Signorino-" Cercò di interromperlo Longg.
    "Riprenditi. Ora si balla."

    Katsuki digrignò i denti in un ghigno pieno di trepidazione; e mentre il centauro finiva il suo discorso per attaccarli, si circondò di nuovo di fiamme rubizze. Non sarebbero state ugualmente forti senza il supporto di Longg e i tirapugni sembravano aver perso ogni potenza; ma i bracciali funzionavano ancora.
    Sarebbe comparso in un'esplosione fiammeggiante davanti al nemico, mentre quello abbassava l'arco; quell'azione avrebbe dovuto permettergli anche di evitare la freccia in arrivo, e Katsuki avrebbe quindi cercato di piantare la mano sul brutto muso del centauro prima di farglielo saltare in aria.
    "Ammira il gran cazzo che me ne frega, stronzo! Hai delle risposte da dare, quindi resta-"
    "BAKUGOU!" Gridò Longg.
    Nella sua foga, non si accorse che quell'affare stava proseguendo la propria corsa. Stava già per tirargli una magia, ma c'era qualcosa di strano; il suo corpo sembrava inconsistente, come se stesse per svanire nel nulla. "Stramaledetto figlio di puttana!"

    Non ci voleva un genio per capire dove volesse andare; il suo obiettivo era la città, e col ponte distrutto avrebbero faticato parecchio a raggiungerlo. Tranne forse la brutta copia di Merlino, visto che poteva cambiare forma. E lui... be', di certo non avrebbe atteso che quel tizio facesse quel che gli pareva nella città, non dopo tutto il casino per proteggerla.
    Si diede una robusta spinta con la magia del fuoco, facendo una capriola in aria e portandosi sopra il livello del cancello mentre il loro avversario, assumendo la forma di nebbia rossa, superò il loro sbarramento come se niente fosse.
    "Sarebbe stato troppo facile. Perché ho esitato?" Si disse, facendo attenzione a dov'era diretto quell'affare. Forse avrebbe potuto raggiungerlo, se si fosse messo d'impegno. Longg ebbe l'accortezza di non rispondergli, sarebbero state parole sprecate in quel momento. Era stato un idiota a non intervenire subito. Chi se ne importava di Re Demoni e altre cose? Potevano chiamarsi come volevano, rimanevano feccia e li avrebbero fatti tutti saltare per aria.
    Si sarebbe quindi dato una forte propulsione, superando le mura e cercando di star dietro al centauro senza attendere ordini.

    Katsuki ciba Longg (1). Usa Teletrasporto (2) sul Lynel. Fire per allontanarsi da lui (1), Double Shot Fire (1) per inseguirlo in città.


    Katsuki Bakugou
    Mago/Lottatore

    Magie Utilizzate, con Costo: Fire, Double Shot Fire (20)
    Tecniche Utilizzate, con Costo: Teletrasporto (30)

    Salute: Illeso
    Mana: 200/220
    Stamina: 50/80

    Oggetti Speciali dalla Quest
    Bracciali che aumentano la potenza della Magia Fire

    Equip
    Longg (Kwami)

    Magie e Tecniche
    - Fira
    - Aerora
    - Magnetera

    - Dodge Roll
    - Scatto Aereo
    - Carica Scivolata
    - Teletrasporto
    - Impatto Sonico
    - Double Shot
    - Focus
    - Howling Winds
    - Blazing Struggle
    - Flame Burst
    - Velo del Tornado
    - Meteor Strike
    - Esplosione
  12. .
    La ragazzina non li guardava in viso, rimaneva con la maschera fra le mani tese, il capo chino. Era gracile, minuta, eppure nessuno di loro poté pensare che fosse debole. Un fantasma del passato, un ricordo, un'illusione, forse tutte e tre le cose o forse nessuna. Lei era parte di ciò a cui stava assistendo, della storia che, loro malgrado, erano costretti a vivere.
    Ma perché?
    Se non per modificarla, se non per influire in qualsiasi modo, perché? Sarebbero davvero stati solo spettatori?

    "Potete solo andare avanti, fino a tornare indietro." Disse la ragazzina. La sua voce era poco più di un sussurro, eppure udibile. Sollevò lo sguardo, e scoprirono che sarebbe stato difficile ricordare il suo viso. Non riuscivano a distinguerne chiaramente le fattezze. Solo Volt, se avesse avuto il coraggio improvvisamente necessario per ricambiare il suo sguardo, avrebbe potuto distinguerla nitidamente. Mosse un passo verso il gruppo, e mise la maschera tra le mani di Randy. Il suo sguardo gli avrebbe fatto ricordare molto. Tutto, ancora una volta. Non per farlo impazzire, ma per accendergli una scintilla dolente nel petto. "Per quanto muti la pelle, un serpente non può cambiare forma." Disse, e si allontanò da loro.

    La porta che Kyla stava cercando di aprire scattò. Si sarebbe aperta da sola, lentamente, come sospinta da una mano gentile. La ragazzina si allontanò da loro, e chiuse gli occhi. "Proseguite. O, se preferite, rimanete con noi. Qui, nel ripetersi disperato dell'ira."

    Non avrebbero ottenuto le risposte che cercavano. Ma forse le avrebbero trovate, oltre la porta.




    Le parole di Yoru ebbero l'effetto di far voltare Gariad, inorridito; ma i loro aguzzini si scambiarono uno sguardo divertito. La guardia che teneva le catene si voltò verso il ragazzino e lo colpì in pieno con un manrovescio, coperto del guanto ferrato; Yoru sentì distintamente l'impatto del guanto ferrato sullo zigomo, un dolore lancinante gli attraversò il collo e la schiena, fino a rimbombargli nella testa.
    "Ne abbiamo uno resistente." Commentò l'Ombra. "Bene, Lucetta. Pare che avrai compagnia."
    "No... lui... lasciatelo stare...!" Pigolò Gariad, inascoltato.

    Furono portati in un cortile, sotto gli occhi degli altri minatori. Erano tanti, incatenati e denutriti, e c'erano anche molti soldati con le armi sguainate. Gariad e Yoru furono legati ad un palo, le schiene rivolte ai loro aguzzini, senza potersi muovere. Entrambe le guardie tirarono fuori le fruste: Ged fu lasciato apparentemente da solo, ma vicino a lui c'era un'altra guardia. Non era una situazione a cui potessero ribellarsi.
    "CHE VI SIA DI MONITO!" Ruggì la guardia con le corna, godendosi gli sguardi spauriti dei prigionieri.

    Le fruste schioccarono sulle loro carni. Gariad, forse nel tentativo di far forza a Yoru, resse fino a che resse pure lui; tredici frustate si abbatterono sulle loro schiene. Quando Yoru perse infine i sensi per il dolore, Gariad lo seguì poco dopo.

    Si risvegliarono quella notte. Tutti e tre erano stati rinchiusi in una celletta; erano ancora incatenati e un misero pasto avrebbe a malapena saziato la loro fame. Ged era l'unico ad essere rimasto sveglio. Lo avevano rimesso a lavorare, per poi gettarlo nella celletta dove i due giacevano ancora addormentati e feriti.
    Quando Yoru riaprì gli occhi, si trovò davanti Gariad, con gli occhi infossati che luccicavano per le lacrime. "Perché l'hai fatto...?" Domandò, tirando su col naso.

    Erano entrambi pallidi, lividi per il sangue perso e le ferite. Era passata un'intera giornata, nulla sembrava cambiato. Gariad singhiozzava in silenzio, troppo spaventato persino per farsi sentire. "Mi dispiace." Biascicò, asciugandosi le lacrime. "Se non mi intromettevo ora... voi..."
    Di più non riuscirono a capire, solo balbettii fra i singhiozzi.
    Che cos'avrebbero dovuto fare?


    La Quest verrà aggiornata il 16 Aprile.
  13. .
    Per i Vampiri, la vita umana era di poco valore. Lo stesso che si potesse dare ad un animale da compagnia, la cui breve esistenza era solo fonte di sporadico divertimento. A qualsiasi ramo appartenessero, qualsiasi potere avessero, tutti i Vampiri guardavano ai Somebody allo stesso modo: creature caduche, capaci di grandi urla, il cui segno nella storia era destinato inevitabilmente a sparire. Gli umani, soprattutto, erano una costante fonte di spasso. Suscettibili al loro veleno, tanto sciocchi e influenzabili da aver trasformato il loro principale predatore in una romantica fantasia, il loro sangue aveva un sapore nettarino, delizioso per la maggior parte di loro. Prede perfette, che si gettavano volontariamente fra le loro braccia.

    Negli anni, avevano prosperato. Quando Morene aveva portato il Dono Oscuro fra i Vellondim, molti avevano accettato convinti che tale controllo potesse solo aumentare. In realtà finirono assoggettati a lei, eppure il sangue aveva un sapore ancora più dolce sulle labbra. Diventare Heartless aveva potenziato a tal punto la loro natura che non era pensabile tornare indietro. E gli umani, così numerosi da averne la nausea, sarebbero sempre stati il bestiame perfetto. Progettavano recinti adatti dove tenerli, modi per ingabbiarli nella mente prima che nel corpo. Erano solo cibo. E il cibo non è capace di reagire.

    Del bestiame capace solo di strillare e riprodursi non era in grado, dal punto di vista evolutivo, di manifestare una così netta tendenza all'autodeterminazione. I suoi occhi si spalancarono increduli, nel sentire le parole di Yami. Il suo viso si deformò in un ringhio; ma lui era riuscito chissà come a curarsi, a riprendere il fiato che gli bastava a colpirla con un fiotto di fuoco; inutile, sarebbe morto, ma nello spostarsi deviò di poco il morso di Lost. L'Heartless ribelle, la feccia di cui non aveva più alcun riguardo, le azzannò l'avambraccio deviando l'Arpione. Lo scaraventò attraverso la stanza, percependo le proprie energie venir intaccate.

    "Guardatevi!" Esclamò. "Nessuno di voi è degno anche solo di sfiorarmi! Vi macellerò tutti come bestiame!"

    La sua espressione marmorea si cementificò nello sgomento. Una voce, una che non sentiva da tantissimo tempo, una voce che aveva giurato di spegnere, si ripresentò al suo cospetto. Si voltò verso Ryurik, le sclere iniettate di nero, le lame d'ossidiana che si estesero come artigli snudati. Che serata memorabile.
    "TRADITORE!" Latrò, la sua voce riecheggiò come lo stridio di un corvo; fu un lampo nero e bianco nel gettarsi su di lui, nonostante il rallentamento di Lost, ma le lame d'ossidiana si schiantarono su del metallo con un schianto assordante.

    Leinhart, con la katana sguainata, bloccò l'attacco di Morene.

    "In qualità di Capofamiglia dei Vellondim, Ryurik è sotto la mia protezione." Disse il Vampiro con voce atona.
    "Spetta a me quel titolo!" Ringhiò Morene, menando altri fendenti; Leinhart scostò Ryurik, spintonandolo indietro di un paio di metri, gli fece da schermo con la propria spada. Fendenti così rapidi da essere quasi invisibili si scontrarono generando scintille bluastre.
    "L'hai perso quando hai accettato il Dono Oscuro. Solo un Vampiro può essere a capo dei Vellondim, Morene. E noi non lo siamo più." La katana s'impregnò di rovi argentei; un fendente generò una mezzaluna d'energia, che Morene parò con le lame d'ossidiana.
    "Allora è tempo di cambiamento." Immense ali grigie si innalzarono dalla schiena di Morene con un frastuono di ossa frantumate, membrana lacera fu tessuta sull'impalcatura ossea come la tela di un ragno. "Questo traditore non sarà mai il Capofamiglia, Leinhart. E io ti darò la morte che tanto desideri."
    "E' tempo di cambiamento. Concordo."

    Morene mandò uno stridio che avrebbe costretto Ryurik a tapparsi le orecchie; ed esso riecheggiò nel castello, ricevette poche risposte da ogni angolo della Stiria.
    Leinhart si voltò verso una finestra sfondata, dove un'ombra alata oscurò la luna. "Pandora." Disse, e scattò contro la finestra tagliando in due uno degli alleati di Morene. Pipistrelli, vampiri minori. Protetta la comune alleata di Nyarlathotep, vedendo che si era svegliata, le tese una mano per farla alzare. "Impedirò ai suoi alleati di aiutarla. Dovete ucciderla voi. Solo un Keyblade nel petto potrà eliminarla per sempre."

    Infine si voltò verso Ryurik, la katana sguainata. "Buona fortuna, Capofamiglia. Mostra a Morene che nelle tue mani c'è un futuro migliore." Balzò, il suo cappotto frullò come un battito d'ali; lampi argentati brillarono nel cielo, seguiti da agghiaccianti stridii. Morene non avrebbe ricevuto soccorsi dai propri alleati, lo scontro sarebbe andato avanti del tutto indisturbato. Qualsiasi fosse il destino della Stiria quella notte, sarebbe dipeso solo da loro e dalle loro scelte.
    "Da sola basterò. Insieme non siete stati neanche in grado di ferirmi." Ghignò, e la sua pelle ingrigì. Morene divenne altissima, le ali si estesero; le sue vesti nere stracciate la circondavano come un sudario, il suo volto divenne mostruoso. "Siete solo prede spaventate, che si agitano in cerca di un salvatore." Disse con voce dura, risonante, come se più voci parlassero attraverso i suoi polmoni. Arpioni le uscirono dalle spalle, come se altre ali volessero formarsi. "Mostrate il vostro falso coraggio solo quando c'è la vostra sopravvivenza in gioco. Determinazione, fede, redenzione, vi riempite la bocca di concetti complessi quando la verità è che cercate solo il padrone più gentile, che vi rubi l'anima e vi renda schiavi!" Si materializzò in mezzo al campo di battaglia, fluttuando quasi senza battere le ali. "Che cos'è la vostra vita, se non un miserabile mucchio di bugie? Non importa. E' tempo di morire!"
    Gli arpioni si staccarono dal corpo di Morene, due per ciascuno, cercando di colpirli tutti al petto, alle gambe o alle braccia, per bloccarli o ucciderli direttamente sul colpo. Avrebbero notato che, se avessero cercato solo schivarli normalmente, essi li avrebbero seguiti appena.

    La vera battaglia per la Stiria era cominciata.


    La Quest verrà aggiornata il 15 Aprile.
  14. .
    Lanciare incantesimi contro gli occhi gialli lampeggianti nelle ombre fu un'ottima strategia; e il Signore degli Heartless fu preso in pieno da molti dei loro attacchi, emettendo furiosi grugniti di dolore. Sopportò, conscia che presto le cose sarebbero andate a suo favore.
    L'arrivo del loro compagno, che Morene aveva assoggettato al proprio volere con un attacco a tradimento, gettò i combattenti nel caos. Dall'espressione estatica di Yami non poteva trasparire il profondo conflitto che stava vivendo dentro di sé, lacerato fra quella ritrovata felicità e la consapevolezza che fosse fasulla, solo l'effetto allucinatorio causato dal veleno di un mostro.
    Tuttavia, il giovane Ayazaki non poté fare nulla per fermare se stesso dall'ubbidienza, nonostante le esortazioni dei suoi compagni; qualcuno cercò molto più aggressivamente di porre fine a quella sorta di possessione, come Kyla, che però commise diverse leggerezze nel tentativo di liberarlo. Fra tutte, le dava le spalle.
    E poi, aveva scelto di piazzare quel suo bizzarro cerchio su Yami. Tra le ombre, sorrise. Cosa voleva dimostrarle? La stava sfidando?

    Intanto, preso dalla paura e dalla foga del momento, Kyros si era lanciato in difesa dell'amico, riuscendo a scostare Kyla e colpendo duramente Alyon, che non poté proseguire nel proprio piano di cercare di assorbire almeno parte dell'incantesimo che, in quel momento, Yami aveva scelto di lanciare per compiacere la sua nuova padrona.
    Un altro arpione volò e si abbatté contro Kyla; come previsto e come già aveva capito, l'attacco non le fece nulla e nemmeno si attaccò a lei, ma lo stesso non valeva per Yami, sui cui vestiti, all'altezza del petto, si formò una vistosa chiazza rossa. Il sorriso di Morene si deformò in un ghigno soddisfatto: era così che funzionava, aveva capito bene! Le scappò una risata sguaiata, mentre l'Antima lanciato da Yami esplodeva in mezzo a quell'area piccola, troppo perché potessero sfuggire all'esplosione imminente; e tutti, nessuno escluso, furono coinvolti in pieno nel tremendo scoppio oscuro che seguì. Solo Lost, ancora al sicuro nell'Oscurità, non fu colpito.
    Tutti loro furono scaraventati dappertutto, in ogni angolo della stanza, senza incontrare apparenti ostacoli; Morene allargò le braccia, concedendosi un sorriso estatico, il viso rivolto al cielo. Nessuno di loro si sarebbe alzato.

    In quel momento, Yami, si svegliò. Era stato colpito in pieno, e non ci mise molto a barcollare a cadere in ginocchio. Forse anche lo shock di ciò che aveva appena fatto non avrebbe aiutato.
    "Ti fa male, Yami?" Domandò Morene, guardandolo con gentilezza. "Posso far sparire questo dolore. Per sempre. Oppure..." Lost sarebbe riemerso in quel momento, ferito e dolorante. "Puoi fare un regalo a una creatura bisognosa. E io, in cambio, ti renderò un Heartless. Immortale, potente, per sempre perfetto e bellissimo." Gli avrebbe sollevato il viso con un dito, sorridendogli. "Scegli in fretta, piccolo cuore."


    La Quest verrà aggiornata il 6 Aprile.
  15. .

    SCHEDA CONVALIDATA

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